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domenica 17 aprile 2011

Il Processo breve NON FARÀ PRESCRIVERE i processi sulla strage di Viareggio, sull'Aquila, sul crack Parmalat...basta con le bugie della Sinistra!

Cerchiamo di fare un po di chiarezza su un provvedimento che ha lasciato troppo spazio alle invenzioni della sinistra.

L'impatto di questa norma è legato a due circostanze: riguarda solo i processi in primo grado che sono stati 125mila nel 2009 e solo gli incensurati che sono il 55% sul totale dei condannati. Quindi i processi penali a rischio diventano circa lo 0,2% mentre ogni anno si prescrivono in media il 5% dei procedimenti penali aperti (466 ogni giorno). Per il disastro di Viareggio con questa nuova norma la prescrizione maturerebbe in 23 anni e 4 mesi, cioè nel 2032. Mentre la prescrizione dell'omicidio colposo plurimo scatterebbe nel 2044.
Analoghe considerazioni vanno fatte anche sull'Aquila: i reati per cui è scattato il processo si prescrivono in 10 anni, aumentabili a 11. Siamo a soli due anni dal terremoto credo ci sia tutto il tempo per portare a termine il processo.


Ma per essere ancora più chiari vi riporto una sintesi dell'intervento del Ministro Alfano che risponde in aula alle accuse della sinistra sul cosiddetto "processo breve". Un intervento molto preciso che smentisce una ad una tutte le accuse dell'opposizione.

1. I dati
In Italia si prescrivono, in media, ogni anno circa 170.000 procedimenti penali, 466 al giorno.
Attualmente, in Italia i processi penali durano, in media, 317 giorni in primo grado, 738 giorni in Corte d’appello e 204 giorni in Cassazione: dunque, un processo attraversa i tre gradi di giudizio in 1.259 giorni, ossia in tre anni e cinque mesi.
A questi tempi processuali vanno sommati i tempi delle indagini che durano, sempre in media, circa 400 giorni. In primo grado, con il rito monocratico, il 46% dei processi viene celebrato in meno di sei mesi, il 19% tra sei mesi e un anno, il 18% tra un anno e due anni e, infine, il 17% in oltre due anni.
Con il rito collegiale, dove si trattano i processi più gravi, le classi di durata si rallentano leggermente con il 36% dei processi celebrati entro sei mesi ed il 23% in oltre due anni.

2. L’impatto della norma
Ai fini della corretta valutazione di impatto della norma in discussione, che modifica i termini della prescrizione, occorre tenere conto di due circostanze:
- essa riguarda solo i processi di primo grado. Le prescrizioni in primo grado sono state circa 125.000 nel 2009;
- il beneficio riguarda solo gli imputati incensurati, che in base ai dati del casellario giudiziario sono in media il 55% sul totale dei condannati.
Se si applicano queste considerazioni alla stima di impatto quantitativa che è circolata in questi giorni, allora è corretto dire che i processi penali a rischio diventano circa lo 0,2%, mentre ogni anno si prescrivono in media il 5% dei procedimenti totali aperti, che sono attualmente 3.290.000 in tutti i gradi di giudizio.
Sempre sul dato delle prescrizioni si osservi come circa 100.000 prescrizioni annuali avvengano già in fase di indagini preliminari con richiesta al GIP. La maggior parte delle prescrizioni si consuma già in fase di indagini, ancor prima del dibattimento, per una selezione di gravità dei reati operata dai pubblici ministeri. Sulla base di questa prassi sono i processi meno importanti che vengono lasciati indietro.
3. La vera questione
La domanda concreta dovrebbe essere un’altra: quanti, tra questi processi a rischio prescrizione, la quotidiana esperienza giudiziaria insegna che pochi di questi processi giungerebbero all’ultimo grado di giudizio. In realtà anche quei pochi che fossero riusciti a superare la barriera del primo grado, sarebbero andati incontro alla prescrizione nei successivi gradi di giudizio e questo anche in considerazione della durata media del processo di appello, che è più del doppio rispetto a quella di primo grado.
In questi giorni sono state diffuse informazioni terroristiche relative all’impatto di questa norma. Mi riferisco specificamente alla strage di Viareggio e de L’Aquila. Il disastro di Viareggio avvenne nel giugno 2009. L’autorità giudiziaria sta procedendo per reati gravissimi, come l’omicidio colposo plurimo e il disastro ferroviario, puniti con pene molto severe e che si prescriveranno in un tempo lontanissimo. Ebbene, se la norma all’esame del Parlamento fosse approvata, la prescrizione del disastro ferroviario di Viareggio maturerebbe in 23 anni e quattro mesi, quindi nel 2032, e la prescrizione dell’omicidio colposo plurimo addirittura dopo, fino a un massimo di 35 anni dai fatti, quindi nel 2044.
Analoghe considerazioni possono farsi sul disastro de L’Aquila, se è vero che il termine di prescrizione ordinaria è di 10 anni, aumentabile ad 11, anzi specificamente 11 anni ed otto mesi. A soli due anni dalla tragedia del sisma abruzzese credo vi sia tutto il tempo per definire il giudizio. Peraltro il termine di prescrizione si ridurrebbe di soli dieci mesi.
Poichè la norma tocca solo la posizione degli incensurati e non anche quella dei recidivi, non riguarda i termini di prescrizione dei reati, che restano invariati, ma riguarda il surplus di durata del processo determinato dai cosiddetti atti interruttivi della prescrizione, che si riduce mediamente di qualche mese.
Ad esempio per le truffe, per l’aggiotaggio e per il market abuse, si passerebbe dall’attuale tetto massimo di 7 anni e sei mesi a 7 anni; per reati più gravi, come la bancarotta fraudolenta, il furto pluriaggravato, la rapina semplice, l’usura e la violenza sessuale, si passerebbe dagli attuali 12 anni e sei mesi a poco più di 11 anni e sei mesi; per la bancarotta fraudolenta ed aggravata (il caso Parmalat) si passerebbe dai 18 anni e nove mesi a 17 anni e sei mesi; per le lesioni volontarie (il caso Clinica Santa Rita) si passerebbe da 8 anni e nove mesi a 8 anni e due mesi.
Anche per i reati contro la pubblica amministrazione il surplus di durata del processo nei confronti degli incensurati viene ridotto di pochi mesi: di sei mesi per il reato di corruzione (da 7 anni e sei mesi a 7 anni) e di otto mesi per la corruzione in atti giudiziari (da 10 anni a 9 anni e quattro mesi). Per reati di particolare allarme sociale, come l’omicidio colposo commesso in violazione di norme sulla circolazione stradale e sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, si passerebbe da 17 anni e sei mesi a 16 anni e quattro mesi, che diventano addirittura 23 anni e quattro mesi, se il fatto è commesso da chi guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
In definitiva, il regime della prescrizione resta quello introdotto nel 2005. La nuova norma, dunque, si limita a completare la riforma del 2005 per differenziare la posizione dell’imputato incensurato da quella del recidivo.
Se poi il reato, invece di prescriversi in dieci anni - mi riferisco a quello cui ha più volte ha alluso l’opposizione - si prescriverà in nove anni e quattro mesi, occorrerebbe piuttosto domandarsi come mai in un tempo così lungo non si sia ancora arrivati nemmeno a una sentenza di primo grado.

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