Le solite lacrime di coccodrillo della Sinistra: in decenni di politica demagogica, iniziative demenziali, pratiche di sottogoverno, di clientele, di malversazioni, di decisioni contrarie ai reali interessi dei lavoratori hanno distrutto il Paese, hanno minato il suo ordine sociale, l’hanno gettato in una voragine finanziaria per cui il debito degli italiani è arrivato a 31.500 € a testa ed adesso hanno pure la faccia tosta di parlare. E di proclamare uno sciopero generale! Con tutti i difetti che possiamo avere, tutti in Europa e nel mondo, come riportano anche le cronache di questi giorni, riconoscono all’Italia un grande pregio : quello di essere un Paese parsimonioso, virtuoso. A livello individuale, le famiglie italiane sono le meno indebitate d’Europa, il risparmio pro-capite è il più alto del continente, ed il 70% degli italiani possiede la casa in cui abita, nonostante i nostri stipendi siano mediamente i più bassi tra quelli dei Paesi che contano. Vuol dire che in generale sono tanti gli italiani che hanno la testa sulle spalle e capaci di fare sacrifici per badare al sodo.
Questa è ricchezza vera, che tutti dall’Olanda alla Germania, dalla Spagna alla Francia ci invidiano, non futili chiacchiere. E se è vero che ognuno ha il governo che si merita e che il Parlamento rispecchia la situazione culturale e sociale del Paese di cui è uno spaccato, questa oculatezza nel gestire i conti pubblici è stata per decenni una delle caratteristiche peculiari di tutti i governi italiani, del Regno prima, della Repubblica poi.
Questa è ricchezza vera, che tutti dall’Olanda alla Germania, dalla Spagna alla Francia ci invidiano, non futili chiacchiere. E se è vero che ognuno ha il governo che si merita e che il Parlamento rispecchia la situazione culturale e sociale del Paese di cui è uno spaccato, questa oculatezza nel gestire i conti pubblici è stata per decenni una delle caratteristiche peculiari di tutti i governi italiani, del Regno prima, della Repubblica poi.
L’Italia è sempre stata la formichina in una Europa ricca di cicale. Nell’Italietta umbertina la lira faceva premio sull’oro, vale a dire che la nostra moneta era talmente solida e solvibile da poter essere scambiata direttamente con il prezioso metallo. Durante il Ventennio, mai una volta che si fosse sforato il bilancio annuale, nonostante un sistema fiscale molto meno vessatorio di quello attuale ed una spesa pubblica molto orientata al sociale ed agli investimenti produttivi. Ed anche i primi governi repubblicani erano impostati col rigore proprio di chi è stato povero ed ha conosciuto la fame. Tutti conoscerete l’aneddoto dell’invito a cena al Quirinale di Indro Montanelli da parte del Presidente Luigi Einaudi, nel 1950. Arrivati alla frutta, il Presidente prese l’unica mela a tavola e nell’atto di sbucciarla chiese al Montanelli: “Senta, ne vuole mezza?” Altro che costi della politica.
Era un’Italia ancora povera, quella, ma ricca di sentimento, di rispetto per il prossimo, di umanità, di solidale spirito costruttivo, di patriottismo. Tutti sulla stessa barca a remare tutti nella stessa direzione. Poi sono arrivati gli anni ’60, quelli del Boom col PIL che cresceva quasi a due cifre. Ora è noto come l’economia sia una bestia strana e molto complicata, con la quale è difficile trattare. Comunque ci sono dei parametri molto macro che alla fine danno chiare indicazioni sullo stato economico di un Paese. Si sa, perché è divenuto quasi un assioma, che per svilupparsi un Paese industrializzato deve far viaggiare il PIL almeno al 3% l’anno. Quando questo succede, è perché gli investimenti crescono, l’occupazione cresce, tutto l’indotto si espande: prime e seconde case, auto, elettronica di consumo, vacanze, risparmio, ecc.
In questa situazione i Buoni fruttiferi dello Stato sono uno strumento finanziario appetibile e, siccome sono affidabili, ci si deve accontentare di un basso rendimento. Le entrate dello Stato crescono grazie a più Irpef, più Irpeg, più IVA, per cui anche la spesa pubblica può crescere. Ma qui viene il punto. Crescere si, ma come? E qua entrano in ballo con le loro responsabilità la Sinistra ed il sistema sindacale italiano dominato per decenni dalla CGIL.
E’ vero che in economia ci sono parametri che sembrano incongruenti. Ad esempio, la tanto temuta inflazione, se tenuta sotto controllo è bene che stia più vicina al 2% che allo zero, perché significa che la gente spende, per lo più con finanziamenti, cioè acquista a rate, il che è un atteggiamento positivo, indice della fiducia dei consumatori, ed un ottimo viatico per sostenere la produzione ed i consumi. Insomma, è un segnale forte del benessere della gente.
Era un’Italia ancora povera, quella, ma ricca di sentimento, di rispetto per il prossimo, di umanità, di solidale spirito costruttivo, di patriottismo. Tutti sulla stessa barca a remare tutti nella stessa direzione. Poi sono arrivati gli anni ’60, quelli del Boom col PIL che cresceva quasi a due cifre. Ora è noto come l’economia sia una bestia strana e molto complicata, con la quale è difficile trattare. Comunque ci sono dei parametri molto macro che alla fine danno chiare indicazioni sullo stato economico di un Paese. Si sa, perché è divenuto quasi un assioma, che per svilupparsi un Paese industrializzato deve far viaggiare il PIL almeno al 3% l’anno. Quando questo succede, è perché gli investimenti crescono, l’occupazione cresce, tutto l’indotto si espande: prime e seconde case, auto, elettronica di consumo, vacanze, risparmio, ecc.
In questa situazione i Buoni fruttiferi dello Stato sono uno strumento finanziario appetibile e, siccome sono affidabili, ci si deve accontentare di un basso rendimento. Le entrate dello Stato crescono grazie a più Irpef, più Irpeg, più IVA, per cui anche la spesa pubblica può crescere. Ma qui viene il punto. Crescere si, ma come? E qua entrano in ballo con le loro responsabilità la Sinistra ed il sistema sindacale italiano dominato per decenni dalla CGIL.
E’ vero che in economia ci sono parametri che sembrano incongruenti. Ad esempio, la tanto temuta inflazione, se tenuta sotto controllo è bene che stia più vicina al 2% che allo zero, perché significa che la gente spende, per lo più con finanziamenti, cioè acquista a rate, il che è un atteggiamento positivo, indice della fiducia dei consumatori, ed un ottimo viatico per sostenere la produzione ed i consumi. Insomma, è un segnale forte del benessere della gente.
Un altro parametro che sembra incongruente è quello relativo all’indebitamento pubblico, largamente misurato con il rapporto Debito/PIL. Uno Stato in cui questo rapporto fosse vicino allo zero, sarebbe uno stato che non spende abbastanza per i propri cittadini, ovvero uno stato povero nei servizi e senza spese produttive per incentivare, sostenere ed ammodernare la produzione industriale. Viceversa, all’estremo opposto, quando il rapporto raggiunge valori disumani come quello attuale in Italia, al 120%, allora c’è il rischio della bancarotta, perché le entrate dell’Erario son in gran parte divorate dagli interessi che lo Stato deve corrispondere sui titoli emessi, lasciando poco spazio alle spese correnti e per lo sviluppo sociale. S’innesca così una spirale perversa, per cui per quanto si “tagli”, e qui tutti strillano ovunque si metta mano, e si cerchi di aumentare le entrate, altre urla pure su questo versante comunque si faccia, il debito non diminuisce perché il PIL è basso a causa della non-crescita, quando non della recessione, ed in questa situazione la prima cosa che fa la gente è quella più disastrosa di tutte: smette di consumare. E allora diminuisce la produzione industriale, cresce la disoccupazione, diminuiscono le entrate fiscali dello Stato, con il debito e gli interessi che devono comunque essere onorati, per cui lo Stato non ha altro mezzo che stampare carta per pagare la carta emessa in precedenza, cioè BOT e CCT pluriennali. Ma siccome gli investitori non sono fessi, perché se lo fossero la loro carriera di investitori sarebbe di brevissima durata, ecco che per comprare questa nuova “carta” richiedono ed impongono interessi sempre crescenti, non si accontentano più dell’1,5% ma pretendono il 4, il 5, il 6%. Quando vi dicono che aumenta lo “spread con il Bund” è questa cosa qua. Ed allora giù altre mazzate al debito che va fuori controllo, e non se ne esce più, vedi la Grecia che qualsiasi cifra le presti la BCE il giorno dopo sta a secco, come se si volesse innaffiare il Sahara, ma per quante secchiate d’acqua ci si buttino sempre asciutto rimane. Un valore equilibrato tra debito e PIL si aggira attorno al 50-60%, ovvero la situazione è sostenibile e favorevole quando l’indebitamento sta sopra il 40% e sotto il 60 % della ricchezza prodotta annualmente, cioè il PIL. Sopra al 60% si arriva al disastro odierno, andare sotto al 40% significherebbe uno Stato non impegnato sul fronte dei servizi, per quantità e qualità. Ed allora vediamo un po’ come è andata in Italia, come si è giunti a questa situazione da bancarotta, e se quelli che adesso se la prendono con i “ricchi” ed il “sistema capitalista” che affosserebbe i diritti e le aspirazioni dei lavoratori possono avere voce in capitolo. Non faccio commenti, do solo cifre ufficiali che potete riscontrare dappertutto. Ancora nel 1970, governo Rumor, l’indebitamento stava al 40%. Poi, sull’onda delle battaglie demagogiche avviate dai “proletari” nel 1968 con l’Autunno Caldo, la formazione di bande armate contigue al PCI ed ai comunisti di Unità Proletaria, che arriveranno alla formazione di bande di compagni che prima “non esistevano”, erano solo un’invenzione di Aldo Moro; poi di fronte all’evidenza si esistono, ma non erano terroristi, ma “compagni che sbagliavano”, dicevo che sotto la spinta di vere e proprie sommosse con guerriglia armata, sostenute ed incoraggiate dall’URSS, i vari governi hanno cominciato ad allargare il giro delle spese improduttive e clientelari, solo per far “star buoni i compagni”.
In questo clima, il “peso”, che qualcuno chiamava forse più propriamente il “ricatto”, del PSI di Craxi è andato vieppiù aumentando e, per accontentare i socialisti, si è dato luogo ad una vera e propria travolgente valanga dei conti pubblici per una presunta spesa sociale, fatta invece di sprechi, di ladrocini, di clientele, di privilegi che ha sgretolato ogni residua resistenza dei centristi, terrorizzati dalla possibilità di “perdere le elezioni”. E per non perdere le elezioni, alla fine sono diventati più realisti del re, hanno innescato la corsa a chi spendeva di più ed hanno fatto pure peggio di quanto avrebbero potuto fare quelli che gridavano “è ora, è ora, il potere a chi lavora”. Si, ma chi lavorava che il mito era il posto fisso, meglio se pubblico, ed il massimo del compiacimento dei “dipendenti fissi” era di vantarsi di rapinare lo stipendio con l’assenteismo, il menefreghismo ed il rintanarsi nei più oscuri meandri degli uffici, salvo poi in sede di rinnovo del contratto accampare diritti “imprescindibili” non si sa a fronte di quali meriti. Erano ancora tempi di vacche grasse, ma i sindacati, condizionati dall’arroganza e dal dispotismo della CGIL, invece di tutelare i veri interessi dei lavoratori, hanno agito in modo da tutelare solo i propri di interessi, auto-concedendosi privilegi inconcepibili, e difendendo le richieste irragionevoli, demagogiche, pretestuose ed autolesionistiche di quelli che lavoravano, sempre fregandosene di quelli che invece un lavoro non ce l’avevano. Ai quali, con il loro modo di fare, rendevano sempre meno probabile che ne trovassero uno. Invece di indirizzare le risorse verso impieghi produttivi, per creare nuovi posti di lavoro per precari e disoccupati, opportunità a favore delle future generazioni, incentivando e motivando gli imprenditori ad investire sempre di più e meglio inseguendo l’innovazione tecnologica per essere sempre più competitivi in Italia e all’estero, con la perversa regia della CGIL hanno bruciato il tesoro di cui disponevano, per pagare straordinari mai fatti, malattie immaginarie che coprivano debosciatezza ed assenteismo, spesso per coltivare interessi privati e personali. Così, molti impiegati dei Ministeri passavano il tempo a fare la schedina per poi scappare a casa a gestire la propria tabaccheria, il negozietto di elettronica, il botteghino del lotto. Gli insegnanti di sinistra si davano malati od inoltravano ricorsi artificiosi sull’assegnazione delle cattedre, vantandosi poi nei circoli culturali “impegnati” o nelle assemblee sindacali di settore di aver “attuato iniziative per creare spazio per le supplenze” dei non in ruolo, ma in realtà celando dietro a questi la loro voglia di non impegnarsi nell’insegnamento, mirando solo allo stipendio mensile. Con la vergogna che gli stanziamenti dello Stato per la scuola sono sempre stati assorbiti solo dai loro stipendi e dalle spese correnti. Senza dire di quelli che con la colpevole copertura sindacale se ne andavano “in malattia” a fare le acque od i fanghi termali a spese dell’INPS. E dove li mettiamo i rimborsi spese, che loro chiamavano ripianamento delle perdite di gestione, di aziende gonfiate dal clientelismo, contrabbandato per “reperimento delle necessarie risorse umane” come l’Alitalia e le FFSS, che avevano esattamente il doppio dei dipendenti loro necessari, o della Sanità o degli Enti Locali abituati e trattati da bambini cui si danno i soldi per il gelato, poi per il quaderno, poi per la penna, poi per lo zaino, poi per il cinema e così via, anziché responsabilizzarli dicendo loro: “Ecco, questa è la paghetta, fattela bastare”. Hanno abituato gli italiani a ritenere i servizi pubblici “dovuti a prescindere”, senza un coinvolgimento culturale e pecuniario che valesse a far percepire loro il costo per l’erogazione dei servizi stessi, tutti gestiti con deficit paurosi e in modo completamente svincolato da logiche e valori di mercato. Hanno dipinto gli imprenditori, specie quelli medio-piccoli, come sanguisughe, dei poco di buono, degli approfittatori, aizzando ed alimentando un bieco odio di classe. Col risultato di spaventare l’imprenditoria, e non solo quella di casa nostra, ma soprattutto potenziali investitori internazionali: americani, inglesi, giapponesi, tedeschi, francesi, che visto l’andazzo da queste parti, hanno volto lo sguardo altrove. Salvo poi porre in atto scioperi ad oltranza come quelli a sostegno delle richieste delle grandi aziende del Nord che invocavano l’intervento dello Stato quando le cose non filavano per il verso giusto, minacciando di licenziare migliaia di fannulloni, – e magari lo avessero fatto- anziché eventualmente tutelare da nefaste conseguenze l’indotto, per lo più costituito da costellazioni di piccole fabbriche, dove la gente lavorava duro, ma di cui la CGIL s’è n’è sempre fregata. Non si tutelavano i diritti dei lavoratori, bensì i privilegi di molti delinquenti incalliti, mascherati da dipendenti ed intrufolati nei posti di produzione, negli uffici pubblici, negli enti inutili. A cominciare da molti sindacalisti che si son sempre nascosti dietro il loro mandato per andarsene in pensione senza aver mai alzato un dito sul lavoro. E così, l’indebitamento che tra il 1960 ed il 1970 si era mantenuto ad un ottimale 40%, comincia a crescere raggiungendo il limite di guardia del 60 % nel 1975. Per qualche tempo si riesce a tenerlo sotto controllo. Ancora nel 1982, un anno in cui il Paese era euforico per la conquista del terzo titolo mondiale di calcio in Spagna, si manteneva attorno a quella soglia. Ma poi arriva il 1983, Governo di Sinistra, quello del socialista Craxi che avrebbe dovuto portare la classe operaia in paradiso. In effetti qualcosa in paradiso ce lo portò: il debito pubblico. Nel primo anno di legislatura l’indebitamento aumenta del 10 % in una botta sola! Poi a seguire le performance sono + 6%, +4%, e + 6%, per cui a fine 1986 Craxi porta all’86% del PIL un indebitamento che solo tre anni prima stava al 60%. Che bravo! I governi successivi tentano di porre un freno, ma ormai la tempesta scatenata dagli enormi interessi da pagare sul pregresso accumulato trascina la spesa pubblica in una voragine senza fondo. Lo champagne viene stappato a fiumi nel 1991, anno in cui “finalmente” si può festeggiare il superamento di quota 100%. Chi c’era al Governo? Tutti, tranne quelli di Destra, che alcuni benpensanti consideravano appestati, altri fuorilegge. Premier Andreotti, che ormai aveva ogni attenzione per il PCI per non contrariarlo: con lui c’erano il PSI, il PSDI, il PRI ed il PLI. Lo chiamavano Pentapartito, ma è un falso storico, perché in effetti era un esa-partito che contava sull’appoggio, per decenza formalmente solo dall’esterno, del PCI. Nel 1992, fortunatamente il settimo Governo Andreotti -ammazza, meglio di Rambo e Rocky!- va al mare dopo solo 2 mesi dal suo insediamento, per cui c’è spazio per il più intelligente ed illuminato di tutti, un altro socialista, il Dr. Sottile della politica: Giù li ano (per carità, senza apostrofo tra li ed ano) Amato il quale entra di prepotenza nel libro del Guinness dei primati, dove primati va inteso come record, non famiglia degli esseri viventi dai quali secondo Darwin è disceso l’uomo. Infatti, il talentuoso Mickey Mouse della politica italiana, nato a Torino da siciliani, ma cresciuto in Toscana (ma dai, è uno scherzo?) è riuscito nella titanica impresa di far crescere l’indebitamento di un ulteriore 10% in un sol colpo, portandolo al 110% del PIL, il tutto non in un anno come il Primo Craxi, ma in sei mesi! L’anno dopo l’ineffabile e didattico Premier si ripete e raggiunge quota 120 % tra la stupefatta ed incondizionata ammirazione del Paese e del mondo intero che si interroga invidioso: “Ma come fa? Beata l’Italia che ce l’ha”.
Era la stagione di Mani Pulite, il Pastore Molisano ringhiava ed addentava a destra ed a sinistra, anzi no, a sinistra no, però insomma addentava qui e là. Fu allora che il nostro Giù liano, sopravvalutando certe sue tracce di mascolinità, decise che anche lui “le aveva” e cercò di sottrarre le indagini “fai da te” di Mani Pulite all’incombenza di un giustizialista fallito e sanguinario per affidarle alle professionali capacità delle preposte Forze dell’Ordine. L’allora Presidente della Repubblica, Oscarda Bagno, Luigino per gli amici, che da Ministro dell’Interno intascava 100 milioni al mese per tutelare “la sicurezza degli Italiani”, rifiutò di firmare il relativo decreto, per cui Topolino si infuriò, ed indignato rivolse ad una Camera allibita e preoccupata, a microfoni RAI ben aperti, il suo storico discorso di addio, annunciando : “Questa politica italiana non mi merita. Lascio qui e manterrò la mia promessa: non mi vedrete mai più impegnato in politica. La chiudo qui. Ciao, mamma!” Era il 1993. Infatti, nel 1994 Amato (ma da chi? Boh) viene nominato, Governo D’Alema, Presidente dell’Antitrust per tre anni, sino alla sua nomina a Ministro per le Riforme Istituzionali dal 1998 al 1999, prima di dar vita al governo Amato Bis tra il 2000 ed il 2001. E’ stato di parola; questa è la credibilità di quelli della Sinistra che hanno potere di vita o di morte sulla vostra esistenza. E parlano ancora! Nel 1993, il super coerente Amato lascia il campo ad un professionista della finanza, che di politica ne capisce poco o niente, ma i conti li sa fare visto che ha governato la Banca d’Italia :Carlo Azeglio Ciampi. Intervenendo anche con misure strutturali, cioè non solo con delle una tantum per far cassa, pone un freno al disavanzo che smette di crescere attestandosi al livello record del 121%. Ma la sterzata positiva arriva nel 1994 col Primo Berlusconi il quale, da buon imprenditore, dopo essersi messo le mani nei capelli, si siede al tavolo con carta e matita e con perizia e santa pazienza cerca di rimettere a posto i conti. Con misure incisive e non recessive il suo Governo, poi proseguito in modalità tecnica da Dini, dà un‘impostazione che sana il sanabile e per qualche anno l’indebitamento tende progressivamente a ridursi con effetti positivi di cui beneficiano pure i successivi governi Prodi e D’Alema, scendendo al 109%. Meno 12 %, non male. Pare che ci si sia finalmente avviati sul cammino virtuoso del risanamento. L’impressione sembra trovare positiva conferma nel fatto che neanche il secondo Governo Amato, ricicciato dal nulla, riesce ad invertire la tendenza e si scende al 107,5 %. Si arriva al 2001, al secondo governo Berlusconi, il quale, senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, porta l’indebitamento al 105%. Pare un sogno, si possono cominciare a fare dei programmi di sviluppo. Ma la Magistratura incombe, è in agguato, non è d’accordo: se va tutto bene, a quello quando lo cacciamo? E noi che ci siamo impegnati con la Sinistra e la CGIL che figura ci facciamo? Ecco allora che nel 1996 rimettono in sella quello che è riuscito pure a fare consulenze, pagate, a sé stesso, a Roma di uno così dicono che “se ‘a canta e se ‘a sona”, che mediando democraticamente tra ex democristiani spennacchiati e vetero-comunisti impegnati “rilancia” la spesa sociale senza che nessuno ne avverta il beneficio, anzi. Ed ecco due +2,5% consecutivi, seguiti da un altro Craxiano o Amatiano 6% et voilà les jeux sont faits e l’indebitamento torna al 116%. Quando è entrato in carica, l’attuale Governo si è ritrovato non solo un debito di 11 punti superiore a quello che aveva lasciato, ma col carico di una crisi recessiva internazionale che non ha pari dopo quella funesta del 1929. Adesso che fare? Non crescendo il PIL, l’unica manovra possibile è quella sui tagli, per quanto impopolare possa essere, per far si che il rapporto Debito/PIL non cresca ulteriormente. Una ulteriore difficoltà sta nel fatto che mentre la manovra deve essere efficace e rapida nei suoi effetti, non deve essere recessiva perché se nella frazione diminuisce il PIL allora si mette male. Ma tanto male. Poi ci vuole che Sarkozy, tra un bombardamento e l’altro, trovi il tempo con la Merkel e Tremonti, o chi per lui, per dare vita agli Eurobond, come del resto chiesto dalla BCE che in materia è sovrana e non assoggettata alla politica. E’ comprensibile che per francesi e tedeschi sia dura da mandar giù questa, ma o si fa così, o altrimenti lasciamo perdere con questa sceneggiata teatrale che è l’Europa attuale. Allora, caro Nichi, adesso l’hai capito perché le tue domande sono infantili e stupidine? Che significa urlare in TV, nella vostra TV di Stato che noi vi paghiamo e dalla quale insultate la Destra ed il Governo, per chiedere chi ha fatto i debiti? Li avete fatti voi di Sinistra; i Craxi, gli Amato ed i Prodi li hanno fatti. In tre hanno accumulato in 6 anni il 57 % dell’indebitamento complessivo. Senza quei tre staremmo oggi al 62%, ci pensate? Al 62%! Per rendervi conto, tenete presente che per mantenere l’indebitamento invariato al 119 % adesso dobbiamo fare una manovra da 45 miliardi €, mentre se Craxi e soci non fossero mai esistiti avremmo 800 miliardi € in meno sul groppone, quasi l’equivalente di venti volte il valore di questa manovra i cui effetti in tanti temiamo. E li hanno fatti i sindacati sotto l’egida della CGIL questi debiti, con la connivenza di pavidi governi centristi o la copertura di becere compagini sinistrorse per passare stipendi, tredicesime e ferie a quelli che non lavoravano, alle sanguisughe che speculavano sul lavoro dei propri colleghi. Con scioperi di mesi per rinnovare contratti a condizioni capestro. E’ colpa della politica cgiellina del “tutto e subito”, del voler bruciare ogni risorsa per farsi la macchina nuova, senza pensare alle future generazioni. Allora, smetti di soffiare saliva dai tuoi radi incisivi e studiati la storia. Hai minacciato di andartene, ma sei peggio di Amato. Almeno lui ha fatto finta di averlo fatto per alcuni mesi, ma tu manco quello. Allora, te ne vai o no?
In questo clima, il “peso”, che qualcuno chiamava forse più propriamente il “ricatto”, del PSI di Craxi è andato vieppiù aumentando e, per accontentare i socialisti, si è dato luogo ad una vera e propria travolgente valanga dei conti pubblici per una presunta spesa sociale, fatta invece di sprechi, di ladrocini, di clientele, di privilegi che ha sgretolato ogni residua resistenza dei centristi, terrorizzati dalla possibilità di “perdere le elezioni”. E per non perdere le elezioni, alla fine sono diventati più realisti del re, hanno innescato la corsa a chi spendeva di più ed hanno fatto pure peggio di quanto avrebbero potuto fare quelli che gridavano “è ora, è ora, il potere a chi lavora”. Si, ma chi lavorava che il mito era il posto fisso, meglio se pubblico, ed il massimo del compiacimento dei “dipendenti fissi” era di vantarsi di rapinare lo stipendio con l’assenteismo, il menefreghismo ed il rintanarsi nei più oscuri meandri degli uffici, salvo poi in sede di rinnovo del contratto accampare diritti “imprescindibili” non si sa a fronte di quali meriti. Erano ancora tempi di vacche grasse, ma i sindacati, condizionati dall’arroganza e dal dispotismo della CGIL, invece di tutelare i veri interessi dei lavoratori, hanno agito in modo da tutelare solo i propri di interessi, auto-concedendosi privilegi inconcepibili, e difendendo le richieste irragionevoli, demagogiche, pretestuose ed autolesionistiche di quelli che lavoravano, sempre fregandosene di quelli che invece un lavoro non ce l’avevano. Ai quali, con il loro modo di fare, rendevano sempre meno probabile che ne trovassero uno. Invece di indirizzare le risorse verso impieghi produttivi, per creare nuovi posti di lavoro per precari e disoccupati, opportunità a favore delle future generazioni, incentivando e motivando gli imprenditori ad investire sempre di più e meglio inseguendo l’innovazione tecnologica per essere sempre più competitivi in Italia e all’estero, con la perversa regia della CGIL hanno bruciato il tesoro di cui disponevano, per pagare straordinari mai fatti, malattie immaginarie che coprivano debosciatezza ed assenteismo, spesso per coltivare interessi privati e personali. Così, molti impiegati dei Ministeri passavano il tempo a fare la schedina per poi scappare a casa a gestire la propria tabaccheria, il negozietto di elettronica, il botteghino del lotto. Gli insegnanti di sinistra si davano malati od inoltravano ricorsi artificiosi sull’assegnazione delle cattedre, vantandosi poi nei circoli culturali “impegnati” o nelle assemblee sindacali di settore di aver “attuato iniziative per creare spazio per le supplenze” dei non in ruolo, ma in realtà celando dietro a questi la loro voglia di non impegnarsi nell’insegnamento, mirando solo allo stipendio mensile. Con la vergogna che gli stanziamenti dello Stato per la scuola sono sempre stati assorbiti solo dai loro stipendi e dalle spese correnti. Senza dire di quelli che con la colpevole copertura sindacale se ne andavano “in malattia” a fare le acque od i fanghi termali a spese dell’INPS. E dove li mettiamo i rimborsi spese, che loro chiamavano ripianamento delle perdite di gestione, di aziende gonfiate dal clientelismo, contrabbandato per “reperimento delle necessarie risorse umane” come l’Alitalia e le FFSS, che avevano esattamente il doppio dei dipendenti loro necessari, o della Sanità o degli Enti Locali abituati e trattati da bambini cui si danno i soldi per il gelato, poi per il quaderno, poi per la penna, poi per lo zaino, poi per il cinema e così via, anziché responsabilizzarli dicendo loro: “Ecco, questa è la paghetta, fattela bastare”. Hanno abituato gli italiani a ritenere i servizi pubblici “dovuti a prescindere”, senza un coinvolgimento culturale e pecuniario che valesse a far percepire loro il costo per l’erogazione dei servizi stessi, tutti gestiti con deficit paurosi e in modo completamente svincolato da logiche e valori di mercato. Hanno dipinto gli imprenditori, specie quelli medio-piccoli, come sanguisughe, dei poco di buono, degli approfittatori, aizzando ed alimentando un bieco odio di classe. Col risultato di spaventare l’imprenditoria, e non solo quella di casa nostra, ma soprattutto potenziali investitori internazionali: americani, inglesi, giapponesi, tedeschi, francesi, che visto l’andazzo da queste parti, hanno volto lo sguardo altrove. Salvo poi porre in atto scioperi ad oltranza come quelli a sostegno delle richieste delle grandi aziende del Nord che invocavano l’intervento dello Stato quando le cose non filavano per il verso giusto, minacciando di licenziare migliaia di fannulloni, – e magari lo avessero fatto- anziché eventualmente tutelare da nefaste conseguenze l’indotto, per lo più costituito da costellazioni di piccole fabbriche, dove la gente lavorava duro, ma di cui la CGIL s’è n’è sempre fregata. Non si tutelavano i diritti dei lavoratori, bensì i privilegi di molti delinquenti incalliti, mascherati da dipendenti ed intrufolati nei posti di produzione, negli uffici pubblici, negli enti inutili. A cominciare da molti sindacalisti che si son sempre nascosti dietro il loro mandato per andarsene in pensione senza aver mai alzato un dito sul lavoro. E così, l’indebitamento che tra il 1960 ed il 1970 si era mantenuto ad un ottimale 40%, comincia a crescere raggiungendo il limite di guardia del 60 % nel 1975. Per qualche tempo si riesce a tenerlo sotto controllo. Ancora nel 1982, un anno in cui il Paese era euforico per la conquista del terzo titolo mondiale di calcio in Spagna, si manteneva attorno a quella soglia. Ma poi arriva il 1983, Governo di Sinistra, quello del socialista Craxi che avrebbe dovuto portare la classe operaia in paradiso. In effetti qualcosa in paradiso ce lo portò: il debito pubblico. Nel primo anno di legislatura l’indebitamento aumenta del 10 % in una botta sola! Poi a seguire le performance sono + 6%, +4%, e + 6%, per cui a fine 1986 Craxi porta all’86% del PIL un indebitamento che solo tre anni prima stava al 60%. Che bravo! I governi successivi tentano di porre un freno, ma ormai la tempesta scatenata dagli enormi interessi da pagare sul pregresso accumulato trascina la spesa pubblica in una voragine senza fondo. Lo champagne viene stappato a fiumi nel 1991, anno in cui “finalmente” si può festeggiare il superamento di quota 100%. Chi c’era al Governo? Tutti, tranne quelli di Destra, che alcuni benpensanti consideravano appestati, altri fuorilegge. Premier Andreotti, che ormai aveva ogni attenzione per il PCI per non contrariarlo: con lui c’erano il PSI, il PSDI, il PRI ed il PLI. Lo chiamavano Pentapartito, ma è un falso storico, perché in effetti era un esa-partito che contava sull’appoggio, per decenza formalmente solo dall’esterno, del PCI. Nel 1992, fortunatamente il settimo Governo Andreotti -ammazza, meglio di Rambo e Rocky!- va al mare dopo solo 2 mesi dal suo insediamento, per cui c’è spazio per il più intelligente ed illuminato di tutti, un altro socialista, il Dr. Sottile della politica: Giù li ano (per carità, senza apostrofo tra li ed ano) Amato il quale entra di prepotenza nel libro del Guinness dei primati, dove primati va inteso come record, non famiglia degli esseri viventi dai quali secondo Darwin è disceso l’uomo. Infatti, il talentuoso Mickey Mouse della politica italiana, nato a Torino da siciliani, ma cresciuto in Toscana (ma dai, è uno scherzo?) è riuscito nella titanica impresa di far crescere l’indebitamento di un ulteriore 10% in un sol colpo, portandolo al 110% del PIL, il tutto non in un anno come il Primo Craxi, ma in sei mesi! L’anno dopo l’ineffabile e didattico Premier si ripete e raggiunge quota 120 % tra la stupefatta ed incondizionata ammirazione del Paese e del mondo intero che si interroga invidioso: “Ma come fa? Beata l’Italia che ce l’ha”.
Era la stagione di Mani Pulite, il Pastore Molisano ringhiava ed addentava a destra ed a sinistra, anzi no, a sinistra no, però insomma addentava qui e là. Fu allora che il nostro Giù liano, sopravvalutando certe sue tracce di mascolinità, decise che anche lui “le aveva” e cercò di sottrarre le indagini “fai da te” di Mani Pulite all’incombenza di un giustizialista fallito e sanguinario per affidarle alle professionali capacità delle preposte Forze dell’Ordine. L’allora Presidente della Repubblica, Oscarda Bagno, Luigino per gli amici, che da Ministro dell’Interno intascava 100 milioni al mese per tutelare “la sicurezza degli Italiani”, rifiutò di firmare il relativo decreto, per cui Topolino si infuriò, ed indignato rivolse ad una Camera allibita e preoccupata, a microfoni RAI ben aperti, il suo storico discorso di addio, annunciando : “Questa politica italiana non mi merita. Lascio qui e manterrò la mia promessa: non mi vedrete mai più impegnato in politica. La chiudo qui. Ciao, mamma!” Era il 1993. Infatti, nel 1994 Amato (ma da chi? Boh) viene nominato, Governo D’Alema, Presidente dell’Antitrust per tre anni, sino alla sua nomina a Ministro per le Riforme Istituzionali dal 1998 al 1999, prima di dar vita al governo Amato Bis tra il 2000 ed il 2001. E’ stato di parola; questa è la credibilità di quelli della Sinistra che hanno potere di vita o di morte sulla vostra esistenza. E parlano ancora! Nel 1993, il super coerente Amato lascia il campo ad un professionista della finanza, che di politica ne capisce poco o niente, ma i conti li sa fare visto che ha governato la Banca d’Italia :Carlo Azeglio Ciampi. Intervenendo anche con misure strutturali, cioè non solo con delle una tantum per far cassa, pone un freno al disavanzo che smette di crescere attestandosi al livello record del 121%. Ma la sterzata positiva arriva nel 1994 col Primo Berlusconi il quale, da buon imprenditore, dopo essersi messo le mani nei capelli, si siede al tavolo con carta e matita e con perizia e santa pazienza cerca di rimettere a posto i conti. Con misure incisive e non recessive il suo Governo, poi proseguito in modalità tecnica da Dini, dà un‘impostazione che sana il sanabile e per qualche anno l’indebitamento tende progressivamente a ridursi con effetti positivi di cui beneficiano pure i successivi governi Prodi e D’Alema, scendendo al 109%. Meno 12 %, non male. Pare che ci si sia finalmente avviati sul cammino virtuoso del risanamento. L’impressione sembra trovare positiva conferma nel fatto che neanche il secondo Governo Amato, ricicciato dal nulla, riesce ad invertire la tendenza e si scende al 107,5 %. Si arriva al 2001, al secondo governo Berlusconi, il quale, senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, porta l’indebitamento al 105%. Pare un sogno, si possono cominciare a fare dei programmi di sviluppo. Ma la Magistratura incombe, è in agguato, non è d’accordo: se va tutto bene, a quello quando lo cacciamo? E noi che ci siamo impegnati con la Sinistra e la CGIL che figura ci facciamo? Ecco allora che nel 1996 rimettono in sella quello che è riuscito pure a fare consulenze, pagate, a sé stesso, a Roma di uno così dicono che “se ‘a canta e se ‘a sona”, che mediando democraticamente tra ex democristiani spennacchiati e vetero-comunisti impegnati “rilancia” la spesa sociale senza che nessuno ne avverta il beneficio, anzi. Ed ecco due +2,5% consecutivi, seguiti da un altro Craxiano o Amatiano 6% et voilà les jeux sont faits e l’indebitamento torna al 116%. Quando è entrato in carica, l’attuale Governo si è ritrovato non solo un debito di 11 punti superiore a quello che aveva lasciato, ma col carico di una crisi recessiva internazionale che non ha pari dopo quella funesta del 1929. Adesso che fare? Non crescendo il PIL, l’unica manovra possibile è quella sui tagli, per quanto impopolare possa essere, per far si che il rapporto Debito/PIL non cresca ulteriormente. Una ulteriore difficoltà sta nel fatto che mentre la manovra deve essere efficace e rapida nei suoi effetti, non deve essere recessiva perché se nella frazione diminuisce il PIL allora si mette male. Ma tanto male. Poi ci vuole che Sarkozy, tra un bombardamento e l’altro, trovi il tempo con la Merkel e Tremonti, o chi per lui, per dare vita agli Eurobond, come del resto chiesto dalla BCE che in materia è sovrana e non assoggettata alla politica. E’ comprensibile che per francesi e tedeschi sia dura da mandar giù questa, ma o si fa così, o altrimenti lasciamo perdere con questa sceneggiata teatrale che è l’Europa attuale. Allora, caro Nichi, adesso l’hai capito perché le tue domande sono infantili e stupidine? Che significa urlare in TV, nella vostra TV di Stato che noi vi paghiamo e dalla quale insultate la Destra ed il Governo, per chiedere chi ha fatto i debiti? Li avete fatti voi di Sinistra; i Craxi, gli Amato ed i Prodi li hanno fatti. In tre hanno accumulato in 6 anni il 57 % dell’indebitamento complessivo. Senza quei tre staremmo oggi al 62%, ci pensate? Al 62%! Per rendervi conto, tenete presente che per mantenere l’indebitamento invariato al 119 % adesso dobbiamo fare una manovra da 45 miliardi €, mentre se Craxi e soci non fossero mai esistiti avremmo 800 miliardi € in meno sul groppone, quasi l’equivalente di venti volte il valore di questa manovra i cui effetti in tanti temiamo. E li hanno fatti i sindacati sotto l’egida della CGIL questi debiti, con la connivenza di pavidi governi centristi o la copertura di becere compagini sinistrorse per passare stipendi, tredicesime e ferie a quelli che non lavoravano, alle sanguisughe che speculavano sul lavoro dei propri colleghi. Con scioperi di mesi per rinnovare contratti a condizioni capestro. E’ colpa della politica cgiellina del “tutto e subito”, del voler bruciare ogni risorsa per farsi la macchina nuova, senza pensare alle future generazioni. Allora, smetti di soffiare saliva dai tuoi radi incisivi e studiati la storia. Hai minacciato di andartene, ma sei peggio di Amato. Almeno lui ha fatto finta di averlo fatto per alcuni mesi, ma tu manco quello. Allora, te ne vai o no?
Di: Caelsius fonte blog: "questa è la sinistra Italiana"
Come è difficile commentare su questo blog !!!
RispondiEliminaMarshall
Il fatto è che avevano scambiato le casse dello stato per un pozzo di san Patrizio,un pozzo senza fondo.
RispondiEliminaMarshall