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venerdì 18 gennaio 2013


Monti naufraga sul redditometro

Dopo aver rivendicato l'uso del redditometro, adesso il bocconiano vuole congelarlo. Allarme della Corte dei conti: attenzione agli abusi.
Roma Critica il redditometro, nonostante lo abbia attuato. Rinnega l'Imu e, da ieri, ignorando i consigli dei suoi ministri, si sbilancia sui dati del commercio estero, trasformando uno dei fallimenti del suo governo in un successo.
Poi assicura di avere votato Berlusconi nel '94: «Vedevo una promessa di rivoluzione liberale che poi non è andata avanti».
La svolta pop di Mario Monti non poteva che avere dei costi. Addio al personaggio sobrio e al tecnico, benvenuto al politico old style. La campagna elettorale del candidato centrista ha toccato il tema più discusso degli ultimi giorni, cioè il redditometro, che ormai non piace più a nessuno.
Bistrattato al punto che la sua effettiva entrata in vigore rischia di slittare oltre marzo e quindi di finire sul tavolo del prossimo governo. Lo ha fatto capire ieri il vicedirettore dell'Agenzia delle entrate Marco di Capua quando ha spiegato che la circolare applicativa che darà il via ai controlli, non è ancora pronta. Occorre «il tempo materiale per pensare e scrivere» e «senza di quella non si parte». Difficilmente, con il clima che si è creato, l'amministrazione si muoverà in anticipo. Possibile che partirà solo quando il nuovo governo sarà operativo. Magari con delle modifiche, ad esempio specificando meglio che si dovrà tenere conto solo delle spese effettivamente verificate e su elementi statistici. Di sicuro ci sarà una franchigia che partirà da uno scostamento tra i consumi e il reddito di 12mila euro all'anno. Sotto questa cifra non partiranno i controlli.
Il clima sul redditometro è pessimo. Ieri è stato criticato anche dalla Corte dei Conti, che ha messo in guardia da un «uso disinvolto». Per il presidente dei magistrati contabili Luigi Giampaolino, ci sono «inconvenienti che l'utilizzazione di informazioni non corrispondenti alla realtà economico-sociale può determinare in sede di applicazione di sofisticati strumenti di accertamento quali il nuovo redditometro».
Pesa anche il dietrofront di Monti. Ieri il premier ha incontrato il direttore dell'Agenzia delle entrate Attilio Befera, ufficialmente per fare il punto sulle entrate (che sono inferiori rispetto alle previsioni), ma anche per introdurre qualche correttivo allo strumento che misura in modo automatico i consumi dei contribuenti li incrocia con i redditi.
Ieri il governo ha evitato un altra misura altrettanto irritante per gli elettori, se non di più, cioè la nuova tassa sui rifiuti, la Tares, che un voto del Senato ha rinviato in Luglio. Decisione positiva, ha spiegato, Antonio d'Alì, presidente della commissione Ambiente del Senato, Pdl. 
L'altro fronte tecnico-elettorale aperto ieri dal premier è quello del commercio estero. Mentre l'Istat diffondeva i dati dell'anno, il premier - candidato attaccava il precedente governo proprio sugli scambi commerciali dell'Italia con il mondo. «Abbiamo perso negli ultimi 10 anni quasi il 30% della quota di commercio dei beni sia in valore che in volume». Sono «dati particolarmente gravi per un Paese» che «ha nell'export un carburante insostituibile nel motore dell'economia italiana. Se non fosse per export saremmo in condizione delicata nei confronti degli altri Paesi». Parole pronunciate all presentazione del piano export, con Corrado Passera.
E proprio il ministro dello Sviluppo avrebbe cercato di frenare il premier, segnalando che proprio i dati diffusi ieri dall'Istat, mostrano le difficoltà incontrate dalle esportazioni italiane negli ultimi mesi, proprio quelli di Monti. Il candidato premier centrista ha deciso comunque di forzare, confidando sulla disattenzione da clima elettorale. Ma dell'incongruenza si è accorto subito Adolfo Urso, ex viceministro al commercio estero che è partito a testa bassa contro il premier. «Il Professor Monti cerca di truffare i suoi studenti, che però ne sanno più di lui. È falso che le esportazioni italiane siano crollate nell'ultimo decennio». Semmai «sono più che raddoppiate», passando «da 250 a 515 miliardi nel 2011». Poi, «nei primi 11 mesi del 2012, con il governo Monti, la crescita dell'export ha avuto una brusca frenata, aumentando di appena il 4,3% a fronte del 12% dei primi 11 mesi del 2011». Un segno meno, scomparso causa elezioni.

fonte web

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