condividi

Condividi

venerdì 29 aprile 2011

Ramelli, Pedenovi, Borsani. Il 29 aprile non si dimentica.

Il 29 aprile è una data simbolo degli anni di piombo e non solo. La data in cui nel 1975 è morto in ospedale Sergio Ramelli, dopo più di 40 giorni di agonia causati dalla vile aggressione di 8 extraparlamentarei di sinistra. Ed anche la data in cui, esattamente un anno dopo, è stato ucciso il consigliere provinciale milanese Enrico Pedenovi da un commando di Prima linea. Pedenovi, soprannominato "il missino buono" per il suo temperamento tutt'altro che rissoso e squadrista, ma piuttosto incline alla dialettica e alla moderazione, era stato schedato con tanto di foto e indirizzo di casa da uno dei dossier intitolati "Pagherete caro Pagherete tutto" di Lotta Continua. Ed in effetti è stato ucciso proprio a pochi passi dalla sua abitazione, in viale Lombardia a Milano, alle 7.45 del mattino. Pedenovi era uscito di casa per recarsi al lavoro, era fermo all'interno della sua auto presso un distributore di benzina. Il commando di Prima Linea, a bordo di una Simca verde rubata, si è avvicinato al consigliere provinciale e l'ha freddato con diversi colpi di pistola. Un modo per celebrare l'anniversario della morte di Ramelli, che in quegli anni non si poteva neppure nominare. Oggi è possibile organizzare cortei e fiaccolate per ricordare i martiri degli anni '70, i "Cuori neri", nel 1976 il giorno dell'anniversario della morte di Ramelli era un pretesto degli squadristi rossi per scatenare una guerra civile. Con un morto, peraltro incaricato dal partito di ricordare Ramelli tramite un discorso celebrativo. Pedenovi, scelto proprio per la sua moderazione, aveva preparato quel discorso ed intendeva partire dal vergognoso applauso del Consiglio comunale milanese alla notizia della morte di Sergio. Una condanna all'insensato clima di odio politico che non ha mai potuto pronunciare.
Ma il 29 aprile, del 1945, è anche la data in cui è stato vigliaccamente giustiziato dai partigiani un eroe ed invalido di guerra. Solo perché appartenente alla Rsi. Carlo Borsani, gravemente ferito durante un attacco in Grecia, ha continuato a combattere ed è stato colpito da un mortaio, subendo gravi danni e lesioni al cranio. Dichiarato morto nello stesso giorno, il 9 marzo 1941, è riuscito incredibilmente a riprendersi, restando però completamente cieco. In seguito a questo episodio è stato decorato con la medaglia d'oro al valore militare e dichiarato mutilato di guerra e grande invalido. Dopo l'8 settembre si è schierato con la Rsi ed ha assunto la direzione del quotidiano "La Repubblica fascista". Il 29 aprile 1945, senza alcun rispetto per gli eroi di guerra, un gruppo di partigiani l'ha catturato e assassinato con un colpo alla nuca. Era un fascista, non meritava di vivere anche se cieco ed invalido di guerra. Ed anche se eroe italiano.
Ecco perché il 29 aprile non si dimentica.
 di Riccardo Ghezzi

Sempre a proposito di coerenza Pd

NAPOLI - Il consigliere regionale del Pd Corrado Gabriele è stato condannato a 4 anni e 3 mesi di reclusione per presunti abusi sulle figlie della sua compagna.
Le due giovani avevano denunciato Gabiele raccontando di essere state vittime da parte sua  di attenzioni "particolari". Il consigliere è stato condannato al pagamento di una provvisionale di 20mila euro alle presunte vittime.

ll pm Giusy Loreto aveva chiesto la condanna dell'imputato a 5 anni e 9 mesi di reclusione.

L'avvocato di Gabriele ha annunciato il ricorso in appello.

I Francesi cominciano davvero a rompere i c...............!

Ho mandato questa mail in marzo  a diverse persone che mi sembravano interessate ai fatti ma sono state parole buttate al vento.
Su Libero di oggi 28 Aprile si ribadisce che Lactalis utilizzeraà la cassaforte Parmalat per risanare i propri debiti.
In questo caso a pensare male non si sbaglia. La storia ci deve insegnare a non ripetere gli errori.
La storia di Lactalis (sul sito) dice che nel 2006 Nasce la joint-venture tra Lactalis e Nestlé in Europa sui prodotti ultra freschi con la creazione della società Lactalis Nestlé Produits Frais (L.N.P.F.).
Dall'articolo comparso su Libero si capisce che Lactalis ha 800 milioni di debiti e userebbe i risparmi di Parmalat per colmarli proprio come fece Nestlè nel '92 comprando Italgel che aveva 1200 miliardi di utili e li usò per colmare i propri debiti .
Il lupo perde il pelo ma non il vizio!
Con grande partecipazione Simonetta

giovedì 28 aprile 2011

Parmalat, se ne va un altro pezzo di futuro?

Sul caso Parmalat sarebbe forse il caso di prendere una posizione, considerando i potenziali effetti distruttivi definitivi sull'economia agricola del territorio, gia molto provata.
Che ne sarà tra 10 anni della food valley tra cementificazione, delocalizzazione e perdità di cultura agricola?
Stiamo perdendo ciò che ha permesso al nostro paese di rimanere a galla finora; il know how tecnologico e manifatturiero (in cui metto anche il settore alimentare). Senza questo l'Italia è nulla rispetto alla forza lavoro dei paesi emergenti. L'Europa che conta (Francia e Germania) sta lottando ferocemente per non retrocedere. Noi invece che facciamo? Diventiamo colonia francese? Poi Cinese o Pakistana?

Argomento adatto a scuola di politica ed economia, che potrebbe essere trattato da chi internamente alla Lega si intende di economia, in particolare della filiera agroalimentare

Emiliano

Due pregiudicati in lista per Fassino sindaco. Ma come, nessuno si lamenta, nemmeno Di Pietro?

Due notizie in una sarebbero manna dal cielo per qualsiasi giornalista, ma sono una piacevole scoperta pure per qualsiasi blogger. In certi casi può capitare di imbattersi in colpi di fortuna di questo genere.

La prima delle due notizie, al prezzo di una, è che nella corsa di Piero Fassino alla poltrona di sindaco di Torino per le prossime elezioni comunali del 15/16 maggio sono coinvolti due pregiudicati. Non esattamente uno scoop dell'ultima ora, perché sui guai giudiziari di Giusy La Ganga e Giancarlo Quagliotti nulla è mai stato nascosto: il primo, craxiano degli anni '90, ha patteggiato 20 mesi e 500 milioni di lire di multa dopo aver confessato di essere stato coinvolto in un grosso giro di tangenti nell'ambito di finanziamenti illeciti al partito; il secondo, ex dirigente Pci, è stato coinvolto in scandali di tangenti sia nell'83 sia nel '93, quando è stato condannato per le mazzette che la Fiat pagava al Pds.

La seconda notizia, forse ancora più importante e sicuramente più clamorosa, è che per l'occasione sono improvvisamente spariti i giustizialisti. Nessun dipietrista ha messo becco sulla faccenda, probabilmente per spirito di coalizione. Ma persino un giornale fieramente bacchettone e severo come "Il Fatto quotidiano", tradizionalmente in prima linea contro i politici pregiudicati o inquisiti, si è mostrato assai benevolo e indulgente. Fa sorridere che uno come Raphael Rossi scriva "Non c'è dubbio che i due personaggi abbiano pagato per le loro malefatte".
Sarà anche vero, ma non c'è dubbio anche che la disparità di trattamento da parte di certa stampa sia evidente: cosa succederebbe se i due soggetti fossero candidati in liste di sostegno a Coppola? Cosa avrebbe scritto Il Fatto Quotidiano?

Intanto, è cosa buona e giusta che tutti i cittadini torinesi sappiano che Giancarlo Quagliotti è niente meno che il coordinatore della campagna elettorale di Piero Fassino, e che Giusy La Ganga è candidato per il consiglio comunale in quota Pd. Decidano serenamente gli elettori se votarlo o no, l'importante è che sappiano che trattasi di pregiudicati. E che, stavolta, non ci sarà nessun moralista del Fatto Quotidiano o di Anno Zero a ricordarlo.
  
di Riccardo Ghezzi

La priorità di Ferrero: voto agli immigrati per vendicarsi del nord.

Qualcuno ricorda il ministro per la "solidarietà sociale" Paolo Ferrero? Colui che si batteva per l'abolizione dei Cpt e il diritto di voto agli immigrati, voleva fare una legge ad hoc per proteggere i Rom e sostituire i campi nomadi con le case popolari? E che è riuscito a piazzare una ex brigatista, Susanna Ronconi, alla Consulta nazionale delle tossicodipendenze, venendo per questo indagato dalla Procura di Roma per abuso d'ufficio?
Era una delle punte di diamante del governo Prodi, anche perché, pur rivestendo un incarico di importanza assai relativa, riusciva a finire sui giornali ogni santo giorno, nemmeno fosse il ministro dell'Interno o degli Esteri. Sulle "sparate di Ferrero", adorate dai giornalisti e valorizzate quasi sempre da titoloni, si potrebbe fare un'antologia. Però ce n'è stata una che merita di essere isolata e ricordata perché esempio delle priorità politiche di buona parte della sinistra (ma pure del centro-sinistra).
Una dichiarazione che suonava testualmente così: "Nelle province di Treviso, Bergamo e Brescia e in tutta la fascia pedemontana dove la presenza dei lavoratori migranti è molto forte e dove un partito espressamente xenofobo come la Lega raccoglie alti consensi, l'acquisizione del diritto al voto da parte degli immigrati modificherà la dialettica politica".
Perché dare il voto agli immigrati? Questione di solidarietà? Giustizia sociale? Uguaglianza? No. Solo vendetta politica. L'obiettivo era farla pagare agli elettori del nord, considerati razzisti e xenofobi in quanto per buona parte leghisti. E modificare lo scenario politico. In pratica "purificare l'elettorato trevigiano e bergamasco": mischiando questi volgari razzisti ai puri e immacolati migranti, l'elettorato del nord sarebbe diventato "pulito". Peccato che la "razza" da purificare fosse quella italiana, la stessa (in teoria) del ministro.
Un immigrato vale più di un bergamasco autoctono, nella scala dei valori di Ferrero, perché il bergamasco verace è leghista, o di centro-destra, quindi razzista e xenofobo. E soprattutto, secondo Ferrero, il centro-sinistra (a questo punto alleato a partiti islamici) avrebbe qualche possibilità in più di affermarsi al nord se i migranti potessero votare.
La notizia, all'epoca, contrariamente alle abitudini secondo cui una sparata di Ferrero doveva per forza finire in prima pagina di qualsiasi quotidiano, possibilmente a sei o otto colonne, non è stata valorizzata. Soltanto Libero e Il Giornale ne hanno parlato diffusamente. Era l'estate del 2006, i primi di agosto. A Ferrero ha risposto, il giorno dopo, persino Gian Antonio Stella, editorialista del Corriere della Sera non certo di destra, che ha accusato il buon Ferrero di "aperta intimidazione".
Se fosse rimasto il centro-sinistra al governo, presto l'elettorato del nord Italia non avrebbe più potuto votare chi voleva, i nuovi "partiti islamici" avrebbero purificato la marmaglia leghista. Per volontà di un ministro italiano.
 
di Riccardo Ghezzi

La Storia del 25 Aprile

Sui blog e giornali di sinistra si leggono commenti ed articoli che mettono in rilievo la riluttanza della maggioranza degli italiani a celebrare la giornata del 25 aprile del 1945. Non vedo il perchè della meraviglia! In un paese democratico una ricorrenza festiva viene creata in parlamento con l’approvazione della maggioranza. Ma quella data fu voluta dai comunisti italiani per onorare la memoria dei loro partigiani e gli eroi della loro "resistenza".
Quel giorno venne chiamato ingiustamente:“Il giorno della liberazione del popolo italiano”. “Ingiustamente”, poichè in effetti il paese venne “liberato” (molti direbbero occupato) dagli alleati americani ed inglesi, che nella loro furia bellica, distrussero mezza Italia. E mentre gli alleati avanzavano nel nord Italia, i fuoriusciti comunisti approfittarono della confusione per assaltare caserme e prigioni e liberare i loro prigionieri politici e con loro (poichè necessitavano di un gran numero di reclute) tutti i delinquenti condannati per reati vari. E così tutti diventarono partigiani! Politici e criminali!
Col mitra a tracollo questi "eroi" diventarono forti, quindi si fecero giudici e giustizieri allo stesso tempo. Infatti il loro obiettivo, guidato da odio e vendetta, era quello di scovare gli ex-fascisti e trucidarli. E qual'era l'obiettivo dei criminali al loro seguito? Essendo delinquenti, quest'ultimi non si limitarono solamente ad uccidere gli ex-fascisti e forze dell'ordine (secondo gli ordini dei capi partigiani), ma si lanciarono in una campagna orripilante di stupri, di sevizie, di razzie e violenze d'ogni tipo.
Per anni, i regimi di sinistra, hanno sempre negato alle vittime di questi orrendi reati, non solo il diritto di accusare, ma anche di parlarne. L'arroganza infine condusse questi regimi, non solo a negare che questi reati fossero avvenuti, ma addirittura a cambiare i libri di testo della storia italiana. Che i comunisti italiani non si meraviglino se il resto del popolo non partecipa alle loro feste, poichè la gente (anche se non scende nelle piazze) non ha mai perdonato, nè giustificato la loro violenza . In Germania, dove molti nazisti vennero giustiziati, ciò avvenne con legalità e con legittimi processi. In Italia invece, gli "eroi partigiani", nella loro furia barbarica, si fecero tribunali, giudici e boia allo stesso tempo. Ma la loro "liberazione" non avvenne solo in Italia, infatti squadre di partigiani comunisti italiani vennero spediti in Istria ad assistere i partigiani di Tito nella caccia ai fascisti; l'odio contro il Fascismo fu tale, che si diedero allo sterminio di intere famiglie, il cui reato era solamente quello di essere italiane.
Quindi come si vede, il 25 aprile è una festa creata dai comunisti italiani. E' la loro festa e nessuno ce la toglie! Ma allo scopo di legittimare le loro malefatte, pretendono che il resto dei cittadini italiani partecipino alla loro celebrazione. Arroganti? E come! Fra alcuni giorni, il 1o maggio, li vedremo di nuovo a sventolare le loro bandiere rosse in tutte le piazze d'italia per un'altra celebrazione: "La festa del lavoro". Dal loro entusiasmo si direbbe che il lavoro fosse stato inventato da loro. Altro chè! L'unico lavoro, a cui si dedicano di solito, è quello di organizzare parate, scioperi, manifestazioni e proteste, mentre i veri lavoratori italiani sono coloro che nel corso degli anni hanno perduto tanti diritti, ma in compenso hanno acquistato tanti doveri, fra cui il dovere di pagare tasse esose, affinchè la sinistra possa godere i propri diritti.

 di John Gurrieri

Prestazioni sanitarie direttamente in farmacia


Dal 4 maggio prossimo infermieri e fisioterapisti possono erogare specifici servizi all’interno delle farmacie: è quanto dispone il Decreto emanato dal Ministro della Salute, Fazio, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 90 del 19 aprile 2011. Le prestazioni possono essere erogate a carico del Servizio Sanitario Nazionale, sotto la vigilanza dei preposti organi regionali, previa prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Presso le farmacie sono erogabili dagli infermieri: supporto alle determinazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell'ambito dell'autocontrollo; effettuazione di medicazioni e di cicli inattivi intramuscolo; attività concernenti l'educazione sanitaria e la partecipazione a programmi di consulenza, anche personalizzato; iniziative finalizzate a favorire l'aderenza dei malati alle terapie. A domicilio del paziente sono erogabili dagli infermieri, le prestazioni prescritte dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta. Da parte sua, il fisioterapista può erogare all'interno della farmacia la definizione del programma prestazionale volto alla prevenzione, all'individuazione ed al superamento del bisogno riabilitativo; l’attività terapeutica per la rieducazione funzionale delle disabilità motorie, psicomotorie e cognitive e viscerali; la verifica delle rispondenze della metodologia riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero funzionale. Alle farmacie è fatto obbligo di rispettare tutti i requisiti relativi ai settori professionali, sanitari e tecnico-strutturali, previsti dalla normativa statale, regionale e comunale vigente.

Il Programma triennale sulla ricerca


Presentato a Roma il 19 aprile scorso dal ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini il Programma Nazionale della Ricerca 2011-2013 che indica e descrive le azioni innovative per sostenere e accompagnare la crescita economica e scientifica dell’Italia. Il PNR punta all’integrazione tra offerta e domanda di ricerca ed alla costruzione di una rete di piattaforme e infrastrutture tecnologiche, anche per contrastare la crisi economica, in un’ottica di collaborazione europea. Il contenuto operativo del PNR consiste in un numero limitato ma significativo di Progetti Bandiera, finanziati con risorse proprie degli Enti di Ricerca e con quota parte del Fondo Agevolazione e Ricerca (FAR). Il Programma prevede misure a sostegno del capitale umano del mondo della ricerca:  definizione e attuazione di un sistema a chiamata per la valutazione di progetti individuali; istituzione di percorsi sperimentali per l’integrazione dei giovani ricercatori in carriere permanenti; rientro dei ricercatori italiani dall’estero e la cooptazione di competenze scientifiche straniere; potenziamento delle scuole di dottorato internazionale in ricerca, per promuovere l’eccellenza e ridurre l’età media degli addetti alla ricerca. A seguito dell’analisi dei principali trend scientifico-tecnologici dei Paesi leader nella ricerca e nello sviluppo, il PNR promuove iniziative per l’innovazione e per consolidare le leadership italiane in settori chiave delle nuove tecnologie: consolidamento delle piattaforme tecnologiche nazionali strettamente connesse alle analoghe strutture europee;  sostegno ai distretti ad alta tecnologia che coordinano, localmente, soggetti diversi aventi strategie di sviluppo comuni;  accompagnamento alla nascita di poli di eccellenza.

Stop al nucleare: verso nuova strategia energetica nazionale


Dopo la moratoria di un anno, il governo ha deciso lo stop definitivo al programma per la realizzazione di nuove centrali nucleari. Con un emendamento presentato in Parlamento, vengono cancellate tutte le norme che consentivano il ritorno del nucleare nel nostro Paese. Decidere se questa energia ha ancora un futuro spetta ora all’Unione europea, nel frattempo il governo italiano s’impegna a definire una nuova strategia energetica nazionale. La Strategia terrà conto delle indicazioni stabilite dall’Ue e dai competenti organismi internazionali e dovrà soddisfare alcune esigenze illustrate dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, in Senato il 20 aprile scorso: "La prima esigenza a cui far fronte è quella relativa alla sicurezza della produzione di energia e alla sostenibilità ambientale; la seconda è quella che fa riferimento all'idoneità dell'approvvigionamento energetico sotto il profilo quantitativo, all'economicità per le famiglie e per le imprese e, al tempo stesso, all'attenuazione delle condizioni di dipendenza dai Paesi esportatori di petrolio e gas".Per raggiungere queste finalità - ha spiegato il ministro - occorre impegnarsi per il potenziamento delle infrastrutture energetiche, per il sostegno alle attività di ricerca e sviluppo e per la promozione e valorizzazione delle filiere energetiche nazionali. Ed è chiaro che le attività di ricerca interesseranno il settore energetico nel suo complesso e saranno finalizzate a sviluppare tutte le soluzioni che potranno favorire il conseguimento degli obiettivi indicati.

LACTALIS: LA SEDE DI PARMALAT RIMARRA’ A PARMA

Chi se ne frega se la sede rimane a Parma. 

Quello che interessa a Lactalis è il mercato, la logistica, la rete vendita, i veri valori di un’azienda.  Le fabbriche e gli operai sono un costo da alleggerire il prima possibile.
Vendere e incassare è la cosa importante, poi produrre a basso costo e ridurre la concorrenza se possibile.
Acquisire tutta la rete vendita, tutta la logistica, tutti i clienti, poi, puoi produrre anche a Parma ma al prezzo che vuole Lactalis e se non va bene ti tieni la sede ma il mercato se lo tengono loro.
Possibile che la nostra classe politica non capisca un cazzo.
Vi faccio l’esempio di Bersani il grande leader della sinistra:<< ..io ho liberalizzato le licenze, si vanta in TV>>. Non si rende neanche conto del disastro che ha fatto e lo dice così beatamente, non si è mai reso conto che ha aperto alla grande distribuzione straniera il mercato italiano, accorpando licenze e rendendole libere, dicendo che ha creato la concorrenza. 

Da un lato, da buon PC, ha favorito le COOP, ma ha anche aperto il nostro mercato alla grande distribuzione straniera che era pronta per invadere il mercato italiano, noi non eravamo pronti, siamo stati invasi. 
Questo stupido che ha lasciato senza TFR migliaia di commercianti, la licenza che era il loro TFR una buon’uscita che si è volatilizzata, in migliaia si sono trovati vicino alla pensione senza lavoro e con un pugno di mosche in mano.

La crisi è cominciata da li, 
Barilla il più grande produttore italiano di ceramiche, lo ripeto il più grande produttore di ceramiche in italia, non solo di pasta, che regalava con la raccolta di "chicchi di grano" sulle confezioni, impreparata al mercato della nuova distribuzione si è trovata in casa pasta tedesca che cotta si trasformava in colla ma sul momento con i prezzi stracciati occupava gli scaffali e bisognava piegarsi per sopravvivere, ha subito uno sconvolgimento totale.
Il mercato, il punto vendita era di un'altro padrone e i soldi girano li, era sparito il bottegaio che voleva la pasta di qualità per il suo cliente, basta poco per dover vendere l'azienda.

Italgel (gelati Motta, La Cremeria, Antica Gelateria del Corso, Tanara, La Valle degli Orti, Burghy);  da quando è passata alla Nestlé come è finita? A Nestlè interessava il mercato, la logistica, la distribuzione, il know-how del prodotto poi hanno fatto un gelato con cartiglio con marchio italiano in Ungheria e oggi ha Parma sono in cassa integrazione e la produzione e tutto il resto non si sa come finirà.

Anche questo non ha insegnato niente? Tutto il lavoro, tutto l’indotto tutta la filiera di lavoro bruciata. 

Bastava intervenire, mi invento una cosa sperando che qualche politico ne crei una migliore  “AZIENDA STRATEGICA CON FILIERA DI LAVORO SUL TERRITORIO”. Tutto qui, una clausula che quando diversifichi, delocalizzi, licenzi, danneggiando la città te ne vai pagando i danni che ti saranno richiesti, un compito che deve fare e organizzare ogni Provincia.

Lactalis è un'azienda totalitaria, tende a mantenere tutti i segreti di produzione per se. Produce macchine internamente solo per sé, la concorrenza se non ha capitali enormi per fare lo stesso è eliminata in partenza. 
Noi invece spieghiamo per televisione tutto quello che possiamo, esportiamo macchine che poi ci fanno concorrenza, clienti e fornitore siamo obbligati a metterli sulla dichiarazione dei redditi, qualsiasi funzionario può comunicarli a chiunque. 
A pensar male mettiamo poi sul piatto che Lactalis sotto sotto potrebbe vantare forniture di prodotti per il governo francese che gli permetterebbero finanziariamente di fare qualsiasi cosa, ma agli occhi dell’Europa, è un’azienda privata. 
Questi per me sono i piani di conquista dei mercati e i piani di creazione di lavoro per i Francesi con la partecipazione di  Lactalis.
Basta conflittualità politiche interne senza senso, ma obiettivi comuni aziende, stato, lavoratori con una visione del problema ad ampio raggio.

Ricominciare da tre come diceva Troisi, non da zero come siamo destinati a finire.

Ciao a tutti


di Maurizio Terenziani

mercoledì 27 aprile 2011

Permettete che ci presentiamo:

siamo tutti quelli espulsi dalla Storia della Liberazione e dalla memoria collettiva perchè non allineati con la vulgata marxista e cioè siamo le formazioni azioniste, cattoliche, liberali, socialiste, repubblicane e monarchiche, nonché la prima Resistenza dell’esercito Regio. Siamo inoltre i 9.406 morti della divisione Acqui e gli altri 2.294 che sopravvissero a quello che fu il primo e più grande episodio della Resistenza, unica battaglia a viso aperto che si conosca contro i Tedeschi. Siamo inoltre i 35.000 militari Italiani morti in combattimento contro i Tedeschi, i 78.000 che hanno perso la vita nei lager dove furono internati, i 600.000 che si rifiutarono di schierarsi coi Tedeschi, gli 80.000 che han combattuto a fianco dei Partigiani, nonché le divisioni motorizzate Italiane che combatterono a fianco degli Alleati. Anche noi abbiamo il grave difetto di non essere Comunisti, per cui non esistono vie, piazze, statue, busti, scuole o fontanelle intitolate a nostro nome. Siamo spariti dai libri di Storia cancellati accuratamente dai vari Claudio Pavone, Guido Quazza, Ernesto Ragionieri, Enzo Santarelli, Giorgio Vaccarino, Enzo Collotti, Massimo Legnani, Lucio Villari e compagnia cantante cioè il Gotha dei cosiddetti principali Storici di regime o imbonitori da fiera che dir si voglia. Buon 25 Aprile a tutti e viva la libertà.

Permette che mi presenti:

mi chiamo Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice. Contrariamente agli uomini illustri che mi hanno preceduta io durante la resistenza ero solo un'adolescente. Pur essendo solo un'adolescente mi diedi comunque da fare in prima persona, facendo quanto possibile nel mio piccolo. Ebbi il ruolo di staffetta con il compito di portare munizioni dauna parte all'altra dell'Arno. Per quel ruolo ebbi un riconoscimento ufficiale dall'esercito italiano e venni congedata con una somma di 14mila lire. Anche io, come i miei illustri predecessori, avevo il grave difetto di non essere Comunista e questo difetto m'è costato caro. Io, che i fascisti li combattei sul serio, mi son sentita dare della fascista dalla teppaglia rossa. Addirittura ho dovuto subire le ingiurie di un ex squadrista premio Nobel che dal palco della mia città, quella città che io ho contribuito a difendere dai nazi-fascisti, berciava "Fallaci la terrorista sei tu". Essendo scomparsa solo da quattro anni non so se qualcuno un giorno avrà il coraggio di intitolarmi vie o piazze, so che se qualcuno tenterà di farlo verrà immediatamente aggredito dalla stessa teppaglia che ha bollato la sottoscritta come fascista. Una teppaglia che il fascismo non l'ha mai conosciuto necombattuto, contrariamente alla sottoscritta. Buon 25 Aprile a tutti e viva la libertà.

Permettete che mi presenti:

mi chiamo Edgardo Sogno, sono stato un diplomatico, scrittore, politico, partigiano e medaglia d'oro della Resistenza. Sono il creatore di uno dei migliori reparti della Resistenza, il mitico Franchi, e sono colui che ebbe il coraggio di travestirsi da SS, entrare in un comando SS per liberare tra gli altri Ferruccio Parri. Anch'io ho avuto il grave difetto di non essere Comunista, per cui sono sparito dai libri di Storia e non esistono vie, piazze, statue, busti, scuole o fontanelle intitolate a mio nome. Qui in Italia sono ricordato solo per il fango che decenni dopo ha provato a gettarmi addosso un figuro che non voglio nemmeno nominare ma che ho avuto la sventura di vedere anche nel ruolo di Presidente della Camera del mio Paese. Buon 25 Aprile a tutti e viva la libertà.


fonte Giovanni R.

Permettete che mi presenti:

sono il Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo. Sono stato il Comandante del Fronte Militare Clandestino e il responsabile del coordinamento della Resistenza per tutto il Centro Italia. Precedentemente fui io che trattai col Comando Tedesco il cessate il fuoco a Roma. Fui poi catturato dai Nazisti e fui una delle vittime delle Fosse Ardeatine. Come avvenne che fui catturato e perchè poi fui scelto -“inopinatamente” come dice pudicamente perfino Wikipedia - tra le vittime della rappresaglia ancora gli storici non ve lo possono spiegare del tutto, ma solo accennare e anche molto confusamente, se no vanno a fare i rappresentanti di pentole. Anch'io ho avuto il grave difetto di non essere Comunista. Non esistono vie, piazze, statue, busti, scuole o fontanelle intitolate a mio nome, salvo una targhetta, e sono praticamente sparito a tutt'oggi dai libri di Storia, nonché dalle commemorazioni. Buon 25 Aprile a tutti e viva la libertà.


fonte Giovanni R.

Permettete che mi presenti

sono il Generale Raffaele Cadorna jr. Io sono stato il Capo Militare della Resistenza, non un funzionario qualunque. Ho assunto il comando dei Corpi dei Volontari della Libertà, insieme a Ferruccio Parri e avendo come vice-comandante Luigi Longo. Fui incaricato ufficialmente dagli Alleati di coordinare le strategie e gli obiettivi militari. Alla fine della guerra sono stato messo da parte, avendo il grave difetto di non essere Comunista. Non esistono vie, piazze, statue, busti, scuole o fontanelle intitolate a mio nome, salvo un orrore generico con due alberelli, e sono sparito a tutt'oggi dai libri di Storia, nonché dalle commemorazioni. Pure su Google troverete al massimo quattro acche in croce su di me. Buon 25 Aprile a tutti e viva la libertà.


fonte Giovanni R.

25 Aprile: "censurato"


Permettete che mi presenti: mi chiamo Alfredo Pizzoni. Io sono stato il Capo Politico della Resistenza. Il Capo Politico, non un funzionario qualunque. Io ero l'unico soggetto autorizzato a trattare con gli Alleati. Se è stata organizzata una Resistenza a livello Nazionale, se è sopravvissuta, se è stata quindi rilanciata e finanziata dagli Alleati a fine 44 e se sono stati poi paracadutati viveri, armi, munizioni, trasmittenti, ecc.. quello lo si deve principalmente a me. Io sono stato ininterrottamente il Presidente (P-r-e-s-i-d-e-n-te) del CLNAI, poi CLN, Comitato di Liberazione Nazionale fin dalla sua costituzione e fino alla fine della guerra. Sotto di me stavano i vari Longo, Pertini, Valiani, Parri, Pajetta ecc...Alla fine della guerra sono stato messo improvvisamente da parte, per via del grave difetto di non essere Comunista. Non esistono vie, piazze, statue, busti, scuole o fontanelle intitolate a mio nome, e sono sparito a tutt'oggi dai libri di Storia, nonché dalle commemorazioni, il che sarebbe pressapoco come se in Francia si fosse fatto scomparire il nome di De Gaulle dai libri di Storia. Come mai? La Storia fa generalmente riferimento agli Archivi di Stato, ma nel 1945 quelli riguardanti la Resistenza sono stati sequestrati e posti sotto un organismo speciale, l'INSMLI, creato con legge ad hoc e a tutt'oggi imperante, che li ha filtrati, selezionati, interpretati o sepolti per il bene comune, o comunista, a seconda dei punti di vista. Per l'INSMLI sono infatti dovuti passare gli storici e i ricercatori, tutti selezionati accuratamente. Da bravi militanti hanno scritto fedelmente curando di cancellare e/o stravolgere tutto ciò che non andava bene alla propaganda, senza mai sgarrare anche per evitare di dover passare il resto della vita a fare i rappresentanti di pentole. Successivamente molti anni dopo il benemerito Ministro Berlinguer decise che pure gli Insegnanti di storia contemporanea, introdotta finalmente come materia d'insegnamento nelle scuole, dovessero essere formati dall'INSMLI, senza peraltro che questo Istituto avesse alcuna competenza specifica nella didattica e nella formazione, e non come sarebbe stato logico formati dallo Stesso Ministero della Pubblica Istruzione, di cui il benemerito era peraltro il titolare. Ma anche questo è stato fatto per via del bene comune, o comunista, il quale è stato conficcato a forza nella zucca degli Italiani per decenni. Buon 25 Aprile a tutti e viva la libertà.

fonte Giovanni R.

Libero il brigatista che uccise il sindacalista Guido Rossa.

Guido Rossa, è libero il suo assassino. Vincenzo Guagliardo e la moglie, Nadia Ponti, hanno ottenuto la libertà condizionale. Il Tribunale di sorveglianza di Roma ha accolto questa mattina la richiesta dei due ex terroristi. Arrestati entrambi nel 1980, Guagliardo e Ponti, nome di battaglia «Marta», non si sono mai pentiti né dissociati dalla lotta armata contro lo Stato.

LE BR DI GENOVA – Ex operaio della Magneti Marelli di Milano, Vincenzo Guagliardo fu un membro storico della colonna genovese delle Brigate Rosse. E a Genova il 24 gennaio del 1979 uccise assieme a Riccardo Dura e a Lorenzo Carpi il sindacalista della Cgil Guido Rossa. Guagliardo sparò per primo mentre Dura lo finì. Operaio dell’Italsider e militante della Cgil e del Pci, Guido Rossa aveva denunciato un suo compagno di lavoro, Francesco Berardi. Lo aveva visto mentre lasciava dei volantini delle BR in fabbrica. Lo denunciò e testimoniò al processo facendolo condannare. Una scelta coraggiosa che Guido Rossa pagò con la vita. I Brigatisti lo uccisero colpendo per  la prima volta un operaio comunista.

LA FIGLIA PARLAMENTARE - Nell’ottobre del 2005 la figlia, Sabina Rossa, oggi parlamentare del Pd, dopo un incontro con Guagliardo in regime di semilibertà, si dichiarò favorevole alla concessione della condizionale, già respinta nel 2008 e nell’aprile del 2009, e arrivata questa mattina per Guagliardo e per  Nadia Ponti, condannata alla pena dell’ergastolo nel processo per il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro.

Secondo l'Eurostat la Germania supera l'Italia. Ma in debito pubblico!

Ci sono delle sorprese contenute nei dati rilasciati ieri da Eurostat sull'andamento del deficit e del debito nell'area euro e nei paesi dell'Unione Europea. Stando a quanto riportato dall'agenzia statistica del Lussemburgo, il rapporto deficit/PIL dell'area euro si attesta al 6% (6,4% per l'Europa a 27), mentre il rapporto debito/PIL si afferma a 85,1% (80,0%). Tuttavia, mentre il trend del primo è decrescente (si è infatti ridotto di - 0,3% rispetto al 2009 nell'area euro e di - 0,4% nella UE), quello del secondo è lievitato di ben + 5,8 punti percentuali (+ 5,6 per l'area UE). Inoltre, il rapporto tra spesa pubblica e PIL si è ridotto di - 0,4% (- 0,5% per l'area UE), ma si attesta su valori ancora superiori al 50,0%, una soglia che certifica la ancora eccessiva pervasività dello Stato nel sistema economico. Rimane invece sostanzialmente inalterato il gettito statale.
Per quanto riguarda i singoli paesi, Eurostat certifica che i maggiori rapporti deficit/PIL riguardano Irlanda (- 32,4%), Grecia (- 10,5%) e Regno Unito (- 10,4%). L'Italia, con un -4,6%, si colloca in una situazione moderatamente equilibrata. I problemi, per il nostro paese riguardano invece il rapporto debito/PIL che si attesta a 119,0%, subito dopo quello della Grecia (142,8%) e davanti a quello di Belgio (96,8%) e Irlanda (96,2%).
Per quanto riguarda i criteri utilizzati nella certificazione dei dati, l'Eurostat rende noto che alcuni paesi, tra i quali la Germania ed il Regno Unito, sono stati messi a confronto con le conseguenze generate dalla crisi bancaria e dalla necessità di contabilizzare le attività che hanno perso valore (impaired assets). In alcuni casi, questa pratica ha comportato la creazione di strutture pubbliche da parte del governo al solo scopo di assorbire direttamente la perdita potenziale generata delle attività più critiche. Secondariamente, l'agenzia statistica ha pubblicato i dati relativi ai prestiti tra i vari Stati dell'Unione Europea, principalmente, per l'anno 2010, alla Grecia. Infine, sono stati pubblicati i dati relativi agli interventi governativi dall'anno 2007 al 2010 istituiti per far fronte alla crisi finanziaria globale.
A seguito di queste revisioni, possiamo notare come, in valore assoluto, lo stock di debito pubblico più elevato di Eurolandia sia quello della Germania, pari a 2.498.800 milioni di euro, seguito da quello della Francia (1.947.576 milioni), dell'Italia (1.548.816 milioni) e del Regno Unito (1.453.616 milioni). A conti fatti, quindi, anche paesi tradizionalmente reputati finanziariamente "solidi" fronteggiano un problema di sostenibilità del debito pubblico, anche se tale rischio viene attenuato una volta che lo stock di debito viene rapportato alla ricchezza nazionale. Tuttavia, gli effetti dell'insostenibilità di un debito come quello tedesco non sarebbero lontanamente paragonabili a quelli generati dallo squilibrio del debito greco che ammonta a "soli" 230.173 milioni di euro.
E così, a conti fatti, sulle finanze pubbliche l'Italia non sembra messa poi tanto peggio dei principali big player mondiali. Gli Stati Uniti, che fino a pochi mesi fa sembravano incolumi dagli sviluppi della crisi dei debiti sovrani, si preparano a manovre finanziarie “lacrime e sangue” per far fronte ad un debito pubblico che ormai si aggira sui 14,5 trilioni di dollari, tanto da portare Obama a dichiarare che la situazione dei conti pubblici non è più sostenibile e a prevedere un taglio del deficit pari a 4mila miliardi di dollari nei prossimi 12 anni. Anche la Germania, i cui bund rappresentano al momento la fonte d'investimento più sicura a livello internazionale, dovranno adottare qualche misura per ridurre l'ammontare di stock totale.
E, intanto, le cattive notizie fornite da Eurostat hanno di nuovo causato tensioni sui mercati finanziari, con i rendimenti dei titoli di Stato dei paese riconosciuti come periferici (Grecia, Portogallo e Irlanda) di nuovo ai massimi storici, mentre l'outstanding legato ai credit default swap dei PIGS si attesta ormai a 330 miliardi di dollari. Ed una nuova parola spaventa i paesi che sembrano non essere più in grado di raggiungere l'obiettivo del consolidamento fiscale: ristrutturazione del debito. Tale ipotesi, ormai non più remota, porterebbe conseguenze devastanti sul sistema bancario e potrebbe, secondo alcuni economisti, eccedere gli effetti causati dal crack di Lehman Brothers.

Europa sveglia! Non sono un bluff i voti all'ultradestra

Il 30 maggio del 2005 con il “no” francese al referendum sulla Costituzione Europea, l’Unione rischiò di morire a causa della paura per “l’idraulico polacco”. Dopo quel fallimento arrivò  anche il “no” olandese che costrinse le élite europee a rinunciare all’idea stessa di Costituzione. Ma persino il molto meno ambizioso Trattato di Lisbona, sottoposto al voto popolare in Irlanda nel 2008 fu sonoramente bocciato.
Sono solo alcuni dei gravi incidenti di percorso che nell’ultimo quinquennio hanno visto la sopravvivenza dell’idea di Europa messa democraticamente  in discussione dai suoi stessi cittadini. E ogni volta gli establishment europei e nazionali hanno trovato il modo di nascondere la questione sotto il tappeto, girare le spalle al giudizio degli elettori e rattoppare il tessuto comunitario per tenerlo insieme in un modo o nell’altro.  All’epoca del referendum Irlandese il presidente Napolitano arrivò persino a minacciare Dublino di espulsione dall’Europa per il suo voto.
Così oggi  che l’Unione rischia di essere travolta dai manovali magrebini, dai contribuenti greci, dai banchieri irlandesi, dai proprietari immobiliari spagnoli, dai debitori portoghesi, rimane ben poco da rattoppare e l’Europa nel suo complesso appare un’arena dove tutti sono in guerra contro tutti.
I segnali si sono addensati negli ultimi mesi e parlano da soli. Le divisioni intra-europee sull’intervento in Libia, lo scontro tra i governi italiano e francese sulla gestione degli immigrati nordafricani, il braccio di ferro tra la Germania e la Bce sui bailout dei debiti sovrani di Grecia e Portogallo, la nascita ormai quasi ufficiale di un “club europeo della tripla A” con i sei paesi senza macchie sul debito che si sono riuniti a gennaio a Bruxelles prima dell’incontro dell’Ecofin, la contrapposizione continua tra governi e banche sulla ripartizione delle perdite da titoli tossici, gli stress test e le nazionalizzazioni, le paure est-europee per l’espansionismo russo e le delusioni sud-europee per la mancanza di una politica mediterranea. E’ solo un rapido elenco delle fratture che attraversano la costruzione europea e ne minano la credibilità interna e internazionale.
Non è strano dunque se i cittadini dei paesi membri trovino nelle elezioni locali e nazionali uno sfogo per la loro disaffezione, una rivincita per l’incapacità di incidere sui meccanismi comunitari e una condanna verso le élite nazionali paralizzate dai veti e dagli obblighi europei. Quello che i giornali del vecchio continente continuano da tempo ad etichettare – non con un certo disprezzo -  come il montare delle destre nazionaliste, populiste o xenofobe altro non è che il grido di allarme di cittadini che sentono di aver perso il controllo sulle cose che li riguardano più da vicino.
Il più recente caso finlandese, con l’incredibile affermazione del partito di Timo Soini, True Finns che nelle elezioni politiche ha quintuplicato i suoi voti arrivando al terzo posto, è la dimostrazione più eloquente di questo disagio. La Finlandia non è un paese tradizionalmente euroscettico, anzi, condividendo la più lunga frontiera con la Russia di ogni altro paese europeo, ha sempre visto l’adesione all’Unione come un fattore chiave della sua sicurezza nazionale. Il rifiuto di partecipare al finanziamento degli 81 miliardi di euro richiesti dal salvataggio del Portogallo è stato però l’elemento simbolico che ha sospinto il True Finn nelle urne. Una protesta duplice: contro l’indisciplina finanziaria dei paesi meridionali ma anche contro la pretesa tedesca di salvare quei paesi a spese di quelli più ricchi e previdenti.
Il caso finlandese non è  certo isolato in Europa. La stessa spinta anti-establishment, sia esso di destra o di sinistra, conservatore o progressista si vede in molti altri paesi europei. In Francia, dove il Fronte Nazionale di Marine Le Pen è data in vantaggio su Nicolas Sarkozy nei sondaggi per le presidenziali del 2012; in Ungheria dove nelle elezioni del 2010 il partito Jobbik ha preso un inatteso 17 per cento e 47 seggi in Parlemento; in Olanda e in Danimarca,  Geert Wilders con il suo Freedom Party e Pia Kjærsgaard con il Partito Popolare danese sono entrati nelle compagini di governo a l’Aia e a Copenaghen; in Svezia, tempio della socialdemocrazia, i Democratici di Jimmie Akesson sono entrati in Parlamento con una piattaforma apertamente anti-immigrati. Ma si tratta di un fenomeno che non riguarda soli i paesi ricchi del nord: anche la Lega in Italia condivide caratteristiche comuni a questa tendenza.
Se il livello di analisi nel dibattito pubblico europeo continuerà a interpretare simili fenomeni come una forma di involuzione populista e tendenzialmente poco democratica, senza coglierne al contrario il tentativo di una riconquista da parte degli elettori di spazi sempre più devoluti alle tecnocrazie sovranazionali di Bruxelles o di Francoforte,  la salute complessiva dell’organismo comune europeo non potrà che peggiorare e dell’Unione non resterà che un sussiegoso strascico retorico.

La misura dell’inefficienza: Logheretto.


Qual è il giusto limite alla decenza?
Qual è il punto superato il quale non si parla più di impazienza e si è giustificati nel diventare intolleranti?
Che cosa può giustificare un’accentuata insofferenza e una voglia di cambiare radicalmente il sistema?
Può essere una parola mendace usata per zittire una giusta protesta? Può essere un atteggiamento tenuto a negare una palese realtà? Possono essere una serie di scuse addotte per coprire le proprie negligenze al limite della derisione dell’intelligenza umana?
Serve un’insieme di tutte queste cose oppure un cittadino non può mai essere autorizzato a pretendere che i propri diritti vengano rispettati?
Nella vicenda che riguarda il ponte di Logheretto stiamo assistendo ad un insieme di tutti questi fattori e a molto di più: stiamo assistendo alla più completa dimostrazione d’inefficienza, approssimazione, lentezza e inopportunità cui NON si possa aspirare.
È dal 2008 (DUEMILAOTTO – lo scriviamo anche in lettere perché qualcuno potrebbe credere si tratti di un errore di battitura) che il ponte di Logheretto, piccola – ma importate – opera che consente l’innesto di strada del Logheretto sulla strada provinciale Massese (via Langhirano per intenderci), è in condizioni di inagibilità a causa di un incidente verificatosi tra un furgone ed un autovettura, ma ancora oggi 26 Marzo 2011 non si è fatto nulla per ripristinarne la sicurezza e la percorribilità.
Questo causa enormi disagi a tutta la popolazione, agli agricoltori ed ai lavoratori delle aziende della zona, generando anche situazioni di pericolo che solo per puro caso e fortuna non sono ancora sfociate in incidenti stradali.
Il problema è stato segnalato ormai fino alla nausea: lettere dei residenti all’Amministrazione, comunicati stampa, articoli di giornale, vi è stato persino un intervento dei Vigili del Fuoco che sono stati costretti a chiudere del tutto il ponte, ma di lavori non se ne vedono partire.
Ci chiediamo perché ancora una volta si trattino alcuni cittadini come se fossero di serie B e si continui a parlare di opere faraoniche (che non vengono e non verranno mai realizzate) quando non si è in grado nemmeno di gestire la manutenzione delle proprie strade appena fuori dai cartelli “Parma”!
Andrea Zorandi
Segretario sezione di Parma della Lega Nord – Vicina ai cittadini.

25 Aprile, Una data da restituire alla Storia

Il 25 Aprile è una data da lasciare decantare nei libri di Storia, insieme alla conoscenza di tutti o almeno dei tanti aspetti della guerra di Liberazione, alla lettura consapevole di documenti e testimonianze delle parti in causa, alla guida intelligente e illuminata dei professori della materia, insomma, all'analisi approfondita e alla riflessione ponderata.
Ogni anno, invece, questa data diventa l'occasione per dare in pasto la tragedia vissuta da tutti gli italiani dopo l'illusione collettiva, ai violenti che si nutrono di odio, agli ignoranti privi di spirito critico che seguono i cattivi maestri, ai supporter delle due fazioni perennemente in lotta per la supremazia, a chi alimenta le menzogne per tornaconto personale o di parte politica.
Evidentemente il Paese non è ancora libero dai fantasmi del passato e non sa intraprendere la strada della memoria con il giusto equilibrio, rendendo onore ai morti caduti da una parte e dall'altra, riconoscendo a quella  guerra civile i contorni di un evento fatalmente deflagrante dopo l'8 Settembre, per la defezione e la viltà di chi in quel momento decisivo per le sorti del Paese non ha saputo govenarlo. Difficile distinguere vittime e carnefici quando si lotta per la vita o quando non tornano i  conti con la morte.
Agli  americani e al loro sacrificio, ai partigiani e al loro coraggio, ai repubblichini e alla loro incoscienza giovanile, dobbiamo rispetto e pietà, tutti noi che viviamo nel benessere e nella libertà e non dobbiamo compiere scelte così disperate. Agli altri, a quelli  che si sono macchiati, nell'ombra e nel caos, di terribili colpe personali e hanno dato sfogo in quella tragedia alle loro pulsioni beluine, non dobbiamo null'altro che l'oblio. Recriminare non serve.
Perciò, nell'ennesima giornata celebrativa funestata dai soliti violenti di professione, chiediamo che questa data sia rinchiusa nelle pagine dei libri, e che la pianta dell'odio sia lasciata appassire con tutte le sue radici guaste e pericolosamente ramificate. Il  17 marzo, festa dell'Unità appena istituita, diventi la nuova data della riconciliazione e della speranza.
Margherita Genovese

Vertice Italia-Francia : Da oggi le due nazioni sono ancora più vicine

Il vertice intergovernativo Italia-Francia tenutosi oggi a Roma, fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il presidente della Repubblica francese Nicolas Sarkozy, è certamente un grande passo avanti nelle relazioni fra i due Paesi. Sarkozy ha ammesso che negli ultimi tempi con i cugini d'oltralpe ci sono state alcune tensioni, ma ha sottolineato che certe frizioni non hanno alcun motivo di esistere. La diplomazia serve a questo: a smussare gli angoli, a trovare soluzioni equilibrate, a cancellare le ombre.

I soliti "centri sociali"

Esprimo la mia personale solidarietà e quella del gruppo Lega Nord di Padova per la vile aggressione subita questa mattina dal consigliere  del Pdl Aliprandi e dal figlio. Augurando loro una pronta ripresa, deploro i gravi fatti accaduti per mano di un gruppo di facinorosi violenti, appartenenti ai centri sociali, che ormai tengono in scacco la città e vogliono impedire qualsiasi forma di dialogo e di democrazia, addirittura al di fuori degli impegni istituzionali dei politici, colpendo le persone anche durante la loro quotidianità.

Mi auguro che l'amministrazione comunale, prendendo atto dell'impressionante crescendo del clima di tensione che respira nella Città del Santo, voglia finalmente attivarsi affinchè aggressioni e violenze cessino al più presto, perchè i padovani, politici e semplici cittadini, hanno il sacrosanto diritto di vivere in un clima sereno e di non essere preda ed ostaggio di veri e propri delinquenti, che dietro la facciata di appartenenza agruppi sociali come quelli che occupano il Pedro, compiono gesti inqualificabili e gravissimi.


 Massimo Bitonci
Coordinatore Lega Nord Padova

martedì 26 aprile 2011

Fli si presenta in lista col PD..ma Bocchino non aveva detto che non sarebbe mai accaduto?

Marzo 2011- Italo Bocchino dichiara “Alle prossime elezioni amministrative Futuro e Libertà non sarà mai alleato con la sinistra e con il Partito Democratico, in nessun Comune”.
 
 
Aprile 2011- Futuro e Libertà alleata con il PD a Cassino per sostenere la candidata Sindaco Iris Volante, insieme al Partito Socialista e ai "sovversivi" dell'Udc.
 
 
 
Il programma di Fli è rispettato: rimangiarsi ogni parola data.

domenica 24 aprile 2011

Enrico Letta a Ballarò dà i numeri. Sbagliati ovviamente!

Martedi sera a Ballaró è andata in onda una sceneggiata da parte di Enrico Letta, che ha visto la reazione di una Gelmini allibita e disorientata dopo le accuse del collega dell'opposizione. Accuse su tagli avvenuti nella pubblica istruzione, da parte di Tremonti, di cui la Gelmini non sapeva nulla. Tant'è che la Gelmini se n'è uscita con un infelice "No, Tremonti me lo avrebbe detto".
Ma a smontare le accuse del PD ci pensiamo noi.

Enrico Letta ha detto: “nel documento che il governo ha approvato (...) c’è scritto che negli anni 2012, 2013 e 2014 il settore dell’istruzione darà al risanamento pubblico del nostro Paese ognuno di questi anni quattro miliardi il primo anno, quattro miliardi e mezzo il secondo, quattro miliardi e mezzo il terzo anno. Vuol dire che in tre anni, dai tagli che già ci sono stati, verranno alla pubblica istruzione italiana aggiunti quattro e mezzo per tre, una cifra che è vicina ai tredici miliardi e mezzo”.

Premessa: il documento chiamato Programma Nazionale delle Riforme (PNR) presentato dal Governo Italiano a Bruxelles dovrebbe essere, nelle intenzioni, una fotografia di ciascun Paese membro a uso e consumo delle istituzioni europee e degli altri paesi membri. Tradotto: non è una finanziaria e non sposta soldi pubblici, perché non viene approvato dal Parlamento secondo l'iter legislativo necessario ogni volta che si propone un cambiamento dei saldi di finanza. È una relazione strategica, punto. Ma andiamo avanti. A Ballarò Letta ha citato il terzo capitolo dove vengono raggruppate otto aree di intervento per riformare l'Italia; in particolar modo il terzo paragrafo riguarda «Innovazione e Capitale Umano» che comprende capitoli quali l'istruzione primaria/secondaria e l'Università ma anche altre voci rilevanti per la spesa pubblica in ricerca e sviluppo, progetti del Ministero della Difesa e il completamento del «Piano banda larga».
Nei capitoli scuola e università, come spiegato nella tabella sventolata da Letta in trasmissione ci sarebbero le cifre dello scandalo dell'assalto gelminiano alla scuola per gli anni 2012, 2013 e 2014: nuovi e imprevisti ulteriori tagli per 4/ 4,5/ 4,5 miliardi complessivi in 3 anni, che si aggiungerebbero ai tagli già fatti. Non è così. Letta non sa contare, perché somma tutte le cifre in colonna del capitolo «Innovazione e Capitale Umano», invece di detrarre le maggiori spese dalle minori spese, per cui la progressione vera di minori spese per l'intero capitolo nel triennio 2012-2014 sarebbe: 2,33/2,28/2,28 (taccio dei 370 milioni non ripartibili).
Non solo. Le minori spese in tabella sono in realtà previsioni di calo delle uscite pubbliche lorde dovute in forza a una legge già approvata da quasi 3 anni, in particolare quella 133 del 6 agosto 2008 che ha convertito in legge un decreto del 25 giugno 2008. Il decreto n.112 prevedeva già (all'art. 64 comma 6) che a seguito dei tagli per la scuola decisi dal governo Berlusconi dovevano verificarsi i seguenti risparmi lordi per l'amministrazione pubblica: «Economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l'anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l'anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l'anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012». Questo comma viene citato espressamente nel PNR di Tremonti che però si dimentica di citare il numero del decreto (112/2008) creando una certa confusione anche a Letta: «Dalle riorganizzazioni della scuola e dell'università si attendono risparmi di spesa: dai commi 411 e 412 dell' art. 2 della legge 244/2007 e dal comma 6 dell'art. 64, dal 2009 al 2011 sono previste dalla relazione tecnica economie di spesa per il personale pari a oltre 1.293 milioni di euro nel 2009, 2.808 milioni nel 2010, 3.730 nel 2011 e 3.188 milioni di euro a decorrere dal 2012».
Ecco dunque svelato l'arcano: i risparmi di cui parla il PNR per gli anni 2009-2011 sono la somma del già citato decreto 112 del 25 giugno 2008 del governo Berlusconi e della precedente legge finanziaria del 2008 (legge 244/07), promulgata dal Presidente della Repubblica il 24 dicembre 2007 e ben conosciuta da Letta che era Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio in quel Governo, presieduto da Prodi. Legge finanziaria che appunto prevedeva questi tagli prodiani. Tremonti fino al 2011 somma tagli prodiani a tagli berlusconiani mentre a partire dal 2012 cita solamente degli effetti del decreto 112 del 25 maggio 2008 convertito in legge 133 del 6 agosto 2008.
L'esponente del Pd ha sbagliato nella forma (perché i numeri che ha dato non tengono conto delle cifre nette ma lorde) ma anche nella sostanza, perché ha dimenticato che i tagli dal 2012 in avanti sono già state previsti e approvati dal Parlamento nell'estate del 2008.

Insomma, Letta ha preso fischi per fiaschi.
  
Ma ditemi un po voi, che l'opposizione abbia perso un'altra occasione per stare zitta e fare più bella figura?