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sabato 20 agosto 2011

Che fine ha fatto la sinistra che osannava Obama e Zapatero?

Qualcuno ricorda i proclami vittoriosi e le esultanze della sinistra italiana quando Obama è diventato presidente degli Usa? E le scene di giubilo per Zapatero premier in Spagna? A sinistra nessuno ricorda più nulla. Ma noi, fortunatamente, abbiamo la memoria lunga. Ci ricordiamo i “Yes, we can” copiati da Walter Veltroni in Italia, i cartelli “Zapatero santo subito” apparsi sui carri colorati dei Gay Pride di Roma 2005, il documentario (se così si può chiamare) “Viva Zapatero” che nelle sale cinematografiche è diventato uno status symbol del perfetto radical chic: guai a non vederlo.
Cosa è rimasto di tutto questo? Assolutamente niente. La sinistra italiana, bastonata alle politiche del 2008, si è convinta di aver vinto le elezioni quando Obama è stato eletto presidente degli Usa, “il primo nero della storia” a diventare l’uomo più potente del mondo. Peccato che il Partito democratico statunitense abbia ben poco a che vedere con il Pd nostrano, ed anche l’idealizzato Obama, appoggiato da fior di banchieri e poteri forti, sia lontano anni luce dalla parabola del povero ragazzo di colore che dal bronx approda alla Casa Bianca. Obama è tutt’altro. Ma soprattutto ha fallito, travolto dalla crisi economica a cui ha assistito come spettatore e dal declassamento del rating Usa dalla tripla A a Aa+. Popolarità ai minimi oltre oceano, euforia trasformatasi in indifferenza nella penisola italica.
Idem per Zapatero:  idealizzato da Veltroni (ma sarà lui che porta sfortuna?), lanciato sul mercato da Sabina Guzzanti che ha ideato il documentario “Viva Zapatero” nel 2005, amato persino dai tre leader della maggiori sigle sindacali Epifani, Bonanni e Angeletti che in coro lo definivano “Un riformista vero” spingendosi fino a slogan come “Altro che Prodi, vogliamo Zapatero”, stimato dall’”autorevole” comico Maurizio Crozza che esclamava “Zapatero Zapatero/l’un per cento del tu carisma me serve aqui!!!”, il premier spagnolo ora ha ammesso di aver fallito, annunciando il suo addio nel 2012. I suoi tanti sostenitori, però, l’avevano già abbandonato. Anche in Italia.
Non c’è da stupirsi: per un breve periodo anche Tony Blair è stato icona della sinistra italiana. Per poco. Tutti i grandi leader europei che vengono accolti dalla sinistra come guru e nuovi Messia ben presto si rivelano dei bluff. Per inconsistenza dei soggetti, in primis, ma anche e soprattutto per ipocrisia della sinistra, che prima sostiene a spada tratta e poi volta le spalle quando si mette male.
Quando mancano idee e progetti, si idealizzano le persone e si formano i culti delle personalità. La sinistra europea e italiana ha bisogno di idoli in cui credere: oltre a Blair, Zapatero e Obama, fallimenti su tutta la linea, in Italia c’è stato il periodo di Veltroni, durato ancora meno. Ora i “salvatori”, i volti nuovo, il “vento del cambiamento” sono Giuliano Pisapia, Luigi De Magistris e Nicola Vendola. I primi due, eletti sindaci a Milano e Napoli, si stanno già rivelando bluff.
Dovremo aspettare che il terzo diventi premier per scoprirne l’inconsistenza, per usare un eufemismo? Speriamo di no.



fonte Blog: "Questa è la sinistra Italiana"

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