Ora la candidatura di Profumo puzza di frode fiscale e bruciato.
Tutti lo volevano, tutti lo cercavano. E il Partito Democratico si era lanciato in pubbliche manifestazioni di stima nei suoi confronti, intravedendo nella sua figura il tanto agognato “Papa straniero”, il candidato rassicurante e presentabile con cui fare breccia nell’elettorato moderato. Sulle agenzie di stampa, però, nel giorno dell’ iscrizione di Alessandro Profumo nel registro degli indagati per una complessa vicenda di operazioni finanziarie e presunta evasione fiscale che ha portato al sequestro di 245 milioni di euro a Unicredit, le voci dei politici tacciono. Black out, silenzio assoluto. Partito democratico compreso.
E’ un duro colpo per il super-manager in rampa di lancio verso i cieli della politica - ambito verso il quale aveva confessato di guardare “con volontà e disponibilità” - l’inchiesta della procura di Milano. Una sgradita ribalta che costringerà il banchiere a offrire chiarimenti sul suo operato e sulle sue responsabilità. E il Pd - che con Enrico Letta aveva guardato pubblicamente a lui definendolo “uno di cui ci sarebbe bisogno” - a resettare ambizioni e tentazioni e ad avviare una riflessione sul modo in cui trattare questa vicenda. In questi tredici mesi da disoccupato extralusso – la sua buonuscita ammonta a qualcosa come 40 milioni di euro – Profumo si era mosso con prudenza, in attesa dell’occasione giusta, mantenendo un posto da consigliere nel cda dell’Eni, un incarico nel consiglio di sorveglianza della banca russa Sberbank, oltre all’attività di consulenza finanziaria. Ora i frutti dell’attesa sembravano arrivati a maturazione e la discesa in campo vicina a prendere corpo. Una intenzione non più sussurrata e fatta filtrare a mezzo stampa nel consueto gioco di indiscrezioni e successive smentite ma addirittura annunciata davanti alla platea dei rutelliani. “Sono pronto, se necessario, a dare il contributo per far funzionare le cose. Ci metterei tutta la passione necessaria”. Una manifestazione di intenti corredata dalle prime proposte: una patrimoniale shock da 400 miliardi “per riportare il debito sotto il 100% del Pil”. Ma anche l’innalzamento dell’età pensionabile, da parametrare all’aspettativa di vita. Praticamente interventi a gamba tesa sui grandi temi del dibattito attuale non certo tagliati sui dettami del manuale del perfetto politico a caccia di consensi. Tant’è che le sue ricette decisamente hard avevano subito fatto storcere il naso a parecchi esponenti del Pd. Un partito a cui Profumo ha sempre guardato non certo con ostilità visto che per due volte l’ex ad di Unicredit si mise in fila per votare alle primarie del centrosinistra. La prima nel 2005 quando fu scelto Romano Prodi. La seconda nel 2007, quando la moglie Sabina Ratti si candidò con Rosy Bindi per entrare nell'assemblea nazionale del Pd.
Non era stato, però, solo il Pd a pensare a lui. Di endorsement, più o meno espliciti e diretti, ce n’erano stati molti. Dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia ai vertici di Confindustria, passando per il terzo polo nella sua triplice espressione Fini-Rutelli-Casini. Italo Bocchino, vicepresidente di Fli, ad esempio si era spinto fino a pronunciare un convinto: “Se Profumo scenderà in campo lo farà con noi” mentre il vicepresidente degli industriali Alberto Bombassei si era espresso sull’ipotesi dicendosi convinto che “la politica ne trarrebbe grande beneficio”. Tra i pochi esplicitamente contrari Antonio Di Pietro: “Ognuno faccia il suo mestiere. Di ragionieri che hanno gestito il potere delle lobby l’Italia può fare a meno”.
Naturalmente bisognerà attendere l’esito delle indagini per avere un quadro più chiaro. E non è escluso che a Via del Nazareno la tentazione Profumo – sul cui nome e sulla cui spendibilità pare fossero già stati effettuati alcuni sondaggi – possa tornare a farsi strada. Mai dire mai in politica. Magari, suggerisce qualcuno, Profumo potrebbe tornare utile non più come front-man ma come rassicurante ministro economico. Al momento, però, con le sue responsabilità nella frode fiscale ancora tutte da chiarire, i più invitano alla prudenza. E ammettono che la sua possibile candidatura profuma soprattutto di bruciato.
fonte: "l'occidentale"
Conosci il detto "e qui ci casca l'asino"? In questo caso Enrico Letta è uno di questi.
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