Non so a voi, ma a me quello che stiamo facendo in Libia mi convince poco e mi
piace di meno, anzi non mi piace per niente. E dico subito, in modo chiaro,
senza peli sulla lingua, né oziosi giri di parole che, se fosse stato per me, l’
Italia non avrebbe né firmato le 2 Risoluzioni dell’ONU, né tanto meno
concesso l’uso delle basi per l’attacco a quel Paese. Dal mio defilato punto di
osservazione noto che negli USA i Repubblicani si son mostrati contrari all’
intervento sin dalla prima ora, mentre i Democratici erano incerti, titubanti,
parzialmente possibilisti. Ma appena è apparso chiaro a tutti di come stanno
realmente le cose, ecco che anche il partito del Presidente si è defilato, e
addirittura hanno preso le distanze da lui il New York Times ed il Washington
Post, i cui redattori hanno l’effigie di Barack Obama e slogan in suo favore
stampati sulla biancheria intima. Al confronto Emilio Fede fa la figura di un
ingenuo dilettante….Il Presidente è rimasto solo, vaso di coccio tra quelli di
ferro costituiti dall’opinione pubblica americana, assolutamente schierata
contro ogni ulteriore coinvolgimento USA in missioni di guerra “umanitarie”, ed
i suoi alleati Nato, che invece hanno spinto, anche se in modo molto
disordinato, per “salvare” la Libia dalla “follia sanguinaria” di Gheddafi.
Per non dispiacere gli alleati, Obama ha rischiato di ritrovarsi pure con l’
accusa di aver violato la Costituzione, che impedisce al Presidente di
implementare atti di guerra senza il preventivo consenso del Congresso, a meno
di un attacco diretto al Paese. Neanche dopo il proditorio ed esecrabile
attacco subito a Pearl Harbour il 7 dicembre del 1941, con cui fu distrutta l’
intera flotta del Pacifico ed uccisi 3000 giovani americani, l’allora
presidente Roosevelt si azzardò a dichiarare guerra al Giappone senza l’
appoggio del Congresso. E non mi pare che, pur con tutte le nefandezze di cui
può essersi reso protagonista, il Colonnello possa averne combinata una peggio
di quella agli Stati Uniti, tanto da giustificarne un attacco di ritorsione.
Siamo di fronte al fatto che, per la prima volta nella storia moderna, gli
Stati Uniti hanno rinunciato ad assumere quel ruolo di “gendarme del mondo” che
sempre hanno rivendicato in ogni crisi internazionale grave, dalla guerra in
Corea all’Afghanistan, da Cuba, al Vietnam ed all’Iraq. Se è successo, un
motivo ci dovrà pure essere. Io sono l’ultima al mondo a poter sparare
sentenze: non ho né l’esperienza, né l’autorevolezza per farlo. Ma so guardarmi
intorno e valutare quello che vedo. E allora vedo una serie di fatti che mi
fanno pensare: che il primo bombardamento francese è avvenuto a pochi minuti,
non ad ore, dalla delibera delle Nazioni Unite; che in Libia era in corso un
regolamento di conti tra il Colonnello e due ex ministri del suo governo; che
nei mesi scorsi strani personaggi dell’intelligence francese si affannavano a
rassicurare esponenti della Cirenaica circa l’appoggio internazionale in caso
di rivolta contro Gheddafi; che queste manovre avevano interferito con le
attività dell’Eni e di Impregilo in quel Paese; che la Total da sempre sogna di
entrare nel ricco mercato del Maghreb che è il giardino sottocasa quasi
esclusivo dell’Italia……Io non so molto della Libia. Giusto cent’anni fa, nel
1911, in Italia si cantava “Tripoli bel suol d’amor….”, ma io sono arrivata
tardi a quell’appuntamento, 83 anni dopo, ed ho ufficialmente acquisito l’uso
della ragione solo dieci anni fa. Però qualcosa so e quel poco che conosco può
aiutarmi a capire. La Libia, come molti stati africani, nasce sulla carta con
una determinazione delle Nazioni Unite che, con un trattato del 1947, riunifica
in un solo Paese la Cirenaica, la Tripolitania ed il Fezzan. Sulla carta, senza
la minima considerazione delle conseguenze che questa decisione, presa sulla
pelle e senza nessun consenso di quelli che la subivano, avrebbe potuto
comportare. Nel 1951, la Libia si affranca dall’amministrazione francese ed
inglese ed acquisisce l’indipendenza sotto la monarchia costituzionale
ereditaria di re Idris. Nel 1969, con un sanguinoso colpo di stato militare, il
colonnello Gheddafi esautora re Idris, prende il potere e fa quello che tutti i
dittatori fanno: assume il controllo economico e politico del Paese. Ammette un
unico partito, il suo, controlla gli organi di stampa, la radio, la TV, le
banche, l’economia ed i flussi commerciali, traendone benefici personali e per
i suoi collaboratori più fidati. Aumenta le spese militari, crea un corpo di
polizia segreta, con spie e collaboratori a controllare tutto e tutti,
assoggetta i tribunali alla sua politica, non dà tregua a dissenzienti ed
oppositori che cerca di isolare od eliminare. Ma questo tutti lo sapevano, e
nessuno ha mai sollevato proteste contro questo stato di fatto. Preso da smanie
di grandezza, dapprima Gheddafi tenta di creare una nazione Pan-Araba che
comprendesse tutti gli stati dall’Egitto al Marocco, ovviamente con lui
presidente, poi la sua deriva rivoluzionaria lo porterà su posizioni
oltranziste contro l’Occidente, contigue al terrorismo islamico. Nel 1986 spara
un paio di missili verso Lampedusa e per ritorsione viene bombardato dai
caccia USA (crisi del Golfo della Sirte). Gli aerei USAF tentarono addirittura
il colpaccio di eliminare il dittatore colpendone la tenda nel deserto.
Purtroppo, quell’incursione fece una vittima innocente, l’incolpevole figlia
del Colonnello, il quale invece si salvò. Allora circolarono voci che fu
Bettino Craxi ad avvisarlo dell’imminente attacco, guadagnandosi così l’eterna
riconoscenza del Raiss. Ma di questo fatto non ho la possibilità di trovare
conferme, almeno sino a quando il senatore a vita Giulio Andreotti rifiuterà di
concedermi udienza per mettermi a parte dei suoi segreti. Nel suo delirio
antioccidentale, Gheddafi organizzò e sostenne l’attentato del 1988 a
Lockerbie, Scozia, dove un aereo di linea della Pan-Am fu abbattuto da un
missile terrorista causando la morte delle 270 persone innocenti che erano a
bordo. Il fatto suscitò enorme impressione ed unanime condanna e l’ONU decise
di imporre alla Libia l’embargo delle merci, poi mantenuto sino alla consegna
dei responsabili (1999) ed alla assunzione della piena responsabilità civile
nei confronti delle vittime (2003). Ora dico io, se c’era un momento in cui
uno poteva e doveva attaccare la Libia per fare un’azione tipo Desert Storm per
catturare, processare, ammazzare, fate voi, il Colonnello era quello!! Ma
niente, tutti buoni e tutti zitti. Poi succede che, come Saul sulla strada di
Damasco, improvvisamente il Colonnello viene folgorato da una intuizione e si
ravvede. Ed a partire dalla seconda metà degli anni ’90 si impegna in un lento,
ma continuo processo di recupero di posizioni e di riavvicinamento all’
Occidente. In questa fase è decisivo l’atteggiamento dell’Italia che fornisce a
Gheddafi una sorta di “copertura”, una patente di credibilità che garantisce
gli alleati europei e la Nato circa la sincerità e la bontà degli intendimenti
del Governo libico. Gheddafi comincia a dimostrare la sua buona volontà nel
risolvere il contenzioso col nostro Paese. La questione è nota: il Colonnello
rivendicava un astruso risarcimento dei danni di guerra causati dall’Italia
alla Libia durante la fase coloniale. Ora su questo aveva qualche ragione,
perchè il contenzioso era stato formalmente chiuso in sede ONU nel 1950, ma in
modo non certo vantaggioso per la Libia. Ma anche ciò considerando, le sue
pretese erano pretestuose ed irragionevoli. Tra l’altro, a differenza di altri
paesi come la Francia, l’Inghilterra, l’Olanda, la Germania che hanno attuato
un colonialismo ”feroce” con il saccheggio, la spoliazione sistematica, la dura
sottomissione delle proprie colonie, il colonialismo italiano in Libia è stato,
se non all’acqua di rose, quanto meno molto “sui generis”. Quel Paese è sempre
stato considerato una naturale continuazione del territorio italiano, l’altra
sponda del Mare Nostrum, e come tale trattato. Là abbiamo investito molto ed in
tutti i modi: strade, ospedali, scuole, interi quartieri residenziali di
Tripoli ad immagine e somiglianza di quelli realizzati a Roma, abbiamo
bonificato, abbiamo strappato regioni al deserto portandovi l’acqua ed avviando
la pratica di remunerative attività agricole. Quindi se si doveva soppesare il
comportamento dell’Italia andava fatto considerando i due piatti della
bilancia. Un’improvvisa quanto inaspettata ragionevolezza mostrata dal
Colonnello portò al trattato Dini-Mountasser del 1998. Per accelerare la
riconciliazione tra i due paesi si concordò persino di attuare un gesto
piccolo, ma di grande valore simbolico : la costruzione di un ospedale
oncologico in Libia completamente finanziato dall’Italia. A seguito di varie
iniziative bilaterali per la cooperazione economica e culturale, finalmente nel
2004 Gheddafi dichiara che da allora in poi il 7 ottobre di ogni anno sarebbe
stato non più il Giorno della Vendetta, ma il Giorno dell’Amicizia con l’
Italia. Poi il resto è storia recente. Col trattato di Bengasi del 2008 si
creano i presupposti per importanti contratti per la fornitura di gas e
petrolio (ENI), per la costruzione di grandi manufatti (Impregilo), un compenso
di 5 miliardi $ per le operazioni di controllo e filtraggio dell’immigrazione
clandestina, la possibilità di avviare cooperative di pesca italo-libiche, ed
altre iniziative proiettate nel futuro. Nel 2009 Berlusconi e Gheddafi si sono
scambiati visite di stato, addirittura poi il Colonnello ha partecipato al G8
dell’Aquila come presidente dell’Unione Africana. E c’erano tutti là, quelli
che adesso bombardano, ma tutti zitti. In tutto questo a nessuno è mai venuto
in mente di porre la questione dei diritti civili in Libia, nonostante le
proteste sollevate da molte parti e le dure contestazioni cui è stato
sottoposto il Colonnello durante le sue permanenze nel nostro Paese. Basti
ricordare la cagnara con cui gli studenti lo accolsero all’Università La
Sapienza di Roma, tra i quali, accodandosi a fratello e sorella, si era
infiltrata anche la sottoscritta, seconda ginnasio… Ma non ditelo in giro….
Quante occasioni ci sono state per parlare a quattr’occhi con Gheddafi? Tante,
ma è sempre prevalso un atteggiamento che loro definiscono pragmatico, io
invece opportunista e faccendiero, secondo il principio che gli affari si fanno
meglio e più rapidamente se l’interlocutore è uno solo, e “chi se ne frega poi
di quello che fa a casa sua”. C’era la possibilità di fare un bel pacchetto di
tutti i problemi aperti con la Libia e risolverli tutti insieme quando il
nostro potere contrattuale era forte, quando avevamo il coltello dalla parte
del manico. Si sapeva che la Libia è solo un’espressione geografica, che in
realtà tre Paesi distinti erano tenuti insieme con la forza ed il terrore.
Tutti sapevano che prima o poi si sarebbe ripetuta la Jugoslavia, che non
sempre gli eventi hanno la bontà di attendere la morte del dittatore, in quel
caso il Maresciallo Tito, per scatenarsi. Potevamo noi per primi, dico noi
italiani, proporci per un’iniziativa di mediazione, magari prospettando la
creazione di una federazione di tre stati con ampia autonomia, una soluzione
che poteva essere accettabile ed utile nell’ottica di evitare una sanguinosa
faida di potere. Una soluzione inevitabile che, almeno per il momento, avrebbe
fatto contenti Cirenaica e Fazzan, e non scontentato troppo Gheddafi. Niente.
Ora in Libia è semplicemente successo che si è scatenata una guerra civile da
sempre latente in quella regione del Maghreb. E’ successo che due ex ministri
del Governo libico, pienamente coinvolti in tutte le nefandezze e le atrocità
perpetrate da quel regime, e con le mani non meno macchiate di sangue di quelle
del Colonnello, abbiano deciso di mettersi in proprio, di abbandonare il loro
ex datore di lavoro, di sputare nel piatto in cui hanno mangiato per cavalcare
la tigre del separatismo cirenaico. Si sono preparati la strada, hanno ricevuto
appoggi ed incoraggiamenti a livello internazionale, ed hanno colto l’occasione
di una spontanea protesta popolare a favore dell’avvocato dei dissidenti per
scatenare l’inferno. Se ora a Gheddafi gli sparano addosso, io non mi
meraviglio troppo della sua reazione. Se noi cominciamo a bombardarlo e con una
disastrosa condotta mediatica ed un demoralizzante pressappochismo diplomatico
gli mandiamo a dire che lo vogliamo prendere, lo vogliamo processare, meglio
ancora se ci riusciamo lo vogliamo ammazzare, e che la Libia la vogliamo dare
ad altri, come volete che reagisca quello? Ma i francesi non aspettavano altro
e si sono scatenati in attacchi criminali con la connivenza della NATO. Si,
criminali, perché se insistono a dire che lo fanno per “scopi umanitari” e per
ristabilire i diritti civili della gente di Libia, allora con la stessa logica,
le stesse argomentazioni e gli stessi obiettivi mi aspetto che da qui a qualche
ora Sarkozy attacchi la Cina, l’Iran, la Corea del Nord, l’Arabia Saudita, l’
Oman, lo Yemen, il Burma, il Brunei, l’Indonesia, il Sudan, la Siria, nonché il
Texas, lo Utah e gli altri stati USA che si rifiutano di abolire la pena di
morte. E pure l’Austria e la Repubblica di S. Marino che non hanno ancora
provveduto a regolarizzare i propri rapporti diplomatici dalla fine del
conflitto del 1915-18. Di fatto, con l’intervento ci siamo schierati contro
Gheddafi, ma non per liberare il popolo libico dalla dittatura, ma solo per
consegnarlo ad un’altra dittatura, che magari è pure peggio di quell’altra, e
non prima di avere seminato morte e distruzione ed aver sconquassato l’ordine
sociale del Paese. Li sento i piagnistei, le scuse, i distinguo, le ipocrisie
pure di quelli che fanno la marcia ad Assisi portandosi dietro la TV di stato:
“ma Gheddafi fa sfracelli tra la popolazione civile……lo dobbiamo fermare,
salvare la vita di tanti innocenti….” E’ risaputo che una precauzione da sempre
scrupolosamente seguita da tutti i dittatori degni di questo nome è quella di
porre gli obiettivi sensibili il più possibile in aree affollate dei centri
abitati, in mezzo alla popolazione. Questo è un formidabile deterrente contro
gli attacchi esterni, per condurre i quali si devono mettere in conto gravi
perdite tra civili inermi ed innocenti. Le bombe ed i proiettili sparati dagli
“insorti” non fanno meno danni di quelli sparati dai “regolari”. E le bombe dei
francesi, quando scoppiano fanno stragi di civili. Questa è l’ennesima guerra
criminale ipocritamente definita giusta, santa, umanitaria!!! La verità è che
le guerre sono tutte ingiuste, stragiste e disumane, specialmente quelle
attuate alla Play Station con gli aerei invisibili ai radar, con i missili
Cruise intelligenti pilotati in automatico con controllo satellitare, senza una
doverosa e preventiva protezione delle popolazioni civili e scrutando gli
effetti dei bombardamenti su maxi-monitor, mentre si sorseggiano coppe di
champagne millesimato, rigorosamente servito a non più di 5,8 gradi Celsius.
Diverso è quello che fanno i nostri ragazzi in Iraq ed Afghanistan. Lì stanno
in mezzo alla gente dalla quale sono benvoluti. I nostri Carabinieri, gli
alpini della Julia, i nostri soldati agiscono a favore e nell’interesse della
popolazione civile. Pattugliano le strade, cercano di proteggere le scuole, i
mercati, le moschee, gli uffici, erigono ospedali dove curano ed operano tutti
quelli che possono. A rischio costante della propria vita come le cronache ci
hanno purtroppo troppe volte ricordato. Lì si offre la propria vita per salvare
quella di gente che manco si conosce. La guerra in Libia serve solo a
sostituire l’Agip con la Total. Bene ha fatto Berlusconi a tenersi da parte, a
riservarsi la possibilità di un intervento di mediazione. Ma vedrete, che gli
scipperanno pure quello e temo che l’Italia abbia già comunque perso su tutti i
fronti. Spero di sbagliarmi, Dio solo sa quanto vorrei essere smentita dai
fatti, ma temo che ormai sia tutto compromesso. Per gli alleati saremo i soliti
opportunisti che danno un colpo al cerchio e l’altro alla botte; che si, è
vero, abbiamo concesso le basi, ma poi non ci siamo coinvolti, per tutelare i
nostri “squallidi e meschini” interessi commerciali in quell’area. Per Gheddafi
siamo e saremo quelli che lo hanno tradito. Per gli sceriffi della cirenaica
saremo quei maledetti che stavano col Colonnello e con lui facevano sporchi
affari alle spalle del popolo libico, strumentalizzando e traendo vantaggio
dalla dittatura imposta dal Raiss. Adesso cosa volete che succeda? Sarà
convocata una conferenza internazionale sotto l’egida dell’ONU e della Lega
Araba cui l’Italia non sarà invitata a partecipare, Gheddafi rimarrà al suo
posto, nella migliore delle ipotesi si creeranno nella regione due o tre stati,
inglesi e francesi si installeranno là accolti come amici, noi faremo
aeroplanini con i fogli dei nostri accordi commerciali con la Libia. Beh, io me
lo sentivo che i francesi prima o poi ci avrebbero fatto scontare di avergli
propinato una “first lady”, pardon, “une premiere dame” come Carla Bruni….Sono
veramente sconsolata. Spero almeno che questa brutta storia finisca presto,
limitando per quanto possibile le sofferenze ed i lutti dell’incolpevole popolo
libico.
piace di meno, anzi non mi piace per niente. E dico subito, in modo chiaro,
senza peli sulla lingua, né oziosi giri di parole che, se fosse stato per me, l’
Italia non avrebbe né firmato le 2 Risoluzioni dell’ONU, né tanto meno
concesso l’uso delle basi per l’attacco a quel Paese. Dal mio defilato punto di
osservazione noto che negli USA i Repubblicani si son mostrati contrari all’
intervento sin dalla prima ora, mentre i Democratici erano incerti, titubanti,
parzialmente possibilisti. Ma appena è apparso chiaro a tutti di come stanno
realmente le cose, ecco che anche il partito del Presidente si è defilato, e
addirittura hanno preso le distanze da lui il New York Times ed il Washington
Post, i cui redattori hanno l’effigie di Barack Obama e slogan in suo favore
stampati sulla biancheria intima. Al confronto Emilio Fede fa la figura di un
ingenuo dilettante….Il Presidente è rimasto solo, vaso di coccio tra quelli di
ferro costituiti dall’opinione pubblica americana, assolutamente schierata
contro ogni ulteriore coinvolgimento USA in missioni di guerra “umanitarie”, ed
i suoi alleati Nato, che invece hanno spinto, anche se in modo molto
disordinato, per “salvare” la Libia dalla “follia sanguinaria” di Gheddafi.
Per non dispiacere gli alleati, Obama ha rischiato di ritrovarsi pure con l’
accusa di aver violato la Costituzione, che impedisce al Presidente di
implementare atti di guerra senza il preventivo consenso del Congresso, a meno
di un attacco diretto al Paese. Neanche dopo il proditorio ed esecrabile
attacco subito a Pearl Harbour il 7 dicembre del 1941, con cui fu distrutta l’
intera flotta del Pacifico ed uccisi 3000 giovani americani, l’allora
presidente Roosevelt si azzardò a dichiarare guerra al Giappone senza l’
appoggio del Congresso. E non mi pare che, pur con tutte le nefandezze di cui
può essersi reso protagonista, il Colonnello possa averne combinata una peggio
di quella agli Stati Uniti, tanto da giustificarne un attacco di ritorsione.
Siamo di fronte al fatto che, per la prima volta nella storia moderna, gli
Stati Uniti hanno rinunciato ad assumere quel ruolo di “gendarme del mondo” che
sempre hanno rivendicato in ogni crisi internazionale grave, dalla guerra in
Corea all’Afghanistan, da Cuba, al Vietnam ed all’Iraq. Se è successo, un
motivo ci dovrà pure essere. Io sono l’ultima al mondo a poter sparare
sentenze: non ho né l’esperienza, né l’autorevolezza per farlo. Ma so guardarmi
intorno e valutare quello che vedo. E allora vedo una serie di fatti che mi
fanno pensare: che il primo bombardamento francese è avvenuto a pochi minuti,
non ad ore, dalla delibera delle Nazioni Unite; che in Libia era in corso un
regolamento di conti tra il Colonnello e due ex ministri del suo governo; che
nei mesi scorsi strani personaggi dell’intelligence francese si affannavano a
rassicurare esponenti della Cirenaica circa l’appoggio internazionale in caso
di rivolta contro Gheddafi; che queste manovre avevano interferito con le
attività dell’Eni e di Impregilo in quel Paese; che la Total da sempre sogna di
entrare nel ricco mercato del Maghreb che è il giardino sottocasa quasi
esclusivo dell’Italia……Io non so molto della Libia. Giusto cent’anni fa, nel
1911, in Italia si cantava “Tripoli bel suol d’amor….”, ma io sono arrivata
tardi a quell’appuntamento, 83 anni dopo, ed ho ufficialmente acquisito l’uso
della ragione solo dieci anni fa. Però qualcosa so e quel poco che conosco può
aiutarmi a capire. La Libia, come molti stati africani, nasce sulla carta con
una determinazione delle Nazioni Unite che, con un trattato del 1947, riunifica
in un solo Paese la Cirenaica, la Tripolitania ed il Fezzan. Sulla carta, senza
la minima considerazione delle conseguenze che questa decisione, presa sulla
pelle e senza nessun consenso di quelli che la subivano, avrebbe potuto
comportare. Nel 1951, la Libia si affranca dall’amministrazione francese ed
inglese ed acquisisce l’indipendenza sotto la monarchia costituzionale
ereditaria di re Idris. Nel 1969, con un sanguinoso colpo di stato militare, il
colonnello Gheddafi esautora re Idris, prende il potere e fa quello che tutti i
dittatori fanno: assume il controllo economico e politico del Paese. Ammette un
unico partito, il suo, controlla gli organi di stampa, la radio, la TV, le
banche, l’economia ed i flussi commerciali, traendone benefici personali e per
i suoi collaboratori più fidati. Aumenta le spese militari, crea un corpo di
polizia segreta, con spie e collaboratori a controllare tutto e tutti,
assoggetta i tribunali alla sua politica, non dà tregua a dissenzienti ed
oppositori che cerca di isolare od eliminare. Ma questo tutti lo sapevano, e
nessuno ha mai sollevato proteste contro questo stato di fatto. Preso da smanie
di grandezza, dapprima Gheddafi tenta di creare una nazione Pan-Araba che
comprendesse tutti gli stati dall’Egitto al Marocco, ovviamente con lui
presidente, poi la sua deriva rivoluzionaria lo porterà su posizioni
oltranziste contro l’Occidente, contigue al terrorismo islamico. Nel 1986 spara
un paio di missili verso Lampedusa e per ritorsione viene bombardato dai
caccia USA (crisi del Golfo della Sirte). Gli aerei USAF tentarono addirittura
il colpaccio di eliminare il dittatore colpendone la tenda nel deserto.
Purtroppo, quell’incursione fece una vittima innocente, l’incolpevole figlia
del Colonnello, il quale invece si salvò. Allora circolarono voci che fu
Bettino Craxi ad avvisarlo dell’imminente attacco, guadagnandosi così l’eterna
riconoscenza del Raiss. Ma di questo fatto non ho la possibilità di trovare
conferme, almeno sino a quando il senatore a vita Giulio Andreotti rifiuterà di
concedermi udienza per mettermi a parte dei suoi segreti. Nel suo delirio
antioccidentale, Gheddafi organizzò e sostenne l’attentato del 1988 a
Lockerbie, Scozia, dove un aereo di linea della Pan-Am fu abbattuto da un
missile terrorista causando la morte delle 270 persone innocenti che erano a
bordo. Il fatto suscitò enorme impressione ed unanime condanna e l’ONU decise
di imporre alla Libia l’embargo delle merci, poi mantenuto sino alla consegna
dei responsabili (1999) ed alla assunzione della piena responsabilità civile
nei confronti delle vittime (2003). Ora dico io, se c’era un momento in cui
uno poteva e doveva attaccare la Libia per fare un’azione tipo Desert Storm per
catturare, processare, ammazzare, fate voi, il Colonnello era quello!! Ma
niente, tutti buoni e tutti zitti. Poi succede che, come Saul sulla strada di
Damasco, improvvisamente il Colonnello viene folgorato da una intuizione e si
ravvede. Ed a partire dalla seconda metà degli anni ’90 si impegna in un lento,
ma continuo processo di recupero di posizioni e di riavvicinamento all’
Occidente. In questa fase è decisivo l’atteggiamento dell’Italia che fornisce a
Gheddafi una sorta di “copertura”, una patente di credibilità che garantisce
gli alleati europei e la Nato circa la sincerità e la bontà degli intendimenti
del Governo libico. Gheddafi comincia a dimostrare la sua buona volontà nel
risolvere il contenzioso col nostro Paese. La questione è nota: il Colonnello
rivendicava un astruso risarcimento dei danni di guerra causati dall’Italia
alla Libia durante la fase coloniale. Ora su questo aveva qualche ragione,
perchè il contenzioso era stato formalmente chiuso in sede ONU nel 1950, ma in
modo non certo vantaggioso per la Libia. Ma anche ciò considerando, le sue
pretese erano pretestuose ed irragionevoli. Tra l’altro, a differenza di altri
paesi come la Francia, l’Inghilterra, l’Olanda, la Germania che hanno attuato
un colonialismo ”feroce” con il saccheggio, la spoliazione sistematica, la dura
sottomissione delle proprie colonie, il colonialismo italiano in Libia è stato,
se non all’acqua di rose, quanto meno molto “sui generis”. Quel Paese è sempre
stato considerato una naturale continuazione del territorio italiano, l’altra
sponda del Mare Nostrum, e come tale trattato. Là abbiamo investito molto ed in
tutti i modi: strade, ospedali, scuole, interi quartieri residenziali di
Tripoli ad immagine e somiglianza di quelli realizzati a Roma, abbiamo
bonificato, abbiamo strappato regioni al deserto portandovi l’acqua ed avviando
la pratica di remunerative attività agricole. Quindi se si doveva soppesare il
comportamento dell’Italia andava fatto considerando i due piatti della
bilancia. Un’improvvisa quanto inaspettata ragionevolezza mostrata dal
Colonnello portò al trattato Dini-Mountasser del 1998. Per accelerare la
riconciliazione tra i due paesi si concordò persino di attuare un gesto
piccolo, ma di grande valore simbolico : la costruzione di un ospedale
oncologico in Libia completamente finanziato dall’Italia. A seguito di varie
iniziative bilaterali per la cooperazione economica e culturale, finalmente nel
2004 Gheddafi dichiara che da allora in poi il 7 ottobre di ogni anno sarebbe
stato non più il Giorno della Vendetta, ma il Giorno dell’Amicizia con l’
Italia. Poi il resto è storia recente. Col trattato di Bengasi del 2008 si
creano i presupposti per importanti contratti per la fornitura di gas e
petrolio (ENI), per la costruzione di grandi manufatti (Impregilo), un compenso
di 5 miliardi $ per le operazioni di controllo e filtraggio dell’immigrazione
clandestina, la possibilità di avviare cooperative di pesca italo-libiche, ed
altre iniziative proiettate nel futuro. Nel 2009 Berlusconi e Gheddafi si sono
scambiati visite di stato, addirittura poi il Colonnello ha partecipato al G8
dell’Aquila come presidente dell’Unione Africana. E c’erano tutti là, quelli
che adesso bombardano, ma tutti zitti. In tutto questo a nessuno è mai venuto
in mente di porre la questione dei diritti civili in Libia, nonostante le
proteste sollevate da molte parti e le dure contestazioni cui è stato
sottoposto il Colonnello durante le sue permanenze nel nostro Paese. Basti
ricordare la cagnara con cui gli studenti lo accolsero all’Università La
Sapienza di Roma, tra i quali, accodandosi a fratello e sorella, si era
infiltrata anche la sottoscritta, seconda ginnasio… Ma non ditelo in giro….
Quante occasioni ci sono state per parlare a quattr’occhi con Gheddafi? Tante,
ma è sempre prevalso un atteggiamento che loro definiscono pragmatico, io
invece opportunista e faccendiero, secondo il principio che gli affari si fanno
meglio e più rapidamente se l’interlocutore è uno solo, e “chi se ne frega poi
di quello che fa a casa sua”. C’era la possibilità di fare un bel pacchetto di
tutti i problemi aperti con la Libia e risolverli tutti insieme quando il
nostro potere contrattuale era forte, quando avevamo il coltello dalla parte
del manico. Si sapeva che la Libia è solo un’espressione geografica, che in
realtà tre Paesi distinti erano tenuti insieme con la forza ed il terrore.
Tutti sapevano che prima o poi si sarebbe ripetuta la Jugoslavia, che non
sempre gli eventi hanno la bontà di attendere la morte del dittatore, in quel
caso il Maresciallo Tito, per scatenarsi. Potevamo noi per primi, dico noi
italiani, proporci per un’iniziativa di mediazione, magari prospettando la
creazione di una federazione di tre stati con ampia autonomia, una soluzione
che poteva essere accettabile ed utile nell’ottica di evitare una sanguinosa
faida di potere. Una soluzione inevitabile che, almeno per il momento, avrebbe
fatto contenti Cirenaica e Fazzan, e non scontentato troppo Gheddafi. Niente.
Ora in Libia è semplicemente successo che si è scatenata una guerra civile da
sempre latente in quella regione del Maghreb. E’ successo che due ex ministri
del Governo libico, pienamente coinvolti in tutte le nefandezze e le atrocità
perpetrate da quel regime, e con le mani non meno macchiate di sangue di quelle
del Colonnello, abbiano deciso di mettersi in proprio, di abbandonare il loro
ex datore di lavoro, di sputare nel piatto in cui hanno mangiato per cavalcare
la tigre del separatismo cirenaico. Si sono preparati la strada, hanno ricevuto
appoggi ed incoraggiamenti a livello internazionale, ed hanno colto l’occasione
di una spontanea protesta popolare a favore dell’avvocato dei dissidenti per
scatenare l’inferno. Se ora a Gheddafi gli sparano addosso, io non mi
meraviglio troppo della sua reazione. Se noi cominciamo a bombardarlo e con una
disastrosa condotta mediatica ed un demoralizzante pressappochismo diplomatico
gli mandiamo a dire che lo vogliamo prendere, lo vogliamo processare, meglio
ancora se ci riusciamo lo vogliamo ammazzare, e che la Libia la vogliamo dare
ad altri, come volete che reagisca quello? Ma i francesi non aspettavano altro
e si sono scatenati in attacchi criminali con la connivenza della NATO. Si,
criminali, perché se insistono a dire che lo fanno per “scopi umanitari” e per
ristabilire i diritti civili della gente di Libia, allora con la stessa logica,
le stesse argomentazioni e gli stessi obiettivi mi aspetto che da qui a qualche
ora Sarkozy attacchi la Cina, l’Iran, la Corea del Nord, l’Arabia Saudita, l’
Oman, lo Yemen, il Burma, il Brunei, l’Indonesia, il Sudan, la Siria, nonché il
Texas, lo Utah e gli altri stati USA che si rifiutano di abolire la pena di
morte. E pure l’Austria e la Repubblica di S. Marino che non hanno ancora
provveduto a regolarizzare i propri rapporti diplomatici dalla fine del
conflitto del 1915-18. Di fatto, con l’intervento ci siamo schierati contro
Gheddafi, ma non per liberare il popolo libico dalla dittatura, ma solo per
consegnarlo ad un’altra dittatura, che magari è pure peggio di quell’altra, e
non prima di avere seminato morte e distruzione ed aver sconquassato l’ordine
sociale del Paese. Li sento i piagnistei, le scuse, i distinguo, le ipocrisie
pure di quelli che fanno la marcia ad Assisi portandosi dietro la TV di stato:
“ma Gheddafi fa sfracelli tra la popolazione civile……lo dobbiamo fermare,
salvare la vita di tanti innocenti….” E’ risaputo che una precauzione da sempre
scrupolosamente seguita da tutti i dittatori degni di questo nome è quella di
porre gli obiettivi sensibili il più possibile in aree affollate dei centri
abitati, in mezzo alla popolazione. Questo è un formidabile deterrente contro
gli attacchi esterni, per condurre i quali si devono mettere in conto gravi
perdite tra civili inermi ed innocenti. Le bombe ed i proiettili sparati dagli
“insorti” non fanno meno danni di quelli sparati dai “regolari”. E le bombe dei
francesi, quando scoppiano fanno stragi di civili. Questa è l’ennesima guerra
criminale ipocritamente definita giusta, santa, umanitaria!!! La verità è che
le guerre sono tutte ingiuste, stragiste e disumane, specialmente quelle
attuate alla Play Station con gli aerei invisibili ai radar, con i missili
Cruise intelligenti pilotati in automatico con controllo satellitare, senza una
doverosa e preventiva protezione delle popolazioni civili e scrutando gli
effetti dei bombardamenti su maxi-monitor, mentre si sorseggiano coppe di
champagne millesimato, rigorosamente servito a non più di 5,8 gradi Celsius.
Diverso è quello che fanno i nostri ragazzi in Iraq ed Afghanistan. Lì stanno
in mezzo alla gente dalla quale sono benvoluti. I nostri Carabinieri, gli
alpini della Julia, i nostri soldati agiscono a favore e nell’interesse della
popolazione civile. Pattugliano le strade, cercano di proteggere le scuole, i
mercati, le moschee, gli uffici, erigono ospedali dove curano ed operano tutti
quelli che possono. A rischio costante della propria vita come le cronache ci
hanno purtroppo troppe volte ricordato. Lì si offre la propria vita per salvare
quella di gente che manco si conosce. La guerra in Libia serve solo a
sostituire l’Agip con la Total. Bene ha fatto Berlusconi a tenersi da parte, a
riservarsi la possibilità di un intervento di mediazione. Ma vedrete, che gli
scipperanno pure quello e temo che l’Italia abbia già comunque perso su tutti i
fronti. Spero di sbagliarmi, Dio solo sa quanto vorrei essere smentita dai
fatti, ma temo che ormai sia tutto compromesso. Per gli alleati saremo i soliti
opportunisti che danno un colpo al cerchio e l’altro alla botte; che si, è
vero, abbiamo concesso le basi, ma poi non ci siamo coinvolti, per tutelare i
nostri “squallidi e meschini” interessi commerciali in quell’area. Per Gheddafi
siamo e saremo quelli che lo hanno tradito. Per gli sceriffi della cirenaica
saremo quei maledetti che stavano col Colonnello e con lui facevano sporchi
affari alle spalle del popolo libico, strumentalizzando e traendo vantaggio
dalla dittatura imposta dal Raiss. Adesso cosa volete che succeda? Sarà
convocata una conferenza internazionale sotto l’egida dell’ONU e della Lega
Araba cui l’Italia non sarà invitata a partecipare, Gheddafi rimarrà al suo
posto, nella migliore delle ipotesi si creeranno nella regione due o tre stati,
inglesi e francesi si installeranno là accolti come amici, noi faremo
aeroplanini con i fogli dei nostri accordi commerciali con la Libia. Beh, io me
lo sentivo che i francesi prima o poi ci avrebbero fatto scontare di avergli
propinato una “first lady”, pardon, “une premiere dame” come Carla Bruni….Sono
veramente sconsolata. Spero almeno che questa brutta storia finisca presto,
limitando per quanto possibile le sofferenze ed i lutti dell’incolpevole popolo
libico.
di Caelsius
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