Cosa hanno in comune Montecchio Maggiore (Vi), Adro (Bs), Fossalta di Piave (Ve), Barletta, Savona e Casorate Primo (Pv)? Apparentemente nulla. In realtà sono sei esempi scelti a caso di Giunte comunali che hanno preso una decisione "estrema" per arginare l'abitudine di tanti (troppi) genitori a non pagare la mensa scolastica dei loro figli: sospendere il servizio, o quantomeno minacciare di farlo. Meno casuale è la scelta del "colore" di tali Giunte: le prime tre sono di centro-destra, con un sindaco leghista; le altre di centro-sinistra con sindaco in quota Pd o lista civica affine. Par condicio. Ai bene informati non sfuggirà una stranezza: i casi di Montecchio Maggiore, Adro, Fossalta di Piave hanno provocato una certa risonanza mediatica, sono stati diffusi dagli organi di stampa a livello nazionale, su internet basta digitare uno dei tre nomi in qualsivoglia motore di ricerca per ottenere paginate intere. Tant'è che non vale neppure la pena parlarne, si sa già tutto, anche ciò che non esiste. Per quanto riguarda Barletta, Savona (capoluoghi di provincia) e Casorate Primo, invece, bisogna scomodare la stampa locale (a volte neppure quella), persino la ricerca on-line si rivela particolarmente ardua. Eppure sono casi documentati. Alla scuola "Modugno" di Barletta, nove bambini senza "card pasti" hanno aspettato nei corridoi mentre gli altri mangiavano: i genitori non avevano i mezzi economici sufficienti per ricaricare la tessera. Dopo qualche giorno il primo cittadino Nicola Maffei (Pd, ex Margherita) ha fatto sapere di "voler risolvere il problema, perché la Puglia non dovrà mai essere paragonata alle realtà leghiste". Non sia mai, nella terra di Vendola, anche se si fatica a intuire le differenze.
Il sindaco Gianni Rho (lista civica di centro-sinistra) di Casorate Primo, provincia di Pavia, non è andato per il sottile: accortosi delle ben 210 famiglie morose e del debito di 27.000 euro, ha deciso di minacciare la sospensione del servizio ai danni di chi non paga. Risultato: qualcuno ha saldato il dovuto, altri vedranno i loro bambini tornare a casa per pranzo il prossimo anno, proprio come nella leghista Fossalta di Piave.
Idem per Savona, dove l'assessore ai servizi scolastici Isabella Sorgini, del Pd, ha fatto diffondere il seguente messaggio «Si informa che, come da delibera della giunta comunale, gli utenti che presentano dei bollettini insoluti da settembre 2007 ad oggi non potranno essere ammessi alla mensa dell’anno scolastico 2010/2011». Come ad Adro.
Al di là delle anomalie con cui sono circolate le notizie, si può dire che non ci sia nulla di strano: il servizio delle mense scolastiche deve essere pagato dai genitori, non dai Comuni. Ed è regolato, con criteri pressoché scientifici, dai certificati Isee. Chi ha redditi bassi, in base alle documentazioni Isee, può essere esentato o beneficiare di sconti: spetta al Comune decidere tariffe e scaglioni. Non c'è alcun motivo per non pagare, se non quello di essere un cattivo genitore che preferisce spendere in altro piuttosto che per la mensa del figlio.
Si può fare come a Genova, amministrata dal centro-sinistra, dove solo tre famiglie su dieci pagano per intero, ma l'Agenzia delle entrate è intervenuta denunciando un "sovradimensionamento delle esenzioni per volontà fraudolenta", ossia il Comune non fa pagare anche chi potrebbe permetterselo, ingigantendo il debito. O come a Castel San Giovanni (Pc), dove la nuova Giunta di centro-destra ha ereditato un debito di 40.000 euro nel bilancio riservato all'istruzione, proprio perché poche famiglie pagavano la mensa: il nuovo assessore, Valentina Stragliati (Lega), ha deciso di "far pagare tutti in base alle loro possibilità", ed ora il debito è di soli 2.000 euro.
Fatto sta che, contrariamente a quanto ipotizzato da certa stampa, la decisione di sospendere i servizi mensa non è appannaggio dei soli sindaci leghisti, spesso accusati in modo dissennato di “razzismo”.
La colpa è semmai di chi non paga sperando nel pietismo degli organi di informazione e in qualche “benefattore” che lo faccia al suo posto.
Riccardo Ghezzi
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