condividi

Condividi

lunedì 5 settembre 2011

L’affare Seat-Telecom e i magheggi di Prodi, D’Alema, Cossutta, Visco e compagnia. Nessuno indaga?


Riproponiamo l’articolo “L’affare Seat-Telecom” sperando che qualcuno (magistrati?) ci dica, finalmente, dove sono finiti i 6,7 miliardi di euro spariti in Lussemburgo. Protagonisti, con ruoli diversi, i sigg: Prodi, D’Alema, Visco, Ciampi, Cossutta, Del Turco, Pelliccioli, Drago, Tazartes, Erede.
Tra le “strane” operazioni compiute da “tecnici” con un “alto senso dello Stato”, quelle intorno a Telecom e dintorni sono le più sfacciate rapine effettuate ai danni dell’erario e dei piccoli azionisti. La straordinarietà di tali operazioni, il cui vantaggio economico è tutto da dimostrare, è consistita nel fatto che esse sono servite a ricoprire d’oro alcuni azionisti…
Il caso più clamoroso, anche se non il solo, purtroppo, è rappresentato dal viaggio di andata e ritorno della Seat: dalla Stet al ministero del Tesoro (autunno ’96), dal Tesoro ad azionisti privati (luglio ’97), dai privati a Telecom (operazione annunciata a febbraio, conclusasi a giugno 2000); a febbraio il premier è D’Alema, ministro del Tesoro Amato, a giugno il premier è Amato, il ministero del Tesoro è assorbito in altri dicasteri, i ministri economici sono Visco e Del Turco). Alla fine dell’operazione qualcuno ha incassato 6,71 miliardi di euro (13mila miliardi di lire) pagati da mamma Telecom, che a causa di questa operazione ha accusato nel 2001 un vistoso calo di profitti.
Dettaglio di un’operazione da “tecnici con alto senso dello Stato”:
Nel luglio ’97, il Tesoro (Ciampi, premier Prodi) vende il 61,27% della Seat alla società Otto-Ottobi, incassando 853,7 milioni di euro lordi, sulla base di una valutazione complessiva dell’azienda di 1,65 miliardi di euro, e contemporaneamente la Telecom paga 170 milioni di euro alla Otto-Ottobi per il 20% della società. Tutto si può dire tranne che il Tesoro abbia concluso un affare. I fatti dimostrano che gli acquirenti hanno pagato meno di due volte il fatturato di una “gallina dalle uova d’oro” con un business garantito per i dieci anni a venire…e la conferma verrà nel 2000 quando, per acquistare dagli azionisti della Otto-Ottobi il controllo della Seat, la Telecom non esiterà a valutarla 20miliardi di euro.
L’ardito marchingegno finanziario che ruota attorno alla Otto-Ottobi, rende completamente opaco l’assetto proprietario della Seat. Questa assoluta mancanza di trasparenza impedirà in seguito di conoscere nel dettaglio i nomi dei beneficiari di 6,71 miliardi di euro (13mila miliardi di lire, mica noccioline, no?) versati da Telecom Italia al Magnifici Otto in cambio del controllo della Seat. Il Tesoro (Ciampi) è al corrente dell’alveare societario che forma l’azionariato della Otto-Ottobi nel momento in cui le consegna il 61,27% della Seat?. Ed è al corrente che un azionista col 10% del capitale che corrisponde al nome di Investitori Associati II è a sua volta un sotto-sistema di finanziarie in gran parte domiciliate in paradisi fiscali off-shore non riconducibili a persone fisiche e totalmente esenti da imposte in Italia ?.
E non è finita. Tra i boss della Seat e i soci della Otto-Ottobi vi è totale sintonia di interessi. Pelliccioli (quello dei 160 miliardi di lire di liquidazione), comincia col non distribuire il dividendo del bilancio 1997, che spetterebbe per la quasi totalità al Tesoro (Ciampi, Prodi premier), rimasto azionista della Seat fino al 25 novembre. Evidentemente deve esserci un accordo tra acquirenti (i Magnifici Otto) e il venditore (il Tesoro, cioè Ciampi, premier Prodi), in base al quale quest’ultimo rinuncia ad incassare la quasi totalità dei 78,5 milioni di euro di utile netto dell’esercizio 1997. Ma questi profitti non riscossi non sono gli unici che lo Stato lascia “in dote” ai nuovi azionisti. La società (Seat) viene infatti consegnata alla Otto-Ottobi con 258 milioni di euro di liquidità che il Tesoro (Ciampi, premier Prodi), volendo, potrebbe prelevare con un dividendo straordinario, così come farà con l’Enel poco prima della privatizzazione. Dagli 1,65 miliardi di euro di valutazione della Seat all’atto della vendita bisognerebbe quindi sottrarre, a rigor di logica, i quasi 337 milioni di euro di disponibilità finanziarie che i nuovi azionisti vi trovano in cassaforte. Il dettaglio non è di poco conto perché l’acquisizione della Seat si configura come un’operazione con cui gli acquirenti finanziano l’acquisto dell’azienda con la liquidità che essa ha “in pancia”, con l’obiettivo di rivenderla e ricavarci una maxi-plusvalenza quando le quotazioni saranno salite alle stelle.
All’inizio del febbraio 1999 il Cda Seat decide di distribuire un dividendo straordinario di 905 milioni di euro dando fondo alle riserve di bilancio. Questo dividendo va ad aggiungersi a quello ordinario, che per l’esercizio 1998 ammonta a 148 milioni di euro, praticamente al 100% dell’utile. Quindi oltre 1 miliardo di euro di dividendo complessivo, di cui 645 milioni affluiscono nelle casse della Otto-Ottobi…la società acquirente della Seat preleva dunque dalle casse di quest’ultima, a un anno e mezzo soltanto dalla privatizzazione, una quota capitale addirittura superiore al debito contratto per acquistarla. A farne le spese è la Seat, che passa da un saldo positivo di 387 milioni di euro a uno negativo, cioè ad un debito netto di 671 milioni di euro. Questo sì che è creare valore!!!!!
All’inizio del 1999 gli investitori della Otto-Ottobi possiedono il 61,27% delle azioni ma per mantenere il controllo è sufficiente il 50% più un’azione. Incaricano la Lehman di collocare presso investitori istituzionali l’11% del capitale…e l’operazione si consuma in un attimo generando un incasso di oltre 465 milioni di euro. Prima 645 milioni di euro di dividendo e ora altri 465 milioni dalla vendita di un pacchetto di azioni. Si comincia a rientrare ampiamente dall’investimento effettuato meno di due anni prima.
Sarà una coincidenza, ma la vendita di quell’11% della Seat spinge i suoi azionisti, nel febbraio 1999, a trasferire anche la proprietà della Otto-Ottobi in Lussemburgo, dove la maggioranza dei soci ha già eletto il proprio domicilio. Dalla sera alla mattina, il 61,27% della Seat viene trasferito nel Granducato a due società di nuova costituzione, la Huit I e la Huit II, fotocopia (siamo nel febbraio’99, il ministro del Tesoro è Ciampi, premier D’Alema) di quelle utilizzate 18 mesi prima per l’acquisto dal Tesoro (’97, ministro del Tesoro Ciampi, premier Prodi). E’ l’apoteosi dell’elusione fiscale. Ma il ministro delle Finanze Visco sembra disinteressarsene. Ignorando il trasferimento della proprietà della Seat in Lussemburgo, lo Stato italiano si nega di fatto la possibilità di incassare le imposte (tasse) sulle plusvalenze che saranno realizzate al momento della vendita a Telecom.
Quadro riepilogativo della svendita di “Seat Pagine Gialle” (cioè d’oro):
Riassunto di come si acquista dallo Stato (la Seat) che ha un terzo di fatturato aziendale già garantito (da Telecom) fino al 2007, con fideiussioni (del socio nell’affare) Comit (finanziamento del debito studiato da Cossutta), e si diventa miliardari in euro in due anni senza nemmeno pagare le tasse. Cioè in poco più di due anni la “cordata” che s’è aggiudicata la Seat, pagandola 853,7 milioni di euro, ha cavato dalla società stessa 935 milioni di euro di dividendi che le hanno permesso di rimborsare i 622 milioni di euro di debiti contratti per l’acquisto, spese accessorie incluse. Se ai dividendi aggiungiamo i 465 milioni di euro ottenuti dalla vendita dell’11% di azioni, pari a una rivalutazione del 255% in due anni, otteniamo un primo bilancio dell’incredibile operazione. Pelliccioli, Drago, Cossutta, Tazartes, Erede: ecco i nuovi finanzieri della seconda repubblica.
Dal 1999…la proprietà delle azioni Seat si è spostata in Lussemburgo, dove il fisco italiano non arriva, e tutto è pronto per il colpo finale: la vendita alla Telecom, passaggio propedeutico alla fusione Seat-Tin.it.
Tra poco vedremo i soci della Huit convolare a nozze con Roberto Colaninno.
Ma in che mani sono finiti quei 6,71 miliardi di euro (13 mila miliardi di lire!!!) pagati dalla Telecom per comperare il controllo della Seat ? Che strade hanno battuto prima di arrivare a destinazione ? (l’affare Telekom-Serbia ne sa qualcosa ?) Per ora si possono dare risposte parziali. Si può per esempio affermare, senza tema di smentita, che quei 6,71 miliardi di euro, usciti da una società con sede sociale a Torino (la Telecom) per l’acquisto di un’altra società domiciliata nella stessa Torino, a qualche isolato di distanza (la Seat), sono transitati per uno Stato nel quale non si pagano imposte, che garantisce il più assoluto anonimato in fatto di investimenti (il Lussemburgo).
Ndr: I 6,71 miliardi di euro (13mila miliardi di lire) versati dalla Telecom ai soci della Seat si sono persi in un labirinto di società in cui finora nessuno ha voluto addentrarsi. E se cominciassimo ad occuparcene ??
Per ulteriori informazioni consigliamo la lettura del libro “L’affare Telecom” di Giuseppe Oddo e Giovanni Pons Sperling & Kupfer Editori.

NOTA: tratto da SBFC.
Articolo a firma Vittorio Baroffio interamente tratto dal sito laseatsiamonoi.com.
Qui l’articolo originale
fonte blog: "questa è la sinistra italiana"

Nessun commento:

Posta un commento