Il presidente della regione Puglia, Nicola Vendola, chiama la direzione di un giornale, il Corriere della Sera, per lamentarsi di un giornalista, Carlo Vulpio, e per chiederne la neutralizzazione. Lo stesso Vendola si pronuncia pubblicamente su tv e giornali contro Vulpio, perché non gli sta bene che sul Corriere della Sera siano pubblicate le sue inchieste sul modo in cui è stato eletto governatore alle regionali del 2005, sulla sanità, sulle discariche, sulla mafia dell'eolico in Puglia. Insomma, su tutte le magagne vendoliane. Che sono tante.
Tale “editto” avviene il giorno 8 luglio 2006, a Roma e a Bari. Nessuno ne parlerà, nessuno griderà allo scandalo, Santoro e compagnia non dedicheranno una puntata intera di "Rai per una notte". Nè ci sarà alcuna solidarietà al giornalista da parte di Federazione nazionale della stampa, Ordine dei giornalisti, Associazioni professionali, Comitati di redazione. Tantomeno scenderanno in piazza Popoli viola e paladini della libertà di stampa. Eppure l'editto di Vendola tendeva non soltanto a neutralizzare il giornalista, ma anche a intimorirlo esplicitamente, con nome e cognome, e a metterlo fisicamente in pericolo.
La storia è questa: dopo aver pubblicato, sin dal 2005, alcuni articoli sulla sanità pugliese e sul conflitto di interessi dell’assessore regionale Alberto Tedesco, il 7 luglio 2006 Carlo Vulpio pubblica un servizio sul contratto firmato da Vendola per la realizzazione di una discarica in una zona in cui si trovano un sito neolitico e una sorgente di acqua minerale. Vendola si arrabbia, ed anche parecchio. Quando il giorno dopo, su una spiaggia dalle parti di Brindisi, viene trovato un finto ordigno con un messaggio indirizzato a lui in qualità di commissario straordinario per l’emergenza ambientale, ecco che il “mite” Vendola, a reti unificate, accusa Vulpio di aver detto falsità e minaccia di querelarlo. Addirittura attribuendogli la responsabilità morale di quella finta bomba (chissà chi l'ha messa poi...).
Peccato che la discarica in questione sia stata sequestrata, e che dunque il giornalista non avesse scritto menzogne. Tant'è che il buon Vendola non l'ha querelato, non poteva farlo. In compenso, ha telefonato in modo sistematico ed incessante alla redazione del Corsera.
Semmai è stato Vulpio a querelare Vendola, a causa degli appellattivi “disinformatore”, “provocatore politico”, “insinuatore”. E qui inizia un'altra barzelletta. La querela di Vulpio è presentata alla procura di Bari, e lì sta ferma per due anni e mezzo. Dopo questo lasso di tempo abbastanza stucchevole, il pm si “ricorda” all’improvviso di essere “molto amica” di Vendola e quindi chiede di astenersi. Si chiama Francesca Pirrelli ed è la moglie del senatore Pd Enrico Carofiglio. L'odissea continua: la querela arriva sul tavolo del procuratore, Emilio Marzano, fresco della fallimentare inchiesta sui due fratellini di Gravina di Puglia, Salvatore e Francesco Pappalardi. Marzano chiede subito l’archiviazione, che il gip accoglie con una motivazione che definire ridicola è poco. In sintesi: "Sarà anche vero che Vendola ha gravemente diffamato Vulpio, ma Vulpio aveva ripetutamente criticato Vendola, quindi si può ritenere quella di Vendola una reazione comprensibile".
Tutto questo a qualcosa è servito: sarà una coincidenza, ma da quel momento Vulpio è stato costretto ad occuparsi di altri temi e non sfiorare più nemmeno di striscio le inchieste su Vendola. Che, importante ricordarlo, non ha mai potuto querelare il giornalista.
Il resto è storia più recente. Carlo Vulpio, occupatosi poi dell'inchiesta "Why not" sempre per il Corriere della Sera, è stato candidamente licenziato dal direttore Paolo Mieli via telefono. Aveva probabilmente pubblicato nomi troppo scomodi. Il 26 luglio 2007 lo stesso giornalista, il capitano dei carabinieri Pasquale Zacheo e altri colleghi di Vulpio sono stati perquisiti su ordine della pm di Matera, Annunziata Cazzetta, in seguito alla denuncia di alcuni magistrati che si sono sentiti diffamati dal cronista. Accusato di «concorso morale esterno in associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa», un reato praticamente inventato e che non ha precedenti in 150 anni di storia d'Italia, Vulpio si è chiesto sul suo blog: "Cosa è accaduto, e in quale momento preciso, affinché ciò che sembrava un’inchiesta seria che doveva accertare la commissione di gravi reati virasse verso finalità a dir poco improprie, e cioè la trasformazione di un pm in uomo politico attraverso una studiata promozione mediatica in tv?".
Così è stato: il pm in questione, De Magistris, si è servito del trampolino di lancio ed è entrato in politica, le sue inchieste sono state archiviate e, paradosso dei paradossi, gli unici inquisiti rimasti sono i cinque giornalisti e il capitano dei carabinieri.
E dire che Vulpio si era pure candidato per Italia dei Valori alle ultime europee. Ma guai a chiamarlo "dipietrista". Dopo aver rotto con Di Pietro e De Magistris, per ovvi motivi, continua a scrivere sul suo blog. Spesso criticando Vendola, De Magistris, Il Fatto Quotidiano. I commenti che riceve a volte sono del tenore: "Alle europee ti ho votato, ora non ti voto più, sei diventato un servo di Berlusconi". Peccato che non lo sia mai stato, semmai forse non è abbastanza un anti-berlusconiano irriducibile come si conviene ai veri "giornalisti liberi". Secondo il metro di giudizio della sinistra.
L'ultimo smacco è di questi giorni: tra gli autori del programma "Ora ci tocca anche Sgarbi", Vulpio ha tenuto un monologo sugli interessi mafiosi che si nascondono dietro la gestione dell'eolico in Puglia. Come si sa, la trasmissione di Sgarbi è stata sospesa dopo una sola puntata. E la Regione Puglia, o meglio Vendola, ha annunciato querele. Chissà se partiranno davvero.
Ma almeno due domande che Vulpio pone sul suo blog meritano di essere riportate:
1) "Secondo voi, è vero che con lo scandalo della Sanità pugliese, se al posto della giunta di centrosinistra ce ne fosse stata una di centrodestra, gli amministratori di centrodestra sarebbero già stati tutti arrestati?"
2) "Secondo voi, perché dello scandalo della Sanità in Puglia non si parla quanto si dovrebbe?"
pezzo straordinario, ogni tanto bisogna rinfrescare la memoria su questi fatti che sono stati in pratica censurati
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