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mercoledì 6 luglio 2011

Calano cassa integrazione e infortuni sul lavoro: "l'azienda Italia" è viva

Due dati confortanti hanno caratterizzato la giornata di ieri in tema di lavoro e occupazione: il calo della cassa integrazione e la riduzione degli infortuni. Il primo suggerisce di guardare al futuro con maggiore fiducia: le aziende cominciano a riprendere la produzione, a camminare dunque sulle proprie gambe. Il secondo dato è un primato: per la prima volta il numero degli infortuni è sceso al di sotto delle mille unità. Per quanto contrapposti (il primo declina, infatti, una situazione di “lavoro che non c’è”, mentre il secondo di un’occupazione che c’è ma che fa danni), i due dati sono un messaggio incontrovertibile: è ancora viva l’azienda Italia. E’ ripresa l’attività produttiva e i posti di lavoro sono più sicuri rispetto al passato.
Cominciamo dai dati diffusi dall’Inps sulla cassa integrazione. L’ente di previdenza parla di “brusca frenata”. Nel mese di giugno, infatti, le ore autorizzate di cassa integrazione sono diminuite del 20,1% rispetto al mese di maggio e lo stesso calo (del 20%) si è registrato anche rispetto a un anno fa, al mese di giugno 2010. Dal Nord Ovest arrivano i segnali più rassicuranti; meno decisivi quelli provenienti dal Mezzogiorno. Rispettivamente, infatti, le richieste a giugno sono calate del 25 per cento e del 22,3% sul mese di maggio. La flessione, precisa l’Inps, interessa tutte le categorie di cassa integrazione. Nel mese di giugno rispetto a maggio, in particolare, sono calate sia le ore autorizzate d’integrazione guadagni ordinaria (Cigo) del 5,9%; sia le ore autorizzate d’integrazione guadagni straordinaria (Cigs) del 34,7%; e sia le ore autorizzate d’integrazione guadagni in deroga (Cigd) del 24,9%).
La cassa integrazione (Cigo, Cigs o Cigd) è l’intervento d’integrazione salariale (appunto) erogato dall’Inps, con la funzione di integrare o di sostituire la retribuzione dei lavoratori che si vengono a trovare in precarie condizioni economiche a causa della sospensione o della riduzione dell’attività lavorativa. La Cigo spetta nei casi di sospensione o contrazione dell’attività produttiva dovute a: eventi temporanei e non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori; situazioni temporanee di mercato; intemperie stagionali. La Cigs è finalizzata a fronteggiare gravi situazioni di eccedenza occupazionale che potrebbero portare a licenziamenti; spetta nei casi di: ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione aziendale; crisi aziendale; procedure concorsuali. Infine, la Cigd è rivolta alle imprese non destinatarie della cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria. Spetta in caso di sospensione del rapporto di lavoro e in presenza di un intervento integrativo da parte degli enti bilaterali, dopo aver esaurito gli interventi specifici del settore (ossia l’indennità di disoccupazione per lavoratori sospesi).
Tornando ai dati, per il Presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, “il segnale è univoco e forte”. Ed ha aggiunto che “il dato è coerente con la ripresa del pagamento dei contributi da parte delle aziende”. Questo è ciò che maggiormente rassicura sul fatto che vi sia una ripresa produttiva: infatti, un calo della cassa integrazione senza simultaneo incremento delle entrate contributive avrebbe avuto altro significato, quale il rischio del definitivo collasso del tessuto produttivo.
Una buona ventura prospettano pure i dati dell’Inail. Che ieri con la relazione del presidente, Marco Fabio Sartori presso la Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio, ha presentato il Rapporto annuale sull’andamento infortunistico nel 2010, in presenza del Ministro del lavoro, Maurizio Sacconi.
Il rapporto evidenzia un ulteriore calo degli infortuni sul lavoro in Italia. In particolare, gli infortuni denunciati sono risultati 775mila, in calo dell’1,9% rispetto ai 790mila che ci furono nel 2009. Il dato da primato è il numero degli infortuni mortali: è sceso sotto la soglia dei mille, cioè a 980, con un calo del 6,9% (nel 2009 furono 1.053, 1.452 dieci anni fa) e toccando, così, il nuovo minimo storico dal dopoguerra.
I settori che hanno maggiormente beneficiato del calo infortunistico sono l’agricoltura (calo del 4,8% degli incidenti e del 10% dei casi mortali) e l’industria (meno 4,7% gli infortuni e meno 10% i casi mortali). Il ramo dei servizi, invece ha registrato una sostanziale stabilità degli infortuni (aumentati dello 0,4%) e un modesto calo (del 3%) degli incidenti mortali.
Il calo del fenomeno infortunistico è certamente dovuto in parte al raggiungimento del picco della crisi economica. Sotto questo aspetto, si giustifica il fatto che la flessione maggiore si sia avuta nel Mezzogiorno (con un meno 3,2%), area appunto penalizzata più delle altre dalla scarsa occupazione; seguita dal Centro (con un meno 1,8%), dal Nord Est (con un meno 1,6%) e dal Nord Ovest (con un meno 1,3%). Il 60% degli incidenti si è concentrato, quindi, nelle zone settentrionali dove maggiore è la densità occupazionale.
E’ andata peggio alla manodopera straniera. Gli incidenti sono aumentanti dello 0,8%, con una forte componente femminile per la quale l’incremento è stato del 6,8% (per i maschi addirittura c’è stato il calo dell’1,2%). Tuttavia, le morti bianche, anche in questo caso, sono fortunatamente scese del 4,2%.
Il dato assolutamente negativo è quello sulle denunce della malattie professionali. Nel 2010, infatti, si è registrata la cifra record di 42.347 casi (nel 2009 furono 34.753, in un progressivo incremento dalle 26.752 che si registrarono nel 2006). Le patologie più frequenti sono state di tipo osteo-articolare e di tipo muscolo-tendinee dovute al “sovraccarico biomeccanico”. Con tutto il riguardo nei confronti di chi ne soffre, si tratta tuttavia di patologie addebitabili, naturalmente, al fisiologico logorio della vita moderna: del resto, un lavoro senza fatica non è stato ancora inventato.  
Il Presidente dell’Inail ha ribadito il suo impegno nella “diffusione capillare e mirata delle azioni di prevenzione” per arrivare ad un ulteriore “salto di qualità”. Il ministro del lavoro ha parlato di dati “certamente incoraggianti e positivi”. “Sta crescendo la cultura della sicurezza”, ha aggiunto infine Maurizio Sacconi, “nonostante le pressioni competitive particolarmente forti in questo periodo”.

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