Ammesso
che abbia mai retto, la linea difensiva del Penati, lupo solitario in un partito
che non vedeva e non sapeva (e che, avesse saputo, onesto com’è avrebbe fatto
un quarantotto) sta pochissimo in piedi. Mano a mano che emergono i dettagli
delle inchieste sull’ex braccio destro di Pier Luigi Bersani, si delinea un
quadro che - ovviamente se confermato dai magistrati - rende difficile
sostenerla.
Intanto perché, specie per quanto riguarda l’indagine sulla Serravalle, la faccenda sta travalicando gli angusti confini di Sesto San Giovanni. E sta iniziando ad accostarsi a nomi in forza ai Democratici anche in Piemonte e Liguria, rispettivamente l’ex segretario del Pci torinese e oggi presidente dello Iacp del capoluogo piemontese Giorgio Ardito (cui Binasco avrebbe fatto pervenire un pagamento: Ardito, non indagato, smentisce) e l’attuale sindaco di Genova Marta Vincenzi (che da presidente della Provincia di Genova vendette le quote dell’autostrada al gruppo Gavio). Senza contare Angelo Rovati. L’ex braccio destro di Romano Prodi è stato intercettato al telefono con Binasco a discutere di una caparra con scadenza al 31 dicembre 2010. Che per i pm è la doppia caparra Binasco-Di Caterina al centro dell’inchiesta (i giudici vogliono capire se fosse una forma di pagamento occulto per Penati) e che per Rovati è invece la caparra di una casa da lui stesso venduta al gruppo Gavio e in scadenza, curiosamente, lo stesso giorno di quella sotto la lente dei pm. Si obietterà che sempre di singoli si tratta e che di qui al sistema ce ne passa. Non fosse che ieri - e al momento di andare in stampa non si registravano smentite - un peso massimo degli ex Ds, l’ormai vendoliano Fabio Mussi, abbia avanzato il più terribile dei sospetti: che quei soldi siano serviti ad influenzare il congresso della Quercia nel 2001, quando i dalemiani sconfissero il Correntone e fecero incoronare Piero Fassino segretario. «Se per caso», dice l’ex ministro, «viene fuori che in quel congresso sono girati dei soldi per condizionarne l’esito, giuro che gli faccio una class action».
Intanto perché, specie per quanto riguarda l’indagine sulla Serravalle, la faccenda sta travalicando gli angusti confini di Sesto San Giovanni. E sta iniziando ad accostarsi a nomi in forza ai Democratici anche in Piemonte e Liguria, rispettivamente l’ex segretario del Pci torinese e oggi presidente dello Iacp del capoluogo piemontese Giorgio Ardito (cui Binasco avrebbe fatto pervenire un pagamento: Ardito, non indagato, smentisce) e l’attuale sindaco di Genova Marta Vincenzi (che da presidente della Provincia di Genova vendette le quote dell’autostrada al gruppo Gavio). Senza contare Angelo Rovati. L’ex braccio destro di Romano Prodi è stato intercettato al telefono con Binasco a discutere di una caparra con scadenza al 31 dicembre 2010. Che per i pm è la doppia caparra Binasco-Di Caterina al centro dell’inchiesta (i giudici vogliono capire se fosse una forma di pagamento occulto per Penati) e che per Rovati è invece la caparra di una casa da lui stesso venduta al gruppo Gavio e in scadenza, curiosamente, lo stesso giorno di quella sotto la lente dei pm. Si obietterà che sempre di singoli si tratta e che di qui al sistema ce ne passa. Non fosse che ieri - e al momento di andare in stampa non si registravano smentite - un peso massimo degli ex Ds, l’ormai vendoliano Fabio Mussi, abbia avanzato il più terribile dei sospetti: che quei soldi siano serviti ad influenzare il congresso della Quercia nel 2001, quando i dalemiani sconfissero il Correntone e fecero incoronare Piero Fassino segretario. «Se per caso», dice l’ex ministro, «viene fuori che in quel congresso sono girati dei soldi per condizionarne l’esito, giuro che gli faccio una class action».
fonte: di Marco Gorro
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