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sabato 27 agosto 2011

Lettera di un sindacalista rosso !!


Lettera di  un sindacalista rosso, esasperato dall’essere inascoltato, ha scritto al direttore del
 “il giornale” con questa premessa:
“Egregio direttore, ho 44 anni e da circa 5 sono segretario di Rsa della Filt- Cgil dell’ azienda in cui lavoro. Anche se sono un “comunista” spero mi dia almeno lei spazio nella sua rubrica, altrimenti, beh, pazienza….”

Lettera di Ivano Bosello, segretario Rsa Filt-Cgil di una Azienda di Mestre.

Stamattina ho scritto una mail alla mia Rsa spiegando il motivo per cui non aderirò allo sciopero proclamato  dalla Cgil per il 6 di Settembre. Secondo la mia personale opinione in questo momento storico così delicato serve unione e non divisione. Lo sciopero crea comunque divisione e sicuramente non ne abbiamo bisogno.  Servono invece idee concrete e non fumosi proclami.
Lo sciopero farà perdere soldi alle persone, (la maggior parte degli iscritti Cgil sono pensionati di conseguenza non così rappresentativi per il mondo del lavoro) e non potrà spostare di un millimetro l’asse della manovra economica. Lo sciopero in questo momento rappresenta più irresponsabilità che responsabilità, più debolezza che forza.  La Camusso avrebbe potuto ribadire con forza la sua posizione ma in un momento di grande crisi come questo era più sensato dire che per una scelta di grande responsabilità verso il Paese non avrebbe dichiarato sciopero ma avrebbe cercato soluzioni condivise con le altre parti sociali e politiche. Fare (ipocritamente) i “duri e puri” può creare solo danni e l’orgoglio a volte fa più vittime di una guerra. La Cgil avrebbe sicuramente trasmesso una immagine  diversa.
Temo che la Camusso e lo staff dirigenziale della Cgil sia identico  allo staff Politico. Sono vecchi, vecchi dentro e fuori e non rappresentano più nessuno. In realtà sono lo specchio dell’Italia. Non è una critica ma una fotografia. Come sempre la base ha più idee dei vertici, un vertice che non accoglie le idee della base non è partecipativo e non conosce la base. La proposta della base è semplice ed è applicabile, un’idea da condividere con Cisl e Uil e forze politiche. I privati cittadini devono poter scaricare le spese (con dei minimi e dei massimi tabellari) come se fossero piccole aziende, in realtà i cittadini lo sono perché spesso muovono più denaro di piccole imprese. Chiediamo allo stato di poter scaricare tutte le spese, telefono, auto, casa, mobili, abbigliamento, tutti i costi di manutenzione e ristrutturazione ecc.. Per poterlo fare servono fatture. Mai un artigiano alla richiesta di pagamento in nero ci farà lo sconto più del 50% altrimenti non gli converrebbe più fare il lavoro . Potendo invece scaricare la fattura non ci sarebbe più la convenienza a fare il lavoro in nero, saremmo costretti a chiedere la fattura perché ci converrebbe di  più e l’artigiano sarebbe costretto a farcela.
Il collaborazionismo tra le due parti verrebbe meno ed aumenterebbero enormemente gli introiti dello stato, tempo qualche anno e si potrebbe anche diminuire davvero la pressione fiscale . Queste sono le idee della gente e dei lavoratori, non proclami contro il Governo che sono più sfoghi ormonali che altro.

                                                                                                     Segretario Rsa Filt-Cgil
                                                                                                     Di un’azienda di Mestre

Dopo quelle della Parlamentare Concia ancora nozze gay per il Pd !!

Hanno scelto la Norvegia per dirsi di sì. Tutto e' pronto per il matrimonio fra Sergio Lo Giudice, capogruppo Pd al Comune di Bologna e presidente onorario di Arcigay (che ha guidato dal 1998 al 2007), e Michele Giarratano, avvocato e responsabile dello sportello legale di Arcigay. Il matrimonio sara' celebrato sabato alla Tinghus (Corte di Giustizia) di Oslo, a cento metri dal luogo dell'esplosione del 22 luglio. La cerimonia, in lingua inglese, si terra' alle 13.45 alla presenza di una quarantina di amici e parenti degli sposi. Poi, il 2 settembre, Giarratano e Lo Giudice festeggeranno con amiche e amici bolognesi al Cassero, sede delle attivita' dell'Arcigay. 'In Europa - commenta Sergio Lo Giudice - si sta giocando su vari fronti una partita cruciale fra una societa' aperta e inclusiva, che vuole trovare nelle ragioni della sua storia gli strumenti per affrontare i cambiamenti epocali del nostro tempo, e una feroce reazione conservatrice e intollerante, che punta ad opporre integralismo ad integralismo.
Vedremo se i vertici del Pd avranno lo  stesso ipocrita  comportamento riservato all'Onorevole Concia !

http://ilpensieroverde.blogspot.com/2011/08/lipocrisia-e-di-sinistra.html





La Cgil: 3000 sedi in tutta Italia e neppure un euro di Ici


Altro che Vaticano. I sindacati vantano un patrimonio immobiliare immenso, ma non pagano un solo euro di Ici. Questo grazie ad una legge, la numero 504 del 30 dicembre 1992 (in pieno governo Amato), che di fatto impedisce allo Stato italiano di avanzare richieste ai sindacati. E i soldi sottratti, o meglio non percepiti, dalle casse statali sono davvero tanti: la Cgil, ad esempio, sostiene di avere circa 3mila sedi in tutta Italia, ma si tratta di una specie di autocertificazione, in quanto i sindacati non sono assolutamente tenuti a presentare i loro bilanci. Si tratta solo di un altro dei tanti privilegi dell’”altra Casta”, come è stata 
brillantemente definita dal giornalista dell’Espresso Stefano Liviadotti, che con tale formula ha dato il titolo al suo libro/inchiesta sulla Triplice.
Se la Cgil dichiara 3mila sedi, la Cisl addirittura 5mila. E la Uil sarebbe in possesso di immobili per un valore di 35 milioni di euro.
La legge, però, paragona in modo del tutto immotivato i sindacati alle Onlus, ossia alle organizzazioni di utilità sociale senza scopo di lucro.
Senza scopo di lucro? I sindacati? Un paradosso.
Ma c’è di più. Cgil, Cisl, Uil, Cisnal (poi diventata Ugl) e Cida hanno ereditato immobili dai sindacati del Ventennio fascista, senza dover pagare tasse. Tutto secondo legge, in questo caso la 902 del 1977, che con l’articolo 2 disciplina la suddivisione dei patrimoni residui delle organizzazioni sindacali fasciste.
Non c’è da stupirsi: soltanto nella scorsa legislatura, 53 deputati e 27 senatori, quindi 80 parlamentari in totale, provenivano dalla Triplice. Logico che in parlamento si facciano leggi “ad personam”, o meglio ad usum sindacati.
I regali più importanti, inutile dirlo, arrivano però sempre quando al governo c’è una coalizione di centro-sinistra.
Eccone alcuni: nel maggio 1997 il governo Prodi, per iniziativa del ministro della Funzione pubblica, Franco Bassanini, ha tirato fuori dal cilindro la legge 127, la quale grazie all’articolo 13 libera le associazioni dall’obbligo di autorizzazione nelle attività e nelle operazioni immobiliari. Con la finanziaria del 2000 vengono invece istituiti fondi per la formazione continua gestiti da sindacati e associazioni degli imprenditori. Ancora con il governo Amato, nel 2001 è fissato l’importo fisso per i patronati calcolato su tutti i contributi obbligatori versati da aziende e lavoratori agli enti.
Attraverso i patronati, i Caf (Centri di assistenza fiscale) e le deleghe sindacali sulle pensioni giungono fiumi di denaro nelle casse dei sindacati. Un meccanismo infallibile: i patronati si occupano di previdenza, richieste di aumento e pratiche di invalidità. E per ogni pratica l’Inps rimborsa. L’assistito del patronato è però logicamente anche un potenziale cliente dei Caf: i Centri di assistenza fiscale, nati ovviamente con la sinista al governo (Amato, anno 1992), compilano le dichiarazioni dei redditi e le spediscono via internet all’Inps. Ad ogni spedizione corrisponde un rimborso, anche se i costi sono pressoché azzerati.
In soccorso dei Caf è arrivato persino il decreto legislativo 241 del 1997, governo D’Alema, che concedeva loro l’esclusiva sulla verifica dei dati inseriti sui 730. Costringendo il Ministero delle Finanze a elargire un rimborso per ogni 730 inviato dai Caf.
Peccato che tale decreto sia stato “bastonato” nel 2006 dalla Corte di Giustizia Europea, senza che nessun quotidiano nazionale sempre attento alle sanzioni europee ne abbia dato notizia. Ma su internet la notizia si trova.
Alla fine le entrate che derivano dai tesseramenti, la cui revoca è pressoché impossibile, sono quelle meno importanti.
Allora, i sindacati davvero meritano agevolazioni fiscali?

fonte blog: "questa è la sinistra italiana"

venerdì 26 agosto 2011

Proviamo attraverso dati provenienti da varie e autorevoli fonti a comprendere un'altra giornata epocale per l'economia Europea.


Chiusura in forte ribasso per Wall Street. Al termine degli scambi il Dow Jones cede l'1,51%, il NASDAQ l'1,7% e l'S&P500 l'1,56 per cento. Oltre ai segnali negativi dal mercato del lavoro (con l'aumento oltre le attese delle richieste di sussidi di disoccupazione), ad influire sull'andamento della borsa americana è il crescente scetticismo in vista del vertice dei banchieri centrali a Jackson Hole. Le attese di un intervento di Bernanke a sostegno dei mercati con un nuovo piano di acquisti di titoli di stato, secondo molti addetti, ai lavori saranno deluse.

Francoforte frena l'Europa
Segnata dal brusco "flash crash" di Francoforte la seduta in Europa. L'indice DAX 30 sceso del 4% nel giro di pochi minuti, fa frenare le piazze europee reduci da una mattinata positiva. Al termine degli scambi la piazza tedesca guida le perdite con un calo dell'1,71 per cento. Forte ribasso anche per Londra (-1,48%), mentre Parigi e Madrid limitano le perdite a -0,77 e -1% rispettivamente. Dopo una mattinata brillante anche Milano chiude in negativo con gli indici FTSE MIB e FTSE IT All Share che cedono rispettivamente lo 0,25 e lo 0,19 per cento.
Quanto all'Italia, lo spread tra i Btp a 10 anni e i Bund decennali tedeschi scende sotto i 280 punti base con rendimento decennale al 5,03% e biennale al 3,37% alla vigilia dell'asta di 8,5 miliardi di euro di Bot semestrali e 2 miliardi di zero coupon bond biennali. La Bce ha continuato ad acquistare titoli italiani e spagnoli in questi giorni per mantenere i rendimenti decennali sotto il 5% ed evitare il rischio contagio.
"La Consob continuerà a monitorare l'andamento del mercato e la sua evoluzione", precisa quindi l'autorità. "Nel caso le condizioni di mercato dovessero consentirlo la Commissione valuterà l'opportunità di abrogare il divieto ovvero di adottare ogni altra decisione che dovesse apparire opportuna".

In attesa che la decisione venga recepita domani dai mercati (anche le proroga era scontata per gli analisti) Piazza Affari è riuscita a limitare i danni, sostenuta dal rimbalzo delle banche. Alla vigilia della diffusione dei risultati, Mps e il Banco Popolare salgono rispettivamente del 2,9 e del 2,85%. Unicredit avanza dell'1,68%, Intesa Sanpaolo dell'1,61%, Mediobanca dello 0,81%. Denaro anche su Atlantia in rialzo del 2,22%, tra le scommesse che la Robin Tax non venga estesa al di fuori del comparto energetico. Il presidente della commissione Lavori Pubblici, Luigi Grillo, ha escluso tra l'altro un'estensione del balzello alle tlc, ma Telecom Italia cede ancora l'1,77%. Nel paniere principale il miglior titolo è invece Prysmian, in rialzo del 3,94% che domani presenterà i risultati semestrali.

UN SARKOZY A PEZZI - LE VOCI SUL POSSIBILE DECLASSAMENTO HANNO FATTO EMERGERE LE FALLE DEL SISTEMA-FRANCIA: GIGANTESCO AUMENTO DEL DEBITO, DEFICIT OLTRE IL 7% (IL DOPPIO DELL'ITALIA), BASSA CRESCITA, PERDITA DI COMPETITIVITÀ E PROGRESSIONE DELLE SPESE SOCIALI PER DECINE DI MILIARDI – MA SARKOZY RISCHIA CON I TAGLI AL DEBITO DI FAR FALLIRE LA SUA CORSA ALLA RIELEZIONE. ECCO PERCHÉ I FRANCESI SI FIDANO PIÙ DELLA MERKEL, DELL'EUROPA E DEL FONDO MONETARIO…

Ha fatto bene il presidente Nicolas Sarkozy a interrompere le ferie e rientrare di corsa a Parigi? La domanda ha due risposte che racchiudono il problema francese e, più in generale, le diverse reazioni della politica alla turbolenza finanziaria internazionale. Ha fatto bene, perché ha stroncato le indiscrezioni sul declassamento e ha colto l'occasione per rendere più urgenti misure fiscali e tagli della spesa pubblica che i francesi sono per tradizione e interesse poco disposti a subire. I francesi fanno più vacanze di molti vicini europei, vanno in pensione prima di tutti, godono di servizi pubblici di buon livello e di alta protezione sanitaria e sociale. Ma, nonostante alcune riforme introdotte dal presidente Sarkozy, il «modello» resta molto costoso ed eccessivamente burocratico. Se si osserva la struttura del debito francese, si nota che per quasi due terzi è detenuto da non residenti in Francia (40 per cento non residenti in Europa). Può essere una conferma di fiducia nel sistema Paese, anche se in questa fase pesa la forte esposizione delle banche francesi. In conclusione, ad insinuare un «rischio Francia» contribuiscono le prospettive politiche dei prossimi mesi piuttosto che valutazioni di ordine economico. I propositi di riforme sociali e di tagli della spesa pubblica si scontrano infatti con l'agenda elettorale di Sarkozy, in vista delle presidenziali di primavera.

Le tre principali agenzie di rating, Standard & Poor's, Fitch e Moody's, ribadiscono che il rating assegnato alla Germania resta quello della tripla A Lo scrive Bloomberg, citando anche la Cnbc, dopo le voci insistenti di un possibile declassamento della Germania tra i fattori che il 25 agosto hanno contribuito ad affondare il listino tedesco.


Gli Stati Uniti d’America, d’altro canto, se la passano decisamente peggio. Il debito pubblico statunitense, infatti, è giunto quest’anno a sfiorare la fatidica quota dei 14.294 miliardi di dollari, facendo ipotizzare un concreto rischio default.


In questo momento gli effetti della crisi economico-finanziaria nei Paesi dell'Unione Europea formano ancora un quadro molto variegato. Mentre l'andamento della Germania l'anno scorso è stato completamente diverso da quello degli altri  Paesi, Spagna, Gran Bretagna e la maggior parte dell'Europa risentono ancora pesantemente della recessione, la più grave dalla  Seconda Guerra mondiale.

In marzo l'indicatore segna in Austria 38,2 punti, in Germania addirittura 49,5 punti. Dopo una forte crescita delle aspettative economiche di circa 60 punti da giugno a novembre 2010, da dicembre il valore in Germania è nuovamente sceso di circa 15 punti.
L'indicatore può teoricamente assumere valori compresi fra -100 e +100 punti.
In Spagna, Romania e Austria l'indicatore ha segnato un incremento, mentre nella Repubblica Ceca e in Bulgaria ha dovuto registrare un calo notevole.
La Romania sembra al momento attestarsi su un livello molto basso. In questo Paese l'indicatore delle aspettative economiche, dopo un miglioramento di circa 34 punti dalla metà dell'anno scorso, segna ora -37,3 punti.

In  Gran Bretagna la crisi finanziaria ha avuto effetti di ampia portata sull'economia. I consumi privati, finanziati in larga parte da crediti, hanno sempre rappresentato in questo  Paese una grossa fetta del prodotto interno lordo. 
A causa della crisi economica i consumatori e molte aziende non sono stati più in grado di pagare i propri debiti, con ricadute sull'intera economia: calo vertiginoso dei prezzi degli immobili, forte aumento della disoccupazione, numerose aziende costrette a dichiarare fallimento. 
Mentre all'inizio del 2009 l'indicatore delle aspettative economiche inGran Bretagna ha toccato il valore più basso con - 57,8 punti, nella restante parte dell'anno l'economia ha registrato una ripresa.
Nel febbraio 2010 l'indicatore ha raggiunto con 31,4 punti il valore massimo dall'ottobre 1997. Dallo scorso anno il governo britannico tenta di tenere sotto controllo il deficit interno con severi programmi di risparmio, soprattutto nel settore pubblico. 
I cittadini temono di finire nella recessione successiva a causa di tali misure di risparmio, prima che l'economia si sia ripresa dalla crisi finanziaria. I cittadini stessi sono tuttavia profondamente divisi sulla scelta della giusta politica per combattere il deficit dello Stato e il debito pubblico.
Una parte riconosce la necessità dell'attuazione di una radicale politica di risparmio da parte del Governo, l'altra parte è a favore una politica più keynesiana, pronta a stimolare l'economia tramite denaro pubblico.
La discussione su quale sia la strada giusta per uscire dalla recessione emerge anche nella valutazione dell'andamento dell'economia. 
L'anno scorso e ancora una volta nel primo trimestre di quest'anno le aspettative economiche hanno registrato un drastico calo e segnano attualmente -29,9 punti.
L'economia della  Repubblica Ceca si sta lentamente riprendendo dalla crisi economica. In questo gioca un ruolo determinante la casa automobilistica Skoda, un'azienda che influenza in maniera significativa l'andamento dell'economia ceca.
Nel primo trimestre 2011 Skoda ha registrato un aumento del fatturato del 21,4%. Ciononostante, dall'inizio dell'anno l'umore generale dei consumatori è notevolmente peggiorato.
L'attuale Governo intende per la  prima volta combattere l'elevato debito pubblico, ma non è chiaro in questo momento quali saranno quest'anno i rapporti di maggioranza dopo le prossime elezioni parlamentari. 
Da ciò dipenderà la possibilità o meno per il governo di realizzare le riforme in programma. Questa incertezza si rispecchia nel giudizio dei cittadini cechi sull'andamento dell'economia del proprio Paese nei prossimi mesi.
Essi temono inoltre che le misure di risparmio in programma e l'aumento della pressione fiscale si traducano in un nuovo indebolimento dell'economia ora in lenta ripresa e in un ulteriore aumento della disoccupazione. Le aspettative economiche sono di conseguenza crollate dall'inizio dell'anno. 
Se a gennaio l'indice segnava ancora 9,6 punti, in marzo è precipitato a -29,6 punti. I cittadini cechi vedono minacciata dalle riforme in programma anche la propria situazione finanziaria personale.
Aspettative di reddito: la Francia teme per il potere di acquisto.
Le sempre crescenti preoccupazioni dei consumatori europei per l'inflazione si ripercuotono anche sulle aspettative di reddito. L'indicatore in questo momento precipita su un vasto fronte.
Solo la Romania rappresenta in questo caso un'eccezione con un minimo aumento, dopo che l'indicatore nel giugno 2010 aveva segnato il record negativo di  -72,7 punti. 
Per tenere sotto controllo le finanze dello Stato, il governo rumeno lo scorso anno aveva varato un severo pacchetto di risparmio con tagli nella previdenza sociale, aumenti di imposte e tasse e una riduzione  del 25% degli stipendi dei dipendenti pubblici, facendo quindi crollare le aspettative di reddito dei cittadini.
Dalla metà dell'anno la cauta speranza di una rapida fine della recessione ha portato ad una costante crescita dell'indicatore, che attualmente si attesta ad un livello molto basso con  -31,3 punti. In febbraio i dipendenti pubblici hanno ottenuto un aumento di stipendio del 15%, a parziale compensazione dei tagli dell'anno precedente. 
Gli esperti si attendono per i restanti nove mesi di quest'anno una lieve ripresa economica.
In Germania le aspettative di reddito si attestano ad un livello molto alto, attualmente pari a 40,5 punti. La Germania ha superato la crisi economica in modo sorprendente. Anche durante la recessione le aziende quasi non hanno dovuto licenziare personale grazie alle possibilità di cassa integrazione e a programmi statali di intervento. Così l'anno scorso hanno potuto reagire prontamente all'aumento della domanda a livello mondiale.
Grazie alle eccezionali condizioni al contorno, con una disoccupazione in continua diminuzione, prodotto interno lordo in forte crescita e un aumento dei consumi privati, i tedeschi quest'anno si attendono tangibili aumenti di stipendio, in parte già concretizzatisi.
La Francia registra con  -39,2 punti il peggior valore fra i  Paesi europei considerati. Il valore dell'indicatore è crollato dal gennaio 2010 di circa 30,6 punti. Se la Francia ha superato la crisi economica con ferite minori rispetto a molti altri Paesi europei, ciò è in parte da ricondurre agli ingenti programmi di intervento statali. Questo ha comportato un aumento del nuovo debito nel 2010 fino al 7,8% del prodotto interno lordo (PIL). 
Il valore permesso nei criteri di stabilità per l'eurozona è del 3%. Il debito pubblico ha nel frattempo raggiunto l'84% del PIL, mentre era pari al 68% nel 2008. 

Per quest'anno il Governo francese ha come priorità la riduzione del nuovo debito. Di conseguenza i consumatori temono aumenti di imposte e tasse con ripercussioni dirette sul reddito disponibile e quindi sullo standard di vita. Oltre agli aumenti di tasse e imposte, per risanare le finanze dello Stato vengono presi in considerazione alcuni privilegi. 

Già nell'ultimo anno il Governo, tra le proteste, ha elevato l'età pensionabile da 60 a 62 anni. Un confronto: in Germania il limite è già a 67 anni. Anche la settimana di 35 ore dovrebbe essere a disposizione a medio e lungo termine.
Propensione agli acquisti: gli spagnoli si tengono stretti i soldi.
Parallelamente alle aspettative di reddito cala anche la propensione agli acquisti in tutta Europa. Solamente nella Repubblica Ceca, in Austria e anche in Italia il valore dell'indicatore può in questo momento aumentare. 
La Romania si è parzialmente ripresa dal crollo dell'anno scorso e si va stabilizzando  - ma su un livello molto basso. In marzo l'indicatore si attesta sui -35,1 punti. I valori di gran lunga più alti si registrano in Austria con 30,9 punti e in Germania con 34,3 punti.
A dispetto dell'andamento generale della Repubblica Ceca, la propensione agli acquisti sale in marzo di 7,8 punti a -2,9 punti. La crisi economica è stata sentita dai consumatori cechi in ritardo, solo verso la fine del 2009, quando però si è fatta sentire in maniera pesante. I cittadini cechi hanno modificato profondamente il proprio comportamento di acquisto  - da consumi legati a decisioni spontanee e ai bisogni momentanei ad acquisti ben ponderati. 
La qualità ha assunto un'importanza notevolmente maggiore rispetto alla quantità. La prudenza negli acquisti sembra tuttavia diminuire dalla fine dell'anno scorso. La propensione agli acquisti è aumentata da novembre di oltre 17 punti.

L'economia polacca è fortemente trainata dalla domanda interna. Per questo il Paese non è stato così fortemente colpito dalla crisi economica come altri Paesieuropei la cui economia è fortemente dipendente dall'andamento delle esportazioni. 
Già dalla fine del 2009 la  Polonia mostra visibili segni di ripresa dalla crisi economica, come evidenziato molto chiaramente dall'andamento della propensione agli acquisti. Alla fine del 2008 l'indicatore è sceso dai 23,1 punti di novembre fino ai  -26,7 punti dell'aprile  2009.
Da allora l'indicatore ha dovuto registrare nuovamente un calo e si trova ora a 16 punti. I dati economici del Paese tuttavia sono buoni. Il deficit dello stato dovrebbe scendere quest'anno dal 7,9% al 5,8% e il prossimo anno a circa il 4%. Gli esperti prevedono per quest'anno una crescita economica del 4,1%. Il calo della propensione agli acquisti sarà presumibilmente quindi solo di breve durata.
In Spagna l'economia soffre pesantemente dopo la crisi economica e lo scoppio della bolla immobiliare. 
L'attenzione del governo è concentrata soprattutto sul controllo delle finanze statali. Per questo è stata drasticamente ridotta la spesa pubblica, con tagli a stipendi e pensioni dei dipendenti pubblici e ai servizi assistenziali.
Dall'altro lato è stata, ad esempio, aumentata l'imposta sul valore aggiunto di 2 punti percentuali.
A questo si aggiunge un elevato tasso di disoccupazione, senza la prospettiva di un significativo miglioramento nel corso di quest'anno. 
Gli Spagnoli non sanno cosa aspettarsi nei prossimi mesi. Per questo cercano di tenersi i soldi il più a lungo possibile e di fare solo gli acquisti necessari. Il tasso di risparmio è quindi elevato, al momento pari a circa il 16%.
La propensione agli acquisti ha tuttavia registrato nei mesi scorsi una lieve ripresa pur restando su livelli bassi. Dal dicembre 2010 al febbraio 2011 l'indicatore è salito da -11,2 punti a 37,5 punti.
Tuttavia creano incertezza fra i consumatori le continue polemiche sulla questione se la Spagna debba o meno approfittare del fondo salva-Stati della UE. Di conseguenza in marzo l'indicatore è nuovamente sceso a -10,7 punti.
I risultati sono ricavati dall'ampliamento a livello internazionale dello studio sul clima dei consumi MAXX di GfK e si basano su interviste ai consumatori condotte per conto della Commissione europea in tutti i  Paesi dell'Unione Europea con frequenza mensile. 


il pensiero verde

mercoledì 24 agosto 2011

Anche lui beve l’amaro calice dell’impegno politico !


L’accusa di familismo nella selezione della classe dirigente e nella scelta dei candidati da far concorrere alle elezioni piomba su Antonio Di Pietro e la sua Italia dei Valori. Ancora una volta. Cristiano Di Pietro, figlio dell’ex pm di Mani Pulite, sarà candidato alle prossime elezioni Regionali molisane che si terranno ad ottobre. Tanto basta per alimentare lo spettro del favoritismo e della assenza di meritocrazia nelle persone da proporre ai cittadini come loro rappresentanti.
L’INCHIESTA SUGLI APPALTI- Più che altro si tratta del riemergere di ferite mai del tutto sanate che qualche anno fa avevano squarciato quell’idea di rigore etico e morale che Di Pietro senior voleva caratterizzasse nel tempo il suo movimento politico. Il patatrac avvenne nel gennaio 2009. Fu infatti un avviso di garanzia a carico di Cristiano, allora consigliere comunale a Montenero di Bisaccia e provinciale a Campobasso, a segnare uno spartiacque tra l’intransigenza legalista sbandierata dall’onorevole di Montenero di Bisaccia e un partito alle prese sul territorio con diversi casi di abdicazione al malcostume politico che attanaglia il bel Paese da tempo immemore. L’inchiesta che colpì il Di Pietro junior era quella sugli appalti pubblici nella città di Napoli. Le carte in mano ai magistrati parlavano di intercettazioni di telefonate nelle quali Cristiano raccomandava suoi amici all’ ex provveditore alle Opere pubbliche di Campania MoliseMario Mautone, arrestato nell’ambito della stessa inchiesta nel dicembre 2008.
L’IMBARAZZO DEL PARTITO - In realtà, il caso Cristiano-Idv era emerso ben prima della iscrizione nel registro degli indagati. La vicenda aveva generato non poco imbarazzo tra Di Pietro e seguaci, e non poco sollievo tra gli esponenti del centrodestra, che vedevano vicina la possibilità di acquisire facili argomentazioni per attaccare l’avversario inflessibile in tema di legalità. Alla notizia del coinvolgimento di Cristiano mentre il giustizialista Di Pietro si veeva costretto a chiudersi in difesa (“Ribadiamo la nostra fiducia nella magistratura, anche e soprattutto verso quella che dovesse indagare qualche volta su qualcuno di noi…”), qualche rappresentante del suo partito lo incalzava, lanciando un allarme. “La collocazione di Cristiano oggi nuoce alla politica del padre, perciò lui stesso dovrebbe ragionarci sopra e fare un passo indietro, per puro senso di opportunità”, diceva ad esempio il senatore Idv Pancho Pardiinvitando Di Pietro jr alle dimissioni. Lo stesso faceva il giornalista-amico Marco Travaglio(“Cristiano dovrebbe lanciare un segnale, far capire che ha capito che certe cose non sono reato ma non si fanno”). La maggioranza berlusconiana, intanto, si godeva lo show. “Se Cristiano resta in campo, avremo un argomento da usare contro suo padre per i prossimi 10 anni”, faceva sapere il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri.


Giornalettismo.com

Prove di Sharia !! Via il Colonnello dentro i Taliban !!

Non è ancora finita e potrebbe finire in modo crudelissimo, inutile piagnucolare sui cecchini cattivi che sparano ai bambini, la scena selvaggia di Tripoli è responsabilità di chi ha gestito la guerra; hanno vinto i berberi di Nafusa, ovvero quelli  sui quali la Nato e l'Europa non avevano puntato spendendo cifre di denaro folli e facendoci aumentare il prezzo della benzina; bene che vada governeranno o si proveranno a farlo i peggiori servi di Gheddafi, complici negli anni del terrorismo attivo, traditori nel momento della disgrazia, pronti a tutto, altro che a rispettare gli impegni commerciali ed economici del tempo che fu; se invece bene non va il Paese sarà in balia di una guerra civile nella quale tutti proprio tutti sono armati fino ai denti, non c'è un leader né un partito né un programma, a parte l'Islam  come religione e la sharia come fonte legislativa. Complimenti.

I politici fanno il loro mestiere, per carità, e tocca loro rassicurare, magari dire bugie o forzare mezze verità, ma tanta contentezza, tanta certezza sul limpido futuro democratico della Libia dopo Gheddafi, come si sente ripetere nelle ultime quarantotto ore dai ministri europei, nell'assenso compiaciuto dell'opposizione solitamente pacifista, è superiore a qualunque sopportazione. Non sarà un caso se invece non si trova un solo commentatore di politica internazionale, un solo esperto serio di Medio Oriente e di Islam, che non usi termini perlomeno prudenti, che non metta sull'avviso da vittorie che si rivelino catastrofiche, che non argomenti sul fatto incontrovertibile che  alla Nato non basta aver salvato la faccia  a colpi di bombe "umanitarie", dopo aver trasformato dalla sera alla mattina un solido alleato, accolto con tutti i suoi capricci nelle capitali mondiali, nel mostro da distruggere in nome dei diritti umani. se poi la Libia verrà lasciata da sola. Semplicemente i politici mentono spudoratamente, e nell'attuale crisi  economica e morale sarebbe il caso di smetterla, i commentatori, diciamo pure noi tanto vituperati giornalisti, dicono le cose come stanno. Stanno male. Da sola significa che se non verrà garantita la sicurezza, il popolo sarà esposto al naturale regolamento dei conti fra le fazioni ribelli. Barack Obama non intende fornire né uomini né soldi, esaurito il quarto d'ora mediatico, la Libia non è un presente sensibile nella testa dell'elettore americano, soprattutto una Casa Bianca debole e indecisa a tutto in Medio oriente ha incoraggiato il caos che ha chiamato primavera araba e ora lo lascia interamente alla gestione europea. Bye bye grande potenza madre, e speriamo che alla fine del 2012 qualcosa cambi. L’Europa dovrebbe prendersele le responsabilità, visto che il neo colonialismo di Sarkò e quello gregario di Cameron ci hanno infilato nell' intervento militare ma ha da tempo rinunciato, almeno da quando i francesi cominciarono qualche mese fa a dire che Gheddafi poteva pure restare. L'Italia, finiti i proclami entusiastici dei nostri ministri deputati, si leccherà le ferite dello splendore passato, quando si commerciava, si costruiva, si fermavano le carrette del mare. La Germania pensa alla guerra dell'euro.

Insomma, non è stato fatto in questi mesi, a meno che io non venga smentita, nessun accordo tra Europa e comitato. Scommettiamo che finirà con una di quelle famigerate missioni delle Nazioni Unite composte da truppe arabe ed africane, e per il resto se la vedrà il mitico comitato di transizione, dio ci salvi, visto che gli odi tribali si scateneranno, sono almeno quaranta gruppi, quelli occidentali non ne vorranno sapere di sottostare al predominio di quelli di Bengasi, che più che altro con le armi sofisticatissime da noi fornite si sparavano nei piedi. In condizioni di guerra civile ti saluto anche gli accordi commerciali.

Una cosa però è certa, mica per caso avete visto distruggere le immagini di Gheddafi al grido di Allah è grande, perché, come da noi denunciato per tempo, hanno assunto un peso militare crescente le brigate degli estremisti islamici composte e addestrate da reduci del Gruppo combattente islamico libico legato ad al Qaeda. Sono quelli che  quel mostro di Gheddafi aveva cacciato e che si sono distinti contro americani e iracheni in Iraq. Curioso vederli entrare a Tripoli grazie alle nostre bombe e a quelle di Obama, no? Ricordiamocelo quando l'11 settembre celebreremo i dieci anni dalla strage delle Torri Gemelle. Il 18 agosto il Consiglio Nazionale di transizione del quale i nostri ministri parlano come di amiconi, come dei convinti democratici, ha approntato, e il Times ha ottenuto, una sorta di dichiarazione preparatoria del percorso verso la nuova Costituzione. Una cosa è chiara a chi la vuol leggere: il futuro di "Stato democratico e indipendente" della Libia sarà garantito con queste premesse e regole guida, "l'Islam è la religione e la sharia la principale sorgente legislativa". E tre, con Egitto e Tunisia, mentre Yemen, Siria, il Grande Fratello Iran, sghignazzano sulle belle avventure umanitarie dell'Occidente.

di Maria Giovanna Maglie

domenica 21 agosto 2011

Da sempre fanno sfoggio della loro coerenza !!!!


La Festa dell'Unità di Alessandria sponsorizzata da una fabbrica di armi.

Bersani (PD): "Essere pacifisti non significa mica essere disarmati"


Riportiamo uno spezzone di intervista a Pierluigi Bersani che tenta di giustificare la sponsorizzazione della Oto Melara (Finmeccanica) alla Festa dell’Unità in cui interviene come oratore.
1 settembre 2009 - Alessandro Marescotti
Pierluigi Bersani (PD)

Guardando il volantino di questa Festa dell’Unità abbiamo trovato la pubblicità di una ditta che produce armi. Crede che questo possa essere coerente con i valori di un partito come il PD?
Essere pacifisti non significa mica essere disarmati. In Italia abbiamo anche fabbriche d’armi; alcune sono secolari. Non c’è nessuna polizia disarmata nel mondo. Nel nostro Paese ci sono anche tecnologie che sono al servizio di armamenti che devono servire alla sicurezza collettiva. ( ?????) Detto questo, io credo che la spinta verso le tecnologie possa essere maggiormente orientata nei settori civili. Io ho in testa che nei prossimi cinque – dieci anni dovremo buttare tutta la nostra innovazione sui temi dell’economia verde, che mi pare la vera nuova grande frontiera tecnologica.


Quindi pensa che la pubblicità di un cannone, come in questo caso, possa avere un senso?
Insomma, esiste un esercito, no? Non è che possiamo abolire l’esercito credo, purtroppo, per adesso.

Io lo chiamerei arrampicarsi sugli specchi !!!!
E VOI ??