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sabato 25 giugno 2011

Comunicato stampa della sezione di Parma della Lega Nord sugli avvenimenti che hanno colpito l'amministrazione comunale.

La sezione di Parma della Lega Nord plaude al lavoro della Guardia di Finanza che, dopo aver avviato un lungo percorso di indagini sulle attività inammissibili all’interno dell’Amministrazione di Parma e delle sue partecipate, ha iniziato a coglierne i primi frutti; ci auguriamo che ciò porti ad eliminare, o a ridurre al minimo, quella indisponente superbia e iniquità che sembrano essere diventate un diffuso malcostume sia in ambito amministrativo che politico e che stanno distruggendo economicamente e politicamente la nostra città. Questi ultimi accadimenti ci rendono ancora una volta ragione del comportamento critico e propositivo tenuto in questi anni nei confronti di una amministrazione che ha sempre dimostrato atteggiamenti e fatto scelte in contrasto con il proprio programma elettorale, con le necessità dei cittadini e con il reale sviluppo sostenibile della città essendo condizionata fin dall’inizio dalla necessità di favorire interessi individuali in contrapposizione alle necessità collettive e di fare cassa per coprire bilanci sempre più profondamente in rosso, ormai probabilmente al limite del collasso. E bene abbiamo fatto a rifiutare qualsiasi tipo di coinvolgimento con amministratori e politici che hanno condotto questa città sull’orlo del baratro economico e morale distruggendone il patrimonio e l’immagine. Nell’auspicio che le indagini facciano piazza pulita dalle irregolarità, dalle illegalità, dal malcostume e, soprattutto, dal senso di impunità e onnipotenza che hanno pervaso alcuni amministratori e qualche politico, la Lega Nord intende dialogare con tutti coloro che si vorranno spendere per il bene di Parma: partiti, movimenti, associazioni e singoli cittadini con l’obiettivo comune e primario di moralizzare la politica e l’amministrazione anteponendo il benessere del cittadino, cioè delle persone, alle lobby, alla corruzione, agli interessi individuali e alla svendita del territorio.

Andrea Zorandi
Segretario sezione di Parma della Lega Nord
   
Parma, 25/06/11

La vigliaccheria della Gazzetta di Parma.

Ci risiamo: dopo il voltafaccia all'ex re di Parma nel 2003 ecco che i mezzi di informazione "istituzionali" della città cercano di recuperare verginità e purezza, mostrandosi indignati e sconcertati dagli arresti di ieri. Ciò che 
invece è scandaloso è la facilità con cui questi presunti giornalisti si trasformano in implacabili persecutori e moralizzatori, mentre sino al giorno prima si mostravano proni e servili dinnanzi all' ordine costituito". 
Scandaloso è l'editoriale di Molossi. Tutti conoscono la politica di piaggeria della Gazzetta di Parma nei confronti dell'attuale amministrazione come molti erano a conoscenza dell'enorme mole di documenti che si andava accumulando nei 
magazzini della GDF e della Procura. 
Adesso il caro Molossi, che fino a ieri baciava il c...o di Vignali, casca dal pero e indignato dispensa lezioni di moralità.
Anche dai servizi di TV Parma traspare un certo accanimento e compiacimento che ,se non conoscessimo i rapporti tra il CDA della gazza, Gavazzoli, e il Sindaco,  potrebbero ricordare le invettive di Travaglio.
Ma pensano ancora di poterci prendere in giro? Possibile che nessuno si alzi e li metta di fronte alla loro vigliaccheria?

BEN DETTO MARCO !!

Gentile Direttore,
se le accuse al Comandante della nostra Polizia Municipale Jacobazzi saranno confermate dopo un regolare procedimento giudiziario, io suggerisco una delibera a chi ne avrà i poteri. Il Jacobazzi, alto ufficiale retribuito con denaro pubblico, utilizzava denaro pubblico, anticamente detto pecunia, per fini personali? Il Jacobazzi, anzichè fare gli interessi dei cittadini difendeva i poteri forti della città? Se sarà dimostrato questo, dichiariamo quanto costava alla comunità il compenso lordo da lui percepito. Prendiamo dal di lui (come usa dire il Caroli) conto corrente un importo pari agli ultimi tre anni e utilizziamolo per aiutare un prescelto numero di nostri concittadini in gravi difficoltà economiche. Penso ad alcuni anziani con pensioni da fame; vedovi o vedove con reddito insufficiente; disoccupati; malati e disabili bisognosi di assistenza. Idem per i compagni di merende coinvolti. Io personalmente ho una precisa convinzione: il denaro nostro, cioè pubblico, oggetto di appropriazioni indebite, corruzioni, mazzette, ecc. deve rientrare in circolo...vale a dire nella comunità e naturalmente per aiutare i più deboli.

marco chierici

LA LEGGE è UGUALE PER TUTTI !!! SI COL CAZZ....

Gentile Direttore,
a seguito della vicenda che ha visto l'arresto di undici persone a Parma tra le quali il Comandante della Polizia Municipale, vi sono stati naturalmente vari interventi di leader politici locali e nazionali. Tra questi ho notato con particolare disgusto quello del Presidente della Regione Vasco Errani. Egli, scandalizzato dall'accaduto, ha auspicato un'indagine completa sulla brutta storia che ha turbato l'estate parmigiana. E' giusto, siamo d'accordo tutti. Vorrei tuttavia ricordare ai lettori che in tempi recenti, Giovanni Errani, fratello di Vasco Errani, fu  indagato dalla Procura di Bologna per finanziamenti alla cooperativa agricola Terremerse di Bagnacavallo (Ravenna), da lui presieduta fino al gennaio 2010. L'inchiesta nata dopo un articolo dello scorso ottobre del quotidiano ‘Il Giornale’, che aveva ipotizzato abusi e irregolarità nella concessione  da parte della Regione di un finanziamento da un milione di euro per la costruzione di un nuovo stabilimento. Il Pm  ipotizzò reati che vanno dalla truffa aggravata  all’abuso d’ufficio a carico di alcuni funzionari regionali. Sapete com'è, nacquero sospetti legittimi sul fatto che  il fratello di un Governatore riceva un milioncino dalla Regione. Io un paio di miliardi da mio fratello non li ho mai ricevuti...  Esponenti del Pdl chiesero di istituire una commissione d’inchiesta per verificare la regolarità della procedura, ma la richiesta fu respinta. Come mai presidente Errani le inchieste che coinvolgono i suoi avversari debbono arrivare ad una soluzione e, invece, quelle che riguardano suo fratello no?

Marco Chierici

La Lega Nord di Parma allarga i suoi orizzonti !!

 
A dispetto di tutti quelli che criticano, sbeffeggiano o addirittura cercano di ostacolarla in tutti i modi la Lega Nord di Parma allarga i suoi confini.
Grazie al lavoro incessante e a volte estenuante dei militanti, degli iscritti e dei simpatizzanti Domenica 26 Luglio sarà inaugurata la sede di Solignano in provincia di Parma.
Un ringraziamento particolare va ad Antonello a Ivano e a tutti coloro che hanno fattivamente collaborato al successo di questo fantastico evento. 

venerdì 24 giugno 2011

L’OLANDA CONTRO LA MACELLAZIONE RITUALE

L’Olanda si mobilita contro la macellazione rituale. Infatti, secondo quanto riferito da fonti di stampa, una legge che vieta le tecniche di macellazione “halal” (islamica) o kosher (ebraica) sarà portata - non senza polemiche e divisioni – al voto del parlamento olandese. Per l’Enpa questo potrebbe rappresentare un importantissimo passo avanti nella difesa del benessere degli animali, anche di quelli destinati alla morte; un precedente al quale altri Paesi potrebbero e dovrebbero ispirarsi. «Il problema non è soltanto olandese ma anche italiano», spiega Ilaria Ferri, direttore scientifico dell’Enpa, che aggiunge: «nel nostro Paese la normativa stabilisce che, per limitare la sofferenza degli animali, questi vengano storditi o abbattuti all’istante prima di essere macellati. La stessa normativa, però, prevede una deroga per la macellazione rituale.» Secondo il rito islamico e ebraico, infatti, la carne di bovini e ovini può essere consumata soltanto se l’animale rimane cosciente durante tutta la procedura mentre con una lama affilata vengono recisi esofago, trachea e vasi sanguigni per far uscire completamente il sangue. La morte sopraggiunge a seguito di un’agonia lenta e atroce, come dimostrano recenti studi dei segnali elettroencefalografici dei vitelli (tra cui quello neozelandese Electroencephalographic responses of alothane-anaestheised calves to slaughter by ventral neck incision whitout prior stunning). «Naturalmente – prosegue Ferri – noi siamo favorevoli alla scelta vegetariana o vegana e ci battiamo contro l’uccisione di animali, indipendentemente dal fatto che questi siano destinati all’alimentazione umana. Tuttavia, se la normativa vigente prevede lo stordimento per garantire il benessere animale, qualsiasi deroga a tale principio rappresenta una ingiustificata violazione dei presupposti giuridici che stanno alla base di queste norme. Non è accettabile che in uno stato laico e civile sia ancora ammessa la macellazione secondo riti che urtano la sensibilità della maggior parte degli italiani: l'integrazione con i popoli e il rispetto per le altre culture e tradizioni non possono giustificare la richiesta di derogare a leggi che tutti dovremmo essere chiamati a rispettare.» 
fonte "la stampa"

Rifiuti Napoli, oltre 60 roghi da ieri sera

NAPOLI (Reuters) - Sono oltre 60 gli interventi effettuati da ieri sera dai vigili del fuoco nella zona di Napoli per spegnere le fiamme appiccate ai cumuli di spazzatura che sono tornati a riempire le strade, e stamattina polizia municipale e questura segnalano che sono in corso tre blocchi stradali per protesta contro la situazione.
I vigili del fuoco riferiscono di aver effettuato circa 65 interventi tra ieri sera e questa mattina.
La situazione risulta particolarmente critica nel comune di Melito, confinante con quello di Napoli, dove cumuli lunghi una decina di metri e alti due vengono incendiati in continuazione.
Polizia municipale e questura segnalano tre blocchi stradali: due nel centro di Napoli - in via Monte Uliveto e in via Foria - e uno ad Agnano, quartiere di Bagnoli, dove una quarantina di persone ha inscenato una protesta all'ingresso della tangenziale con ripercussioni sul traffico, con la situazione complicata dal fatto che i rifiuti vengono dati alle fiamme.
Gli unici quartieri di Napoli in cui non ci sono cumuli di spazzatura dati alle fiamme sono Posillipo e Vomero, dice la sala operativa dei vigili del fuoco.
Ieri il neosindaco di Napoli Luigi De Magistris ha emesso un'ordinanza che parla di "pericolo imminente per la salute", mentre sono stati sbloccati otto milioni di euro per favorire la raccolta differenziata.
De Magistris, che aveva promesso di sgomberare la città dai rifiuti in cinque giorni, ieri ha attaccato il governo con cui "abbiamo contatti continui ma riceviamo atteggiamenti pilateschi ... Berlusconi ci ha fatto capire chiaramente che se ne frega... La situazione è grave perché il governo non si e assunto la responsabilità che doveva assumersi e altri sono lenti a prendere provvedimenti".

Corruzione e peculato, con "Green Money" arrestate 11 persone al Comune di Parma

24/6/2011
PARMA - Operazione “green money” atto II. Arrestate per corruzione e peculato undici persone: tre dirigenti del Comune di Parma, tra cui il comandante della polizia municipale, un dirigente Iren (ex Enia), sei imprenditori ed un investigatore privato. Accertato il pagamento di tangenti per diverse centinaia di migliaia di euro. Distratti centinaia di migliaia di euro di fondi pubblici. Eseguite numerose perquisizioni in città, in provincia ed in altre localita’ nazionali. 
Le complesse indagini già avviate, su iniziativa degli uomini delle Fiamme Gialle di Parma, sotto la direzione della locale Procura della Repubblica (P.M. dr.ssa Paola Dal Monte), allo scopo di verificare la correttezza degli appalti in materia di realizzazione di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria del verde pubblico della città, sono proseguite portando alla ulteriore ricostruzione del giro vorticoso di interessi privati soddisfatti attingendo o meglio depauperando ingenti risorse pubbliche destinate ai servizi ed al benessere dei cittadini. 
L’attività, svolta nel massimo riserbo, anche con l’ausilio di indagini tecniche, ha consentito di raccogliere ulteriori, ficcanti ed inconfutabili prove su numerosi episodi di corruzione, per importi di diverse migliaia di euro, in relazione ad opere pubbliche, di manutenzione del verde pubblico, assegnate, dietro pagamento di tangenti ad imprenditori locali compiacenti. 
Emerge la sorprendente propensione a delinquere dei Dirigenti coinvolti che, addirittura, porta alla costituzione di società al solo fine di creare i soggetti economici in grado di contrarre con la pubblica amministrazione e su cui convogliare i flussi di denaro pubblico che venivano gestiti in ragione del proprio rilevante incarico. 
Il comandante della polizia locale che oltre a trarre a proprio vantaggio il sistema dei finti o inadeguati lavori pubblici, con il soddisfacimento delle proprie necessità private, si adopera con fare deontologicamente deprecabile a favorire personaggi, cittadini e locali pubblici per evitare il pagamento di sanzioni già comminate o a consentire, attraverso un uso spregiudicato del proprio comando, le loro attività irregolari con il soddisfacimento di necessità di qualche imprenditore locale; fino a giungere alla mercificazione e vendita di notizie ed informazioni riservate acquisite in ragione della propria funzione o con la complicità di altri soggetti. 
Quello che emerge è un quadro di diffuso e cronico dissipamento delle pubbliche risorse a vantaggio di pubblici dirigenti che avevano organizzato il proprio pubblico operare al solo fine di trarre il maggior vantaggio possibile. In tale situazione chi ha avuto il maggior danno è la collettività cittadina e non solo quella umana, ma anche quella felina e canina, anche loro trasformati da soggetti degni di tutela a pretesto per arricchimento illecito. 
Sono state eseguite numerose perquisizioni presso gli uffici e le abitazioni degli indagati. 
L’attività del Corpo prosegue incessante nel contrasto ad ogni forma delinquenziale che porti , tra l’altro, al depauperamento delle pubbliche risorse, alla riduzione delle efficienza della spesa pubblica, del mercato e della libera concorrenza. 
Il risultato odierno ne è una tangibile testimonianza. 

Corruzione, Gdf Parma: 11 arresti tra cui dirigenti Comune, Iren

La Guardia di finanza di Parma ha arrestato oggi 11 persone accusate di corruzione e peculato, tra cui il comandante della polizia municipale della città e un dirigente di Iren, nell'ambito di un'indagine su appalti per la manutenzione del verde pubblico in città che ha portato alla scoperta del pagamento di tangenti per centinaia di migliaia di euro.

Lo hanno riferito oggi le Fiamme gialle in una nota precisando che sono emerse prove su numerosi episodi di corruzione, per importi di diverse migliaia di euro, "per opere pubbliche di manutenzione del verde pubblico assegnate, dietro pagamento di tangenti, ad imprenditori locali compiacenti".

Secondo la Finanza, dalle indagini "emerge la sorprendente propensione a delinquere dei dirigenti coinvolti che porta alla costituzione di società al solo fine di creare i soggetti economici (...) su cui convogliare i flussi di denaro pubblico che venivano gestiti in ragione del proprio rilevante incarico".

Nell'operazione sono state eseguite diverse perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni degli indagati.

Notizie dal Governo.

Qualità dell'ambiente urbano, presentato il Rapporto Ispra

Sfruttamento del suolo e produzione di rifiuti continuano ad aumentare nelle grandi città italiane, mentre diminuiscono i consumi d’acqua e le emissioni in atmosfera. Questi alcuni dei dati contenuti nel VII Rapporto sulla Qualità dell’ambiente urbano - edizione 2010, presentato il 9 giugno 2011 dall’Ispra, l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Rapporto, attraverso lo studio della qualità ambientale di 48 capoluoghi di provincia, è rappresentativo nella sua analisi di tutto il territorio nazionale; è prodotto dell'intero sistema delle Agenzie Ambientali ( ISPRA/ARPA/APPA) e condiviso anche con ANCI, ACI e ISTAT,  condivisione che ne rafforza il ruolo di strumento sempre più utilizzato per le decisioni sulla pianificazione, programmazione e gestione dell'ambiente e del territorio urbano. La qualità dell'ambiente urbano è stata studiata e analizzata approfondendo numerose tematiche fra cui: fattori demografici, suolo, rifiuti, rischio industriale, acqua, emissioni e qualità dell'aria, cambiamenti climatici, trasporti e mobilità, inquinamento.  L’uomo influisce sull’ambiente modificandolo continuamente per adattarlo alle proprie esigenze: questo fenomeno, si legge nelle pagine del Rapporto, prende il nome di “antropizzazione”. Tra gli aspetti che incidono sul consumo delle risorse e sulla qualità dell’ambiente la consistenza della popolazione, il suo incremento o decremento e la sua concentrazione sul territorio.

Multiproprietà: nuove norme a tutela dei consumatori

Maggiori tutele per chi stipula contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e contratti di rivendita e di scambio: entra in vigore il 21 giugno 2011 il Decreto legislativo n. 79/11 che modifica il Codice del Consumo, emanato con il Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. Il provvedimento attua la direttiva 2008/122/CE.  Viene, quindi, data attuazione alla disciplina europea che uniforma questo istituto, prevedendo una maggiore trasparenza nei contratti e un’accresciuta tutela dell’acquirente, anche estendendo la multiproprietà a beni diversi dagli immobili quali chiatte, roulotte o navi da crociera. Se un contratto di multiproprietà, un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine o un contratto di rivendita o di scambio viene offerto al consumatore in persona, nell’ambito di una promozione o di un’iniziativa di vendita, l’operatore deve indicare chiaramente nell’invito lo scopo commerciale e la natura dell’evento; durante l’evento, in qualsiasi momento devono essere disponibili per il consumatore informazioni accurate e sufficienti, in maniera chiara e comprensibile,  in tempo utile prima che egli sia vincolato da un contratto o da un’offerta; vengono introdotti appositi formulari informativi, uno per ciascuna tipologia contrattuale, da utilizzare per le informazioni contrattuali. Un modello di formulario separato dal contratto faciliterà il diritto di recesso da parte del consumatore.

Tv, editoria e Web: il bilancio annuale dell'AGCOM

TV, EDITORIA ed INTERNET: tra i temi trattati nella relazione annuale sull’attività svolta e sui programmi di lavoro dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, presentata alla Camera dei Deputati il 14 giugno 2011. I social network stanno cambiando la società, il costume, le forme di democrazia, l’uso dei diritti. Anche i comportamenti personali ne risultano fortemente influenzati: alla riservatezza è subentrata l’ostensione, e talora ’ostentazione, dell’intimità. La sfera privata è di dominio pubblico. L’umanità si proietta sempre più nel mondo informatico, il quale tende a proporsi non solo come complementare ma come la versione olografica alternativa al mondo percepito con tutti i cinque sensi. E tuttavia, nonostante le nuove tecnologie/piattaforme frammentino l’audience e spostino l’attenzione sulla rete – e benché gli italiani siano fra i più avidi consumatori di social network – il caso Italia evidenzia come sia ancora la tv il veicolo di gran lunga prevalente per l’informazione e Grazie al processo di digitalizzazione in corso (switch-off), si è assistito al sorpasso degli ascolti della piattaforma digitale terrestre su quella analogica. L’editoria mostra una contrazione rispetto all’anno precedente mentre crescono gli utenti di Internet: ne fruiscono soprattutto le fasce giovani della popolazione.

Codice dell’ordinamento militare, le modifiche in uno schema di decreto

39 aggiustamenti e 166 correttivi contenuti nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 16 giugno che apporta modifiche al recente Codice dell’ordinamento militare e recepisce le norme sopravvenute dopo la sua emanazione. Tra le norme inserite viene introdotta la disciplina del divieto di associazione di carattere militare. E’ punito chiunque promuova, costituisca, organizzi o diriga associazioni di carattere militare, le quali perseguono, anche indirettamente, scopi politici. Per associazioni di carattere militare si intendono quelle costituite mediante l’inquadramento degli associati in corpi, reparti o nuclei, con disciplina ed ordinamento gerarchico interno analoghi a quelli militari, con l’eventuale adozione di gradi o di uniformi, e con organizzazione atta anche all’impiego collettivo in azioni di violenza o minaccia. E’ vietato l’uso di uniformi o divise. Sono eccettuate le associazioni od organizzazioni  costituite a fine sportivo e gli istituti di carattere culturale e d educativo. Il provvedimento è stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato e della Commissione bicamerale per la semplificazione.

Procedura di espulsione per gli extracomunitari clandestini

Approvato dal Consiglio dei Ministri  del 16 giugno 2011 un decreto-legge che rende più completa la normativa per i cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri e in materia di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. E’ ripristinata la procedura di espulsione coattiva immediata per tutti gli extracomunitari clandestini qualora siano pericolosi per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato; siano espulsi con provvedimento dell’autorità giudiziaria; violino le misure di garanzia imposte dal Questore; violino il termine per la partenza volontaria. Viene introdotto l’allontanamento coattivo (espulsione) anche dei cittadini comunitari per motivi di ordine pubblico se permangono sul territorio nazionale in violazione della direttiva 38/2004 sulla libera circolazione dei comunitari. E’ prolungato il periodo di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione fino a 18 mesi, in linea con le disposizioni della direttiva. Per evitare il rischio di fuga dello straniero, sono previste misure di garanzia idonee, la cui violazione è punita con la multa da 3.000 a 18.000 euro. Vengono rimodulate le fattispecie dei reati di violazione e reiterata violazione dell’ordine del Questore di lasciare il territorio con la previsione della sanzione pecuniaria e con la possibilità per il giudice di pace di sostituire la condanna con l’espulsione. 

mercoledì 22 giugno 2011

In arrivo i primi aumenti dopo il SI ai refrendum sull'acqua. Ora pagheremo tutti.

Come peivisto ora iniziano i guai. Tutti ad urlare l'acqua è un bene pubblico ed ora? I soldi che pagano i privati dovremo pagarli noi..questo che vi porto è solo uno dei tanti casi che si verificheranno in Italia. Qua parliamo di Hera che gestiva l'acqua e non solo nella maggior parte dei comuni del bolognese...


Referendum: Hera presenta il conto. Congelati i 70 milioni per rete idrica e tre depuratori

Hera ha confermato che non firmerà più la convenzione con gli enti locali che prevedeva investimenti per 70 milioni di euro sulla rete idrica. Ma, soprattutto, dall’inizio del mese ad oggi (l’1 giugno ci fu il via libera della cassazione al quesito sul nucleare), proprio per la probabile vittoria dei sì al referendum, Hera ha perso in borsa circa il 10% del suo valore, bruciando per strada circa 187 milioni di capitalizzazione.
Una flessione che vale circa 25,5 milioni di euro per il Comune di Bologna (che ha il 13,6% delle quote) e circa 35 milioni di euro complessivamente per i comuni della Provincia che hanno il 18,8%. Hera, che ieri ha chiuso in lieve calo a 1,54 euro (-0,52%) fa notare che sulla flessione in Borsa ha inciso anche lo stacco dal dividendo, ma è un fatto che il referendum abbia fatto perdere i titoli delle multiutilities. Periodicamente qualcuno invita a dismettere una parte delle azioni di Hera, che sono di fatto dei bolognesi, per finanziare il welfare, la scuola o le infrastrutture. Da giorni quelle azioni valgono sempre di meno.
A Palazzo Malvezzi ci sarà un doppio vertice per affrontare la situazione. Prima si vedranno i comuni all’interno dell’ufficio di presidenza dell’Ato e poi ci sarà un confronto con Hera. Si cercherà di capire come si può trovare una via d’uscita al congelamento di circa 70 milioni di euro di investimenti per il biennio 2011-2012. Il secondo referendum ha infatti eliminato quella parte della normativa che prevedeva che nella determinazione della tariffa dell’acqua fosse inserita anche la remunerazione del capitale investito dalle multiutilities (7%).
Dalla holding non sono arrivate dichiarazioni ufficiali, ma è stato confermato che a questo punto la convenzione è carta straccia e che senza remunerazione non ci saranno investimenti. «Ci limiteremo — hanno fatto sapere da Hera — agli interventi di manutenzione ordinaria e aspetteremo di sapere dagli enti locali come intendano finanziare gli investimenti previsti».
A fare il punto della situazione è l’assessore provinciale all’Ambiente della Provincia di Bologna, Emanuele Burgin, che aveva sollevato l’allarme a poche ore dal referendum e che, mosca bianca tra gli amministratori del Pd, ha votato contro al secondo quesito sull’acqua. «La questione — allarga le braccia — è molto semplice: serve una nuova legge nazionale perché ora siamo in una situazione di stallo. Il problema è nazionale perché se a Bologna si fermano 70 milioni di investimenti con tutte le conseguenze che si possono immaginare anche in termini economici e di occupazione, il dato nazionale è pari a 6 miliardi».
Difficile però pensare che governo e Parlamento rispondano a questa esigenza in tempi brevi. Quindi? «Quindi — dice Burgin — non sappiamo come fare. I soldi gli enti locali non li hanno per fare investimenti di questa portata e anche se li avessero non potrebbero spenderli per via del patto di stabilità. Rispettiamo la volontà espressa dal referendum che ha abrogato una norma di fatto introdotta dal governo Prodi ma bisogna anche dire con altrettanta onestà che il ricorso ai privati era l’unico modo per finanziare investimenti che il pubblico non può fare».
Ma cosa c’era in quei 70 milioni di euro che ora si bloccano? «Ci sono tante voci — afferma Burgin — a partire dagli interventi sulla rete per contenere le perdite. Ma per fare degli esempi concreti posso dire che si bloccheranno gli investimenti per realizzare i depuratori a Lizzano in Belvedere e a Molinella che servivano per essere in regola con la normativa europea. Ci saranno dei problemi anche con il depuratore di Corticella, i finanziamenti stanziati per adeguarlo e migliorare la situazione del canale Navile che d’estate diventa una fogna a cielo aperto non ci saranno».


dal Corriere di Bologna

TOGHE ROSSE: ecco la vera emergenza democratica.

In Italia abbiamo un problema: un potere dello Stato si è elevato al disopra degli altri due creando una dittatura giudiziaria irresponsabile ed impunita che vessa il Popolo Italiano e lo tiene sotto un giogo di malagiustizia che non ha eguali nel mondo occidentale e, per sovrappiù, tiene sotto scacco la politica e lo stesso voto democratico !
Ciò in aperta collusione con la sinistra italiana che non avendo speranze di prendere il potere in Italia attraverso libere elezioni ci prova utilizzando l'arma del siluro giudiziario !

CON QUESTI METODI DISTRUSSE UN PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: GIOVANNI LEONE
CON QUESTI METODI RIBALTO' IL VOTO POPOLARE:
- NEL 1988 SILENZIO' 20 MILIONI DI ITALIANI CHE EBBERO IL CORAGGIO DI PRONUNCIARSI A FAVORE DELLA RESPONSABILITA' CIVILE DEI MAGISTRATI
- NEL 1994 FECE CADERE UN GOVERNO DEMOCRATICAMENTE ELETTO
CON QUESTI METODI TENTA REITERATAMENTE DI ELIMINARE LA LIBERTA' DI STAMPA VIOLANDO DIRITTI COSTITUZIONALI E COMUNITARI !

Vediamo cosa ci raccontano gli autori di "Le toghe rosse " :
Il problema della magistratura politicizzata è ormai il problema più serio della giustizia in Italia.
I sindacati che li raggruppano, Magistratura Democratica e Movimento per la giustizia raggiungono ormai il 40% della rappresentatività della magistratura.
Ma vediamo cosa ne dice un loro storico rappresentante, protagonista di ’tangentopoli, e a sua volta vittima in occasione delle vicende legate al caso Squillante.
Nel 2001 Francesco Misani ha scritto insieme a Carlo Bonini il libro ’[52] La toga rossa . Storia di un giudice’.
Il giudice di cui si parla è lo stesso Misani che, nel libro, si vanta apertamente di essere stato un giudice ideologicamente
motivato e di aver partecipato all’abbattimento del “sistema”, ma allo stesso tempo illustra con decine di episodi e con una ricostruzione attendibile come la magistratura italiana in questi anni sia largamente uscita dai binari costituzionali per diventare una cosa del tutto diversa dall’ “ordine indipendente ma non sovrano”.
All’indomani dell’emergenza terrorismo che aveva catapultato sul palcoscenico della cronaca e dell’attualità politica i giudici, scrive Bonini che «Autonomia ed indipendenza, agli occhi dell’opinione pubblica, si trasformano in altrettanti attributi che non individuano tanto le garanzie di uno dei poteri dello Stato rispetto agli altri, quanto la sua inevitabile prevalenza (corsivo nostro – nda).
É un processo evolutivo che si andrà sviluppando negli anni Ottanta, con la lotta alla mafia, e coronerà negli anni Novanta con il pool e la stagione di Tangentopoli».
L’egemonia odierna del giudiziario, cui il solo Berlusconi oggi oppone resistenza, è insomma un prodotto storico della fragilità delle istituzioni democratiche italiane, che di fronte alle grandi emergenze del Dopoguerra hanno
mostrato la corda e innescato la supplenza della principale istituzione non democratica del sistema.
Il PCI, spiega Misiani, ha favorito per ragioni di bottega questa evoluzione: «Il nostro potere di supplenza rispetto all’esecutivo andava crescendo, grazie anche all’appoggio della sinistra e del PCI in primo luogo, che su noi
magistrati, o, almeno, su una parte di noi, aveva deciso di investire risorse e attenzione». Ma il PCI si è ritrovato di fatto come l’apprendista stregone: non lui, ma i magistrati “protetti”, hanno beneficiato della rivoluzione.
Spiega Misiani che dentro a Md «Tangentopoli mise d’accordo tutti, anche chi come me faticava a risolvere la cosiddetta contraddizione del garantista. Di fatto, Md colse in Mani Pulite l’occasione che si offriva all’intera magistratura di legittimarsi due volte. Innanzitutto, di fronte ad un’opinione pubblica che nel corso degli anni Ottanta aveva lanciato più di un segnale di sfiducia. . . Inoltre, di legittimarsi come nuovo e unico potere superstite del terremoto cominciato nel ’92».
Più chiaro di così. . .
La fenomenologia della “toga rossa” è imperniata su tre elementi:

1. un pregiudizio relativo alle leggi dello Stato, considerate non l’espressione della volontà popolare attraverso i suoi rappresentanti politici (Parlamento e Governo), ma uno strumento dell’egemonia borghese nella società, e quindi funzionali agli interessi della borghesia;

2. la contestazione pubblica del sistema, delle sue leggi e delle stesse procedure giudiziarie;

3. l’uso della funzione giudiziaria per promuovere gli interessi di classe delle classi subalterne (ovvero della sinistra politica) piegando le leggi vigenti e manipolando fin dove possibile le procedure giudiziarie.

Questi tre elementi si manifestano in maniera molto vistosa negli anni ruggenti di Magistratura democratica (Md), che sono quelli fra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta. Nella mozione del congresso di Roma di Md del dicembre 1971 leggiamo:

«Il nostro comune assunto teorico è che l’attuale giustizia è una giustizia di classe. . . obiettivo politico di Md
è la realizzazione di un modello di teoria e prassi giudiziaria volto a privare la giustizia delle sue caratteristiche di strumento di tutela degli interessi delle classi dominanti per renderla funzionale alle esigenze di uguaglianza, partecipazione ed emancipazione, sociale ed economica, delle classi lavoratrici».

In questa visione si ritrovavano sia la componente filo-PCI, maggioritaria in Md, con esponenti del calibro di Giancarlo Caselli, Edmondo Bruti Liberati, Elena Paciotti, ecc., sia l’ala “gruppettara” (simpatizzanti della sinistra
extraparlamentare) cui appartenevano personaggi come Francesco Misiani, Francesco Greco (poi esponente di punta del pool di Milano), ecc.

La contestazione pubblica del sistema da parte delle “toghe rosse” era l’elemento che più le differenziava dagli altri magistrati (che si limitavano ad applicare le leggi) ed avveniva in molti modi.

I gruppettari prediligevano la partecipazione a convegni, riunioni e trasmissioni
radiofoniche di Potere Operaio, Avanguardia Operaia, Radio Onda
Rossa, ecc. nelle corso dei quali pronunciavano dichiarazioni incendiarie a favore dell’ "abbattimento dello Stato borghese”, presidi delle aule dove si svolgevano processi con giudici a loro sgraditi, esposti e richieste di misure
disciplinari contro colleghi e superiori (iniziative che si ritorcevano contro chi le aveva promosse).

Ma la maggioranza di Md, organica al PCI, pur operando con diverso stile, non è mai stata da meno, sia negli anni Settanta che Ottanta. Nel 1970 Md come tale promosse la raccolta di firme (poi fallita) per un referendum
popolare per l’abolizione dei reati di opinione e sindacali, ed era l’epoca dei picchettaggi violenti nelle fabbriche e della violenza verbale (ma non solo) dell’ultrasinistra. PCI, Psiup e PSI aderirono all’iniziativa.

Nel 1984 Md si battè in prima fila contro il decreto legge che stabiliva il blocco parziale del pagamento della “contingenza” nelle buste paga dei dipendenti, definendolo «una grave violazione della legalità costituzionale» e contro l’installazione dei missili nucleari a Comiso decisa dal parlamento, in risposta ai missili sovietici, bollata come «oggettivamente eversiva dell’ordinamento costituzionale».

Sulle pagine di ’Democrazia e diritto’ e di ’Nuovasocietà’ Giancarlo Caselli ha continuato per anni a testimoniare che per Md i magistrati non dovevano certamente limitarsi ad applicare le leggi, ma dovevano partecipare alla trasformazione politica del paese. «La magistratura – così rifletteva il 6 luglio 1979 – viene vista come compattamente schierata accanto ai “potenti”, secondo una concezione certamente giustificata da vicende di ieri e di oggi, ma che non tiene nel giusto conto… il delinearsi, all’interno della “corporazione”, di nuove tendenze sul ruolo dei giudici nella società attuale. Mentre è necessario che queste nuove tendenze siano da tutti ben conosciute se si
vuole realizzare intorno ad esse un “sostegno di massa” che le sviluppi ulteriormente.

Altrimenti potrebbero essere ricacciate indietro: con evidente svantaggio per quelle forze politiche e sociali che anche dal mutato atteggiamento di una parte almeno della magistratura possono ricevere un contributo per la trasformazione in senso democratico del nostro paese».

Come si nota, Caselli auspicava il cortocircuito opinione pubblica-magistrati politicizzati già tredici anni prima di Tangentopoli.

Queste posizioni hanno anche influenzato indagini e sentenze passate per le mani delle “toghe rosse”, e questo evidentemente è il capitolo più inquietante. Scrive Francesco Misiani: «Non posso negare che nelle mie decisioni
di allora, e parlo delle mie decisioni da giudice, non abbia influito, e molto, la mia ideologia. Se proprio dovevamo condannare, condannavamo al minimo e poi mettevamo fuori». «Noi sostenevamo che nello scrivere le nostre
sentenze si dovesse ritenere prevalente la Costituzione, fino al punto di disapplicare le leggi ordinarie che fossero ritenute in contrasto». Ma non sono stati soltanto i “poveracci” a beneficiare della parzialità di giudizio delle “toghe rosse”.
Il caso più vistoso di potenti beneficiari della sensibilità politica dei magistrati è certamente quello dello scandalo del Sisde del 1993. Di fronte al diluvio di rivelazioni dannose per i vertici istituzionali del paese da parte del prefetto Riccardo Malpica, ex direttore del Sisde, e dei suoi uomini arrestati con accuse di peculato riguardo l’uso di fondi a loro disposizione, gli allora procuratori di Roma Vittorio Mele e Michele Coiro (Md) agirono non per far venire a galla tutta la verità, ma per insabbiarla.
Come si ricorderà, Malpica e gli altri giunsero ad accusare Oscar Scalfaro e Nicola Mancino di averli spinti a mentire riguardo ai fondi extracontabilità del Sisde affinché non emergesse che anche loro ne avevano ricevuti.
Quel che successe dentro alla Procura di Roma Misiani lo descrive così: «Frisani, e con lui Torri (i due PM dell’inchiesta – ndr), era convinto che si dovesse procedere senza esitazioni nei confronti di chiunque. E i sostituti più giovani apprezzavano questo atteggiamento come un esempio di esercizio imparziale dell’azione penale, sganciato da ogni valutazione di opportunità. Si opponeva il fronte che aveva alla sua testa Magistratura Democratica e i suoi esponenti di spicco all’interno del Palazzo, come Giovanni Salvi e Pietro Saviotti. . .
La convinzione “pregiuridica” era che i cinque del Sisde fossero iscritti a un’operazione diretta a pilotare gli esiti dell’inchiesta verso un approdo politico che avrebbe trascinato le istituzioni e il paese nel marasma e nel discredito.
E che pertanto l’operazione andava soffocata sul nascere».

Prevalse la seconda posizione, e venne deciso di arrestare il flusso delle rivelazioni degli inquisiti sollevando un nuovo capo di imputazione contro di loro: “attentato agli organi costituzionali” art. 289 del Codice penale. La trovata funzionò, e il caso Sisde prese a sgonfiarsi.
Commenta Misiani: «Con quella scelta sul 289 è indubbio che una parte di Magistratura Democratica e Michele (Coiro – ndr) in primis ottennero una legittimazione politica forte da parte delle istituzioni. Avevano dimostrato
- e non per opportunismo – che nel momento del bisogno la magistratura di sinistra sapeva, perché convinta, fare quadrato».
Le caratteristiche di Md che abbiamo sin qui illustrato le ritroviamo tutte nel pool di Milano negli anni di Tangentopoli e dopo: la polemica ed i giudizi distruttivi contro gli altri poteri ma anche contro altri magistrati, la manipolazione delle procedure di legge per perseguire obiettivi particolarmente “sentiti”.
Si pensi al “pronunciamento” televisivo dei magistrati del Pool nel luglio 1994 contro il decreto Biondi, all’appello contro la riforma della custodia cautelare firmato da un centinaio di PM, alla demonizzazione della classe politica tutta intera da parte di Gherardo Colombo nella sua famosa intervista al Corriere della Sera nel 1998, e alla solidarietà espressa a lui da 60 magistrati di Milano contro l’iniziativa disciplinare che era stata aperta nei suoi riguardi.
Colombo aveva detto: «. . . negli ultimi venti anni la storia della nostra Repubblica è una storia di accordi sottobanco e patti occulti. L’Italia la si può raccontare a partire da una parola: ricatto. . . Io dico che nel metabolismo
politico-sociale del paese ci sono ancora le tossine dei ricatti possibili e sono queste tossine che consigliano di organizzare le nuove regole della Repubblica non intorno al conflitto, ma intorno al compromesso».
Si pensi a Francesco Saverio Borrelli che dopo l’arresto del giudice Squillante arriva ad attaccare la Procura di Roma in toto dichiarando: «I magistrati romani subiscono una pressione atmosferica che talvolta può essere sentita
inconsapevolmente e talvolta può portare a connivenze o complicità».
Che i magistrati del Pool abbiano fatto uno strappo alla regola più di una volta non lo diciamo noi, ma protagonisti come Italo Ghitti e Francesco Misiani.
Dichiarò il Gip storico di Mani Pulite, poco prima di abbandonare il suo incarico, a proposito delle continue violazioni del segreto istruttorio: «Ci fu un momento in cui ebbi la certezza che determinate notizie uscivano dagli
uffici dei PM e mi resi conto di non riporre più fiducia nella correttezza di alcuni magistrati del Pool».
E a proposito del radicamento a Milano dell’inchiesta Enimont, le cose sarebbero andate così: «. . . ci fu una riunione presso il procuratore Mele… A parte il procuratore Volpari… tutti gli altri partecipanti ritenevano in cuor loro che dal punto di vista giuridico la questione di competenza andasse risolta a favore di Roma. Malgrado ciò, prevalse l’opinione caldeggiata da Mele, secondo la quale valeva la pena di liberarsi di un procedimento così fastidioso e scottante».
Ai dubbi di Misiani Gherardo Colombo avrebbe poi risposto: «Forse non hai capito, Ciccio, ma qui non dobbiamo decidere chi è competente, ma chi può fare o non fare le inchieste. A Milano, in questo momento storico irripetibile,
si possono fare. Qui a Roma no».
In conclusione, attraverso tre decenni di emergenze (terrorismo, mafia, Tangentopoli) i magistrati italiani hanno assunto – nella concomitante crisi delle altre istituzioni – un profilo squisitamente politico, che all’inizio del periodo apparteneva soltanto alle “toghe rosse”.
Non soltanto formulano giudizi di merito sulle vicende politiche e su quelle del mondo della giustizia, ma agiscono sulla base di tali valutazioni nel contesto di iniziative o di omissioni di atti giudiziari. Inevitabilmente la loro discrezionalità solleva le proteste dei politici (anche di quelli di sinistra, ma solo quando sono al governo) e le perplessità dell’opinione pubblica.
Un soggetto che agisce politicamente senza risponderne a nessuno fa problema in termini di deficit democratico, perché esercita un potere che in democrazia deve avere il suggello delle urne, cosa che qui non avviene.
Il gran ricorso dei magistrati del Pool di Milano alla piazza mediatica, alle dichiarazioni ed agli appelli enfatizzati da giornali e tivù, testimonia che essi stessi hanno presente il problema: cercano il consenso dell’opinione pubblica proprio perché sanno di essere un potere politico e ambiscono alla legittimazione democratica.
 (da ’La vera storia delle toghe rosse’)

CON I MIGLIORI RINGRAZIAMENTI DA PARTE DEI CITTADINI ITALIANI CHE HANNO BEN PRESENTE CHI SONO STATI E CHI SONO I VERI NEMICI DELLA REPUBBLICA ITALIANA !

 di Marcello Sanna

lunedì 20 giugno 2011

I furbetti del Csm: una delibera per non ridursi i gettoni di presenza.

Può un organo collegiale annacquare una legge dello Stato che gli imporrebbe di ridurre sensibilmente stipendi e gettoni di presenza? Teoricamente no, ma il Csm l'ha fatto. Senza rendere conto a nessuno. Proprio così: l'organo che ha l'ultima parola su disciplina e carriere di quasi 10.000 giudici e pubblici ministeri, e che in questo periodo sta attuando una lotta dura contro la classe politica (tanto da far parlare di golpe giudiziario), non ha voluto rinunciare al suo status di "club esclusivo".
 Il 16 marzo scorso, il Consiglio Superiore della Magistratura ha affrontato la delibera 421/VS/2011 sui "Compensi spettanti ai componenti". Il reale obiettivo, raggiunto, è stato quello di arginare la legge 122 del 30 luglio 2010, che oltre ad imporre un taglio del 10% agli stipendi di ministri e sottosegretari, al comma 1 dell'articolo 6 recita: "A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la partecipazione agli organi collegiali  (...) è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera".
Cos'ha fatto il Csm tramite la sua delibera? Ha trasformato i "gettoni di presenza" in un importo forfettario, pari a 4860 euro lordi al mese. Cifra che rappresenta a tutti gli effetti uno stipendio aggiuntivo e non una semplice somma di rimborsi spese (quanti gettoni di presenza da 30 euro ci vorrebbero per arrivare a 4860 euro lordi? Sicuramente più di quelli che sarebbero percepiti in un mese). Viene da chiedersi se il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sempre molto attento a moralizzare la classe politica, sia rimasto all'oscuro di questo "sotterfugio". Anche perché, come si sa, in quanto presidente della Repubblica è anche presidente di diritto del Csm.
Vale la pena, a questo punto, soffermarsi sui lauti guadagni dei componenti del Csm. A cominciare dagli stipendi "fissi". Il vice-presidente, che attualmente è l'ex deputato Udc Michele Vietti, incassa 140.904 euro netti all'anno, stipendio equiparato al primo presidente della Corte di Cassazione. I consiglieri si fermano a poco più di 111.000 netti, come il più anziano tra i presidenti di sezione della Corte di Cassazione. Corrispondono a 7.928 euro al mese per 14 mensilità. L'anomalia è che si tratta di una retribuzione solo per il "titolo", in quanto ogni attività svolta è pagata a parte. Essere membro del Csm in sé e per sé non comporta nessuna mansione specifica e quindi non giustifica alcuna retribuzione.
I consiglieri sono 24: 16 togati e 8 laici, cioè nominati dal parlamento. I 16 togati mantengono i lauti stipendi da magistrati, tengono caldo il loro posto di lavoro e una volta usciti dal Csm tornano in magistratura. I laici si portano dietro i 7.928 euro netti mensili per il resto della loro vita, anche a fine mandato. Un membro laico può essere un avvocato in attività da almeno 15 anni oppure un docente universitario. Passi per l'avvocato con 15 anni di carriera alle spalle, che entra in Csm in età ormai veneranda, ma il professore universitario può essere nominato a soli 35 anni e percepire per il resto dei suoi giorni 7.928 euro al mese. Un privilegiato. Tanto più che, a fine mandato, arriva una liquidazione pari a tre stipendi mensili per ogni anno di attività, il triplo di quella riservata ai "comuni mortali".
Ma torniamo ai gettoni di presenza che si aggiungono allo stipendio "fisso".Attenzione: nel Csm si lavora tre settimane su quattro. Escludendo i week end, sarebbero 15 giorni lavorativi al mese.  Anche le settimane però sono "corte": il venerdì si riunisce solo la sezione disciplinare, il cui disturbo è ovviamente pagato a parte, precisamente 231 euro netti a seduta. I giorni di lavoro effettivi quindi diventano 12 al mese. E i mesi sono dieci e mezzo all'anno, perché le ferie durano da fine luglio al 10 settembre. Nei giorni "non lavorativi", i componenti del Csm che non vivono a Roma possono percepire una "indennità di missione" che corrisponde a 209 euro netti al giorno ed è erogata sulla parola. Proprio così. Il "Regolamento di amministrazione e contabilità"  lo spiega chiaramente: all'articolo 26 si parla di "autocertificazione" per richiedere le indennità di missione. Il 26 bis invece regola il "trattamento per lo svolgimento di compiti di natura istituzionale sul territorio nazionale": altri 400 euro mensili, esentasse, non si sa bene in base a quale criterio. Straordinario, questo "regolamento", nel quale qualche burlone ha persino voluto scrivere "E' vietato imputare spese a capitoli di bilancio diversi da quelli cui le spese si riferiscono". E meno male, almeno quello!
Riepiloghiamo: oltre a stipendio fisso (7928 netti euro mensili, percepiti per il "titolo" e senza mansioni che li giustifichino), indennità di sedute di commissione (in seguito alla delibera, un altro stipendio fisso di 2760 euro netti mensili per 12 giorni lavorativi), indennità di missione (basate su autocertificazioni, 209 euro netti al giorno nei giorni non lavorativi), sedute di sezione disciplinare (231 netti euro a seduta il venerdì), "compiti di natura istituzionale sul territorio nazionale" (400 euro al mese esentasse), rimborso delle spese di viaggio, cosa ci sarà ancora?
Ci sono le sedute del plenum. Sono tre a settimana, la partecipazione è premiata con 188 euro netti a seduta, un "gettone di presenza" che non rientra nei tagli della legge 122/2010. Se un membro del Csm non è impegnato in commissione, o non partecipa ad una commissione (che, sia ben chiaro, intanto è pagata ugualmente), può guadagnare anche 564 euro netti a settimana prendendo parte a tutti e tre i plenum. E poi ancora: ogni riunione del comitato di presidenza è rimborsata con un altro gettone di presenza di 116 euro netti.
In più ci sono le agevolazioni. A cominciare dal telefono: fra componenti del Csm e fra gli uffici, le telefonate non si pagano. Per le chiamate "esterne", il gestore Tim fornisce tariffe agevolatissime, che non vengono concesse neppure ai parlamentari. Il massimo che si arriva a spendere è qualche decina di euro a bimestre, una media di circa 10-11 euro in due mesi.
I consiglieri hanno a disposizione un'automobile con autista a Roma e, chi vive fuori Roma, una con autista presso il luogo di residenza. A Roma, l'autista è pagato come lavoratore a tempo pieno, anche se è impegnato per soli due viaggi al giorno, massimo quattro se il cliente si reca in un ristorante per pranzo. Considerando che la sede del Csm è a due passi dalla stazione ferroviaria e i consiglieri che giungono a Roma in aereo potrebbero servirsi di un taxi o affittare un'auto spendendo circa 80 euro tra andata e ritorno, si può desumere che gli stipendi per 32 autisti siano quantomeno buttati via. Il Csm francese, ad esempio, mette a disposizione soltanto 3 autisti.
D'altra parte non ci sono solo gli autisti: i dipendenti del Csm sono in totale 243. Sono talmente poco impegnati che quasi tutti ufficialmente hanno l'autorizzazione ad avere un secondo lavoro. Eppure riescono a mettere insieme una media di 2839 euro di straordinari all'anno. Tutto pagato dalla collettività, come i 340.000 euro ad uso "ticket restaurant".
Fonte: L'Espresso